giovedì 22 dicembre 2016

IL RACCONTO DEI RACCONTI

TEMPO SOSPESO

Car*lettore o lettrice,
questa volta non ti racconterò dell'ultimo film che ritengo meritevole di un commento né di un libro che voglio sottoporre alla tua attenzione, né di una mostra o di un evento culturale, voglio raccontarti di una mia esperienza.
Ieri sera al Circolo dei Lettori di Torino ho vissuto una piccola magia!
Sul palco della sala grande, quella dove grandi scrittori hanno presentato i loro libri, noi, 13 cittadini, amanti della lettura e dell'arte della narrazione, abbiamo raccontato ad un pubblico a noi estraneo, storie di sentimenti tratte dal libro di Goffredo Parise dal titolo “I Sillabari”.
Questo libro nacque nel 1969 con l'intento di spiegare con parole semplici i sentimenti delle persone, così come è di ogni sillabario che usano i bambini.
Semplicità, immediatezza, evidenza.
Io ho raccontato “Nostalgia”.
La storia racconta di una donna, Laura, di circa 40 anni, con occhi celestini, che si trovava a trascorrere le sue vacanze in un ospizio per anziani su un cucuzzolo di una collina, in un paese con una chiesa e una casa. L'ospizio era diretto da una ex maestra elementare, enorme e gialla in volto, completamente cieca. Ad aiutarla nella conduzione dell'ospizio una nipote giovane, magrissima e con il naso mangiato dal lupus.
Nell'ospizio gli anziani non si vedevano mai, in quanto erano molto malati.
Ospiti paganti oltre a Laura e a suo figlio, un ragazzo di 12 anni amante dello zolfo e del potassio, vi era un ingegnere navale appena arrivato da Bengasi in quell'agosto del 1941, con la moglie araba e due figli. L'ingegnere, alto, robusto e abbronzato non aveva un braccio.
Inoltre a fare compagnia a Laura, si univa un contadino al quale mancava una gamba, persa durante la prima guerra mondiale.
Un giorno decisero di fare una gita, una passeggiata fino al paese accanto, che distava circa 3 km.
Laura era felice: l'idea di mettersi in cammino, di andare verso un luogo, di chiacchierare lungo la strada, di fare un pic nic le riempiva il cuore di gioia..(non finisce qui, vi consiglio di leggere il libro)

e così ognuno di noi ha raccontato la sua storia, fatta di bozzetti di vita comune, esempi di sentimenti che ognuno di noi ha provato nella vita, almeno una volta.
La mia vita è ricca di nostalgia. Ecco, ieri sera io ero La Nostalgia.
E i miei amici raccontatori erano gli Altri, la Grazia, l'Affetto, la Libertà, la Noia, la Tristezza, la Guerra, la Simpatia, il Bambino e via così.
La serata è stata la conclusione del laboratorio “Il racconto dei racconti” condotto da Davide Ferraris, il libraio indipendente di Corso Belgio, uomo pieno di passione e di intelligenza per il suo lavoro.
Al termine della serata il presentatore ha parlato di un gran regalo, quello che noi, raccontando, abbiamo prodotto: aver sospeso il tempo per un'ora.
Il pubblico era emozionato e attento, ed io sarei rimasta ancora sul palco.
Quale grande magia può produrre la letteratura, sia essa raccontata o letta?
Riuscire a sospendere il tempo, a fermarlo, ad essere altrove, orfani della nostra vita, volontariamente, dimentichi dei nostri dolori e delle nostre fatiche, aperti ai dolori e alle fatiche altrui, uniti nella forza dell'essere uomini.
L'uomo ha sempre avuto bisogno di storie, cantate, narrate, scritte.
Nelle storie ognuno di noi trova se stesso e gli altri. E si sente meno solo.





lunedì 19 dicembre 2016

SNOWDEN








Scrivere della storia di Snowden, intendo scrivere oggi usando il pc, mi mette a disagio.
Già perché le mie parole saranno lette da te, lettore, lettrice curios* e forse amic*, ma potrebbero essere lette dalla NSA o chissà da quale altra agenzia di sicurezza nazionale o internazionale.
Non che le mie parole in sé e per sé siano interessanti o importanti, è solo che in questo momento provo fastidio alla sola idea di essere letta da occhi che cercano il male ovunque.
Viviamo nel Regno della Suprema Diffidenza: tutti siamo potenziali nemici, tutti potremmo nascondere qualcosa della quale un domani venire incriminati.
E' facile dire, come ho detto io tantissime volte, “io non ho nulla da nascondere”.
Certo, non ho nulla da nascondere. Ma, se cambiasse il governo, se improvvisamente stare dalla parte dei diritti umani diventasse sedizioso, pericoloso, allora le mie parole verrebbero lette diversamente.
Questo film non è 1984, trasposizione cinematografica dell'antiutopia di George Orwell, un genio che ci mise in guardia su altre tipologie di dittature.
Questo film del 2016, presentato al Festival di Roma, è una storia vera, verissima, di cui tutti noi abbiamo letto sulle pagine dei quotidiani nel 2013.
Il film di O. Stone, la storia di Snowden non possono che inquietare il cittadino.
La storia è nota a tutti: ex tecnico CIA e consulente della NSA, nel 2013 decise di svelare alla stampa l'esistenza di programmi di intercettazioni e sorveglianza di massa, al fine di avviare una discussione nel suo Paese sull'uso e abuso di questi strumenti.
Il controllo capillare sulla vita di ciascuno, l'uso disinvolto dei droni per colpire i nemici, la considerazione che “il fronte oggi è ovunque e ogni server è un'arma”, ci ricordano la complessità nella quale viviamo e ci interrogano ancora una volta su quale sia la realtà e quale la finzione nella quale viviamo, credendo di essere liberi.
Una domanda che il film pone a tutti noi è quella di coloro che obbediscono agli ordini del Governo, credendo di essere così nella legalità e soprattutto di fare la cosa giusta.
Per esempio i dipendenti dell'agenzia di sicurezza forniscono assistenza in tempo reale ai piloti di droni bombardieri per localizzare e lanciare attacchi letali, poi, dopo aver visto sullo schermo del pc le persone morire, tornano a casa dalla propria famiglia, come se nulla fosse. Come accadeva nel periodo nazista per tutti coloro che lavoravano nei campi di concentramento e di annientamento, come accadeva nei gulag e nei campi di concentramento di Pol Pot o negli stadi sudamericani e ancora e ancora mi sovvengono esempi, purtroppo.
Snowden è un eroe perchè ha avuto il coraggio di perdere tutto, ricchezza, benessere, famiglia, sicurezza, in nome del senso di responsabilità verso l'umanità. Vive in Russia.
Oggi sappiamo, ma è cambiato qualcosa?




lunedì 21 novembre 2016

34 TORINO FILM FESTIVAL




Il 18.11 si è svolta l'inaugurazione del 34° TFF.
Per chi ama il cinema queste giornate sono eccitanti.
Sono 158 i film in visione fino a sabato 26.11.
Sfogliare il programma on-line o quello cartaceo è disorientante, troppi titoli, troppe trame, gruppi e sottogruppi, ma, superata questa difficoltà ho scelto.
Oggi pomeriggio ho visto  due film e tornando a casa ho sentito Fabio Fazio  che li presentava nel suo programma domenicale su Rai 3. 
Te li racconto in breve.









SULLY, l'ultimo lavoro di Clint Eastwood. Il film racconta una storia vera, accaduta il 15.01.2009 a New York, di cui io non ho alcuna memoria.
Un aereo di linea, con a bordo 155 persone, appena decollato dall'aereoporto, è costretto ad ammarare nell'Hudson per scelta coraggiosa del comandante Sullenberger, a seguito dell'avaria di entrambi i motori. Tutti si salvano, grazie alla velocità dei soccorsi e alla bravura del comandante. Sully, eroe per l'equipaggio, per i passeggeri, per gli USA, ultimo a salvarsi, come un vero comandante (chi non ricorda il caso di Schettino?) viene inquisito per via di dubbi sulla scelta da lui effettuata. Tom Hanks è un perfetto comandante di aerei, capace, sicuro di sé, saggio, con i nervi saldi sia durante il difficilissimo ammaraggio, sia durante il processo.
Ottima interpretazione del famoso attore e bella storia, che racconta di persone che fanno il loro lavoro nel modo migliore possibile.
Un unico neo, ma non nel film, bensì nella storia vera: il fatto che l'uomo cerchi sempre la colpa, l'errore nell'altro, la famosa “pagliuzza”, invece di cercare la “trave” nel proprio occhio. (Perchè guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?" Luca, 6,41)

ROBERTO BOLLE L'ARTE DELLA DANZA

Immagina di trovarti alle Terme di Caracalla, oppure all'Arena di Verona oppure nel teatro di Pompei, immagina di essere sedut* non in prima fila, no, molto più vicin*, sei ad un passo da Roberto Bolle e dai suoi amici danzatori. Sei vicin* così vicin* da poter vedere tutto, ogni muscolo che si muove e anche l'insieme, la grazia, la bravura, la bellezza.
Essere vicini a Roberto Bolle è veramente emozionante e questo pomeriggio Roberto era in sala, al Reposi 3, per la prima assoluta del film, insieme alla regista Francesca Pedroni.
L'idea di realizzare un film sul tour in Italia, al fine di rendere “popolare” la danza classica, sdoganarla dai classici teatri dell'Opera, portarla là dove la storia palpita ancora, per poi portarla al cinema, su grande schermo, per molti, al fine di “regalare” la bellezza, mi sembra un'idea ottima.
La cinepresa ha il pregio di mostrarci tanti punti di vista, tanti particolari che mai si vedono da una platea, men che meno dalla galleria di un Teatro.
Posso solo dirti che questo film è da vedere se ami la bellezza, la grazia, l'eleganza e anche la bravura e il sacrificio che sono sottesi a questi risultati straordinari.
Buona visione!





sabato 12 novembre 2016

IN GUERRA PER AMORE









Ho visto a cinema questo film il 31.10 u.s. Ho aspettato dodici giorni per raccontarti la storia, perché, nonostante io sapessi del rapporto tra la mafia siciliana e gli Alleati, il film di Pif mi ha con sapienza mostrato il perché ancora oggi noi siamo una nazione incapace di sconfiggere la criminalità organizzata. E questo non è facile da digerire.

La storia si svolge tra il 1943 e il 1945 tra New York e la Sicilia.
L'occasione per trattare ancora una volta di mafia è la storia d'amore tra Flora e Arturo, storia contrastata dallo zio di lei che vorrebbe Flora sposa del figlio di un boss di New York.
Arturo, per avere il permesso del padre della sua amata, si arruola nell'esercito americano che sta per sbarcare in Sicilia.
Da questo momento il film diventa politico e sociale. Lo spettatore assiste ai patti tra l'autorità americana e i mafiosi, che ben presto sostituiranno la classe dirigente fascista, subentrando nei ruoli di amministratori pubblici.
Invece di combattere la mafia, gli Alleati si sono accordati e hanno ceduto il potere.
Il film diventa quindi documento storico, il riferimento è al Rapporto Scotten.
Il film ritengo che andrebbe proiettato nelle scuole e nelle piazze, perchè dal 1945 in poi, tutti coloro che hanno amministrato onestamente hanno incontrato enormi difficoltà fino a volte a morire, per cercare di infrangere questo enorme errore .

Il pensiero corre, forse troppo, ad altre guerre combattute per la libertà e la democrazia e che hanno prodotto guerre civili ancora in corso.
Potrebbero esistere altri rapporti come quello di Scotten, che analizzano altre relazioni pericolose in varie zone del mondo.

Il film oltre che politico è anche un affresco sociale.
Pierfranco Diliberto fotografa una Sicilia dimenticata, quella dove conta molto ciò che dice la gente:“se la gente viene a sapere che a me non importa cosa pensa la gente, cosa può pensare la gente di me?”dirà il protagonista al tenente Philph Catelli, la Sicilia in cui comandavano la Madonna, il Duce e la Mafia.

Per approfondimenti:
https://casarrubea.files.wordpress.com/2010/02/rapporto-scotten.pdf









domenica 30 ottobre 2016

I, DANIEL BLAKE



Il luogo dove si svolge la storia di Daniel Blake, carpentiere, vedovo di una donna da lui molto amata, è Newcastle, ma potrebbe essere una qualsiasi città europea contemporanea.
Mollie, sua moglie, era matta e lui l'ha accudita e amata per una vita e alla sua morte si sente disorientato. Uomo capace di risolvere qualsiasi problema manuale, ma totalmente incapace di usare il computer.
Daniel ha lavorato tutta la sua vita onestamente, ha pagato le tasse e i contributi e a 59 anni ha un infarto. Il suo medico curante, il cardiologo e il fisioterapista gli proibiscono di lavorare: deve recuperare ancora, deve riposarsi e curarsi.
Inizia così l'odissea di Daniel, che seguiamo passo dopo passo, incollati a lui, anzi siamo lui, quando incontra la “professionista della sanità” che gli chiede se lui può camminare o se può mettersi un cappello e dalle risposte e non dai referti medici la professionista decide che lui non ha diritto all'indennità di malattia, lui può lavorare.
Siamo lui, non con lui, ma proprio nei suoi panni, quando telefona per avere spiegazioni e rimane ore in attesa al telefono per sentirsi dire che deve aspettare la telefonata del responsabile e solo dopo tale telefonata, che non si sa quando arriverà né da chi, potrà chiedere la revisione della valutazione e solo dopo potrà fare ricorso.
Intraprende quindi l'unica via prospettata da impiegati che svolgono i loro compiti, i loro uffici, comandati da menti misteriose a dire tutti la stessa cosa, a comportarsi tutti come macchine senza anima, con Daniel così come con una giovane donna, incontrata proprio nello stesso inferno, sola, con due figli, senza soldi, affamata, disperata.
E Daniel aiuta, senza pensarci neanche un attimo, perchè lui “non è un utente, non un cliente, non un numero di pratica, non un punto, lui è un cittadino”.
La parola cittadin* l'ho sempre amata, ma questa sera, nella sala dei Fratelli Marx a Torino, l'ho apprezzata ancora di più, perché è lo status di cittadino che sta morendo piano piano, legge dopo legge, richiesta dopo richiesta, perchè questa parola è la chiave di volta del problema dell'impoverimento delle popolazioni, senza più diritti.
Dobbiamo tornare ad essere cittadini.
La storia continua e si complica, ma non posso raccontartela tutta, car* lettore del mio blog, perchè ti priverei del piacere di assistere ad uno dei più bei film del 2016, diretto da un maestro del cinema come Ken Loach, che a 80 anni ha ancora sete di giustizia.
Anche noi cittadini abbiamo ancora sete di giustizia, perché anche molti di noi sono vessati dalla cieca burocrazia, ma direi di più, da un sistema che rende il povero sempre più povero e il ricco sempre più ricco.




mercoledì 26 ottobre 2016

UOMINI IN GRIGIO

UOMINI IN GRIGIO di Carlo Greppi 





Carlo Greppi, giovane storico, ha inaugurato a mio parere un nuovo genere letterario o forse sta alimentando un nuovo modo di narrare la storia, così come Alessandro Barbero fece nel suo libro del 2010 sulla battaglia di Lepanto, ovvero Barbero unì il rigore dello storico alle tecniche narrative proprie del romanziere. Nel libro di Greppi questa contaminazione di generi è più evidente.
Un modo che mi affascina, mi cattura, mi fa calare completamente nell'epoca descritta, regalandomi suggestioni, riflessioni, emozioni.
Il suo libro non è un saggio storico in senso stretto, pur essendo rigoroso come un saggio per la quantità e qualità di fonti e il sapiente lavoro di lettura e interpretazione delle stesse.
Il suo libro non è un romanzo storico, perché manca la verosimiglianza.
Il suo libro è la narrazione di storie di carnefici e di martiri, di gente comune, di salvatori, o di presunti tali, che vissero i tragici 20 mesi di guerra civile italiana dal '43 al '45.
Le storie sono vere, perché supportate dai documenti analizzati, ovvero i fascicoli dei processi avviati contro i collaborazionisti nei giorni successivi al 25 aprile del 1945.
Il suo libro non è solo per addetti ai lavori, ma per tutti coloro che si appassionano alla storia e Carlo Greppi riesce a far appassionare l* lettor*, che rivive ,attraverso le sue pagine l'atmosfera di Parigi nel giugno del 1940 e quella di Torino dopo l'8 settembre e dopo il 25 aprile.
La sua analisi svela la zona grigia, quella di coloro che vogliono sopravvivere nella tempesta della guerra civile e dell'occupazione nazista e cercano attraverso la delazione e i compromessi a ritagliarsi ore di vita.
Questa puntuale ricostruzione è stata realizzata da un esponente di una nuova generazione di storici, non più interessati a condannare o a esaltare i comportamenti degli uomini, storici non legati a quelle ideologie che divisero gli italiani, ma interessati ad indagare l'animo umano, per trarre un insegnamento da quelle vite, un interesse direi sociologico e antropologico.
Noi, se fossimo vissuti in quei mesi, se avessimo potuto salvare o condannare un nostro vicino di casa, se dalla delazione avessimo tratto beneficio, noi, cosa avremmo fatto?
L'autore ci introduce nella Caserma di Via Asti, sentiamo le urla dei torturati, il tormento dei parenti, camminiamo rasente i muri delle strade per timore di essere catturati dai nazisti o dai repubblichi, ci spostiamo alle Carceri Nuove e assistiamo a sommari processi e fucilazioni.
Siamo testimoni di incontri tesi a salvare la vita dei prigionieri in cambio di denaro, incontriamo gli uomini grigi, Antonio M., l'Avv. Mario dal Fiume, seguiamo la storia di Italo e Regina Momigliano, ebrei italiani che vivevano a Parigi e decisero di scappare in Italia con la falsa speranza di salvarsi, la storia dell'Avv. Bruno Segre, testimone vivente,  di Carlo Pizzorno, fucilato al Martinetto, di Pierino Cerrato, deporato a Dachau, della famiglia Fubini e della famiglia Valabrega e di altri.
Le storie dei carnefici, il federale Giuseppe Solaro e il capo dell'Upi, Gastone Serloreti, si intrecciano nel libro con quelle delle vittime e degli uomini grigi, con tecniche, come già scritto, tipicamente narrative.
Assistiamo al linciaggio dei repubblichini e dei delatori all'indomani della Liberazione,ascoltiamo la difesa dei processati per collaborazionismo e prendiamo atto, sgomenti, che nell'estate del 1946 migliaia di collaborazionisti, delatori, fascisti, sono stati liberati grazie all'amnistia, che, con un colpo di spugna, dichiara estinto il reato.
Un libro da leggere e da regalare, perché finalmente oggi è possibile chiudere un periodo storico di veleni e di dolore, oggi che i maggiori protagonisti di quella storia sono morti.
Questo libro aiuta a comprendere, a non dimenticare, ad interrogarci nel profondo di noi stessi sulla solidarietà concreta e coraggiosa.









martedì 25 ottobre 2016

IL GIARDINO DELLE STORIE INTRECCIATE


IL GIARDINO DELLE STORIE INTRECCIATE di Claudia Manselli







Questo libro racconta la storia di persone che vivono vicino ai giardini La Marmora, giardini abitati da pensionati, bambini e barboni, sovrastati dal busto di bronzo del Generale Alessandro Evasio Maria Ferrero della Marmora, nel cuore di Torino.
Un Generale sfortunato, morto in Crimea per il colera, dopo essere stato più volte ferito in viso, uomo costretto dai tempi alla carriera militare, senza prole, diventa da statua l'amico immaginario di un bambino, che sentendosi solo decide di scegliere proprio la statua come suo confidente.
Le storie si susseguono, alcuni personaggi li ritroviamo in più storie, testimoni delle vicissitudini di vita dei protagonisti.
Storie coraggiose, che affrontano con garbo e fantasia temi attuali, lasciandoci a volte stupiti, a volte commossi.
Complimenti Claudia, mia compagna di canto corale.
Con piacere consiglio a te, amic* lettore del blog, questo libro.




venerdì 7 ottobre 2016

DIECI ANNI DEL CIRCOLO DEI LETTORI





Dieci anni fa ero entusiasta dell'idea che a Torino qualcuno avesse deciso di investire dei soldi al fine di far incontrare tutti coloro che amano leggere.
Un sogno! Un piacere da condividere, quel piacere, normalmente vissuto in solitudine.
Il 6 ottobre del 2006 io ero in fila per iscrivermi al Circolo. Non me lo posso dimenticare perché coincide con il mio compleanno.
Non ero iscritta a nessun circolo e a nessun partito, ma proprio non potevo mancare a questo evento cittadino di straordinario valore culturale e politico.
Del valore culturale non ne tratto, ci sono scrittori che sanno farlo meglio di me, ma non posso tacere di aver letto ad alta voce nella Sala Grande insieme a tanti altri volontari come me, “Se questo è un uomo” di P. Levi proprio il 27.01., semplicemente perché volevo farlo, solo inserendo il mio cognome sulla lavagna. Ricordo il silenzio del pubblico presente in quelle lunghe ore in cui abbiamo letto a turno tutto il libro.

Del valore politico voglio scrivere due parole.
Allora, alla sua nascita, gli incontri con i scrittori e gli eventi erano meno numerosi di oggi, ma io li ricordo tutti gratuiti.
Inoltre il Circolo la mattina era aperto agli insegnanti e ai loro allievi con spettacoli teatrali e letture. Il costo della partecipazione era, se non erro, due euro a persona.
Poi la crisi del 2008? le leggi che hanno modificato i bilanci del Comune?
Insomma lentamente molti incontri sono diventati a pagamento, compresa la tessera.
Ci sono stati anni in cui gli studenti e i loro insegnanti non hanno più avuto accesso al Circolo per mancanza di programmazione adeguata.
In ogni caso io considero il Circolo dei Lettori una delle “restituzioni” alla cittadinanza delle tasse, in altre parole un servizio ai cittadini.
Un luogo dove leggere e riflettere insieme ad altri, cosa rara in questi tempi segnati dalla velocità e dalla superficialità.
Io ne sono orgogliosa al punto che ogni mio ospite, come ogni mio allievo, li invito a salire lo scalone di Palazzo Graneri della Roccia, ad ammirare la bellezza dell'appartamento e ad assistere a qualche evento.
Imperdibili: Torino Spiritualità e i gruppi di lettura.

Buon compleanno, Circolo.

lunedì 3 ottobre 2016

DISTINTI ANIMALI 2




















Il dialogo finale di Torino Spiritualità del 2016 verte sulla domanda cruciale:

quando, perchè e in che modo gli esseri umani hanno smesso di essere solo dei grandi mammiferi?

e si è svolto al Teatro Carignano tra Francesco Cavalli-Sforza e Vito Mancuso con Armando Buonaiuto

Provo a sintetizzare i loro ragionamenti.

Per Francesco Cavalli Sforza (FCS per il prosieguo del post) è errato pensare che noi siamo più evoluti degli altri animali, visto che l'evoluzione si misura in generazioni.
FCS identifica nella liberazione delle mani dell'uomo, che si alza in piedi, il momento cruciale, perchè le mani diventano oggetto della percezione e soggetto del fare e con le mani nasce la tecnologia.
Grazie alla tecnologia l'uomo migliora la sua vita, si moltiplica e si sposta nei vari continenti.
L'uomo diventa perciò tale nel momento in cui inizia a comunicare e a progettare.

Per il teologo Vito Mancuso noi siamo più evoluti degli altri animali in quanto siamo gli unici animali ad essere liberi, noi possiamo liberarci dai bisogni naturali, noi siamo consapevoli e creativi.
L'uno chiama la differenza tra essere umano ed essere animale capacità di progettare, l'altro la chiama consapevolezza e creatività.

Mi pare che le loro posizioni siano molto più vicine di quanto non appaia, anche se il primo ritiene che non siamo i più evoluti e il secondo sì.
Nel corso del dialogo ho sentito riecheggiare dentro di me l'idea freudiana della sublimazione dell'impulso sessuale o aggressivo nell'arte, nella musica, nella letteratura, in altre parole nella creatività e nell'ingegno.
Noi, liberandoci dei nostri bisogni naturali, riusciamo a realizzare opere meravigliose.
Ma noi sappiamo anche distruggere.
Emerge quindi insieme alla libertà l'eterno problema del male, che solo noi uomini sperimentiamo, insieme al dubbio.
Il dialogo ha evidenziato la difficoltà di identificare la distanza o la vicinanza tra noi e gli animali, ma soprattutto la difficoltà di definire l'uomo in sé e per sé.

Ho iniziato il percorso in compagnia di una storia di uomini ciechi, in preda a istinti bestiali pur di sopravvivere. L'unica donna vedente era colei che era solidale e consapevole.
Ho concluso il percorso ascoltando un biologo e un teologo riflettere sulla creatività e sulla consapevolezza, espressioni tipiche dell'essere uomini.

Io aggiungo che noi siamo uomini quando diventiamo consapevoli della Vita di cui il mondo è pervaso e sappiamo fare tesoro di questo sapere per il bene di tutti.
Diversamente diventiamo bestiali, ma non nel senso di simili agli animali, bensì nel senso che noi rinneghiamo la nostra specificità e ci lasciamo andare agli istinti senza la consapevolezza delle nostre potenzialità cresciute a dismisura nel corso dei millenni di storia.


sabato 1 ottobre 2016

CECITA' J. SARAMAGO



In un luogo e in un tempo indefiniti si svolge la vicenda di un'epidemia di cecità tra gli esseri umani.
Gli uomini, uno alla volta si immergono in un mare di latte.
La cecità non è così, dice l'oculista al primo cieco che si reca da lui, e così ripetono le autorità sanitarie, ma inesorabilmente uno alla volta racconta di questa nebbia, che avvolge tutti , tranne uno, una donna, la moglie dell'oculista.
Il premio Nobel mette a nudo la natura umana, intrisa di indifferenza e di cattiveria.
Descrive la reazione delle autorità politiche: isolare e abbandonare al loro destini i ciechi.
Descrive la reazione dei ciechi: ognuno cerca di salvare se stesso, quando non cerca di sopraffare l'altro, tranne lei, la moglie del medico, salvatrice di tutti.
Descrive la reazione della Chiesa: le immagini sacre sono state bendate. Anche loro cieche.
Nessun protagonista ha un nome: ci sono il medico, sua moglie, il primo cliente, la donna dagli occhiali scuri, il ragazzino strabico, il vecchio dalla benda nera, il ladro, un poliziotto, un'autista di taxi, il cane delle lacrime e via così.
Quando tutti sono diventati ciechi, tranne lei, quando il cibo inizia a scarseggiare ovunque, quando la città è in preda al caos, una sera la donna legge un libro e poco dopo inizia il miracolo.
Uno alla volta,il primo cieco per primo e in successione tutti, tornano a vedere.
Ciechi che vedono, ciechi che pur vedendo, non vedono”.
Non resta altro da dire, Saramago ha detto tutto sulla natura umana.

Il 28 settembre, nell'ambito di Torino Spiritualità, l'attrice Angela Finocchiaro ha letto al Teatro Carignano la riduzione teatrale operata dal curatore di Torino Spiritualità, Armando Buonaiuto.
Nella riduzione di Buonaiuto la lettura diventa la causa del ritorno della vista del primo gruppo di ciechi.
Ascoltare per comprendere.
Un ottimo inizio di riflessione.




D'ISTINTI ANIMALI



Il 28 settembre è iniziata la XII edizione di Torino Spiritualità a Torino che terminerà domani, 2 ottobre 2016.

Per me è un appuntamento importante, che aspetto, che frequento dai tempi di “Domande a Dio”, mai sazia di aggiungere nuove prospettive alla nostra dimensione.

Spiritualità è in senso lato  l’insieme degli elementi che caratterizzano i modi di vivere e di sperimentare realtà spirituali, sia con riguardo a forme di vita religiosa, sia con riferimento a movimenti filosofici, letterarî e simili.(Treccani).

La realtà spirituale è ciò che attiene allo spirito, termine che significa in greco “respiro, aria, soffio animatore”.

Quest'anno l'argomento è originale, in quanto si riflette sul mondo animale, mondo separato da noi, distinto, ma anche mondo ricco d'istinti per cercare di cogliere la “soglia” tra gli uomini e gli animali.
Su questo gioco di parole si sta svolgendo “Distinti animali”.
Come sempre molti gli incontri con filosofi, teologi, scrittori, scienziati.

Chiunque di noi abbia accolto nella propria casa un animale si è facilmente reso conto dell'intelligenza e dell'emotività dell'animale domestico, si è affezionato al punto da soffrire quando è avvenuto il distacco.

Riflettere sulla vita animale mi ricorda il giainismo che predica il panpschismo: tutto ciò che esiste nel mondo possiede un'anima, non solo gli animali, ma anche le piante, le pietre, le gocce d'acqua e poiché il rispetto per la vita costituisce il primo e più importante comandamento, il monaco deve, quando cammina, spazzare la via dinanzi a sé e gli è proibito uscire dopo il tramonto, affinché non rischi di uccidere qualche animaletto.

Affrontare questo tema, oggi, mentre noi ascoltiamo al telegiornale i continui bollettini di guerra dalla Siria o dalla Libia, i morti negli attentati nel mondo, i migranti che muoiono nel tentativo di cambiare vita, ecco, tutto questo a me ricorda Orwell, che nel “ La Fattoria degli animali” scrisse:

quattro gambe buono, due gambe cattivo”













domenica 18 settembre 2016

VIAGGIARE IN ITALIA: LA BELLEZZA




Prima parte: la bellezza

Quando non racconti non sai più raccontare e così quando non scrivi non sai più scrivere.
A me sembra di non saperti più raccontare ciò che ho conservato negli occhi e nel cuore per te.
Rileggo i miei appunti, sfoglio le foto e devo decidere.
La scelta dei luoghi da raccontare e delle foto da mostrare è dolorosa.



Voglio raccontare la meraviglia che ho provato, ancora una volta, nel constatare, attraversando l'Italia, come ogni luogo susciti almeno nel suo nome dei ricordi. Ricordi storici, artistici, culturali. E molti luoghi sono belli, nel senso pieno del termine.
Questo pensiero non è solo mio e di altri miei contemporanei bensì è anche di chi viaggiò in Italia sul finire del 1700.
Ad esempio J. Wolfgang Goethe in “Viaggio in Italia” scrisse, a proposito della dovizia di opere d'arte a Napoli che “ dove tali tesori sono per così dire di casa, hanno un aspetto del tutto diverso: giacché là dove le opere d'arte scarseggiano è la rarità a dar valore, mentre qui s'impara a stimare soltanto ciò che è meritevole.”
Era il 1787.
In altre parole noi italiani siamo abituati alla bellezza naturale, alla bellezza delle opere d'arte e, aggiungerei, non ci curiamo a sufficienza di questo inestimabile tesoro.
Tra tutti i tipi di bellezza incontrata, inizio con la bellezza naturale, quella che strega, che incanta, che ci fa essere un popolo di fotografi!

Bellezza: un luogo
Siamo arrivati a Castelluccio dopo aver percorso una splendida strada appenninica che parte da Visso. Il paese è piccolo, una piazzetta con le locande, molte moto, molte macchine, salumi appesi ovunque.
Appena attraversi la piazzetta e inizi la discesa verso il Piano di Castelluccio non credi a ciò che vedi. Scendo subito dalla macchina e come me tanti altri, ignorando le proteste di mio marito. Nessuno suona il clacson. Sul bordo della strada si ammira e si fotografa. E poi si scende e si cammina dentro un quadro di Van Gogh. Fiordalisi e papaveri si intrecciano  alle lenticchie, le famose lenticchie di Castelluccio e formano un vasto tappeto variopinto, degno di un sapiente artista.
La bellezza regala gioia, armonia e benessere. Mi sembra di rivedere Chiara di Assisi correre incontro a Francesco. Proprio su questo altopiano in fiore F. Zeffirelli girò la sequenza. Era il 1972. Il film, per chi fosse troppo giovane, “Fratello sole, sorella luna”.
2016: camminiamo lungo i sentieri e conversiamo con chi incontriamo con un'armonia poco frequente. Al termine delle conversazioni una stretta di mano forte e decisa sancisce il piacere dell'incontro.
La bellezza del luogo pare entri dentro di noi e farci belli. Forse non è così strano, visto che siamo fatti tutti della stessa vita.




Qui potete vedere la sequenza del film di Zeffirelli.
https://youtu.be/DfLXoMQItTw



Bellezza: un ambiente naturale
Tra le tante bellezze naturali noi abbiamo km di coste con acque cristalline.
Abbandonarsi al dondolio dell'acqua, vivere insieme alle sue creature, osservare questo mondo così ricco di colori, di forme, di movimento è nuovamente un piacere che solo la bellezza può regalare. Nella prima foto siamo in Puglia, a Campomarino di Maruggio, Salento. Acque cristalline.
Nella seconda foto siamo ad Anzio (Rm) dove ho immortalato uno dei tramonti sulle rovine della Villa di Nerone, spiaggia di Ponente.








Bellezza: alberi
Ogni regione italiana ha una coltivazione che la caratterizza.
Arrivi in Puglia e gli ulivi ti vengono incontro a decine, a migliaia, lungo le strade, delimitate dai muretti a secco e dalle rare masserie di un bianco accecante. Tutto questo contornato da una luce vivissima.
Gli ulivi sono i padroni di questa terra, aperta, larga, senza montagne a delimitare lo sguardo. Ulivi e viti: per km e km.
Dell'ulivo amo in modo particolare il tronco, vera e propria scultura vivente. E' un albero forte, il vento che a volte può flagellare questa terra, non sposta questo radicato albero, che si colloca sulla Terra con decisione e potenza.
Il vento lo piega, ma non lo sradica. 








Bellezza:un paesaggio



Termino questa veloce carrellata con la foto dello splendido Golfo, detto dell'Arco Felice. Sicuramente di Felicità ne regalò tanta nei secoli, solo a contemplare la bellezza della Natura. E poi arrivò l'uomo, arrivarono le industrie, il lavoro per gli operai, poi i morti di tumore, poi la chiusura della fabbrica. La Terra aspetta di essere bonificata e con essa il paesaggio. I morti aspettano giustizia.
Per chi non conosce il Golfo, siamo a Napoli, esattamente a Bagnoli, stabilimento dell'Italdisider.
Il Golfo è delimitato da Capo Miseno e da Capo Posillipo. In lontananza, Capri.
 Le foto le ho realizzate camminando sul pontile, che si allunga nel Golfo, dove le navi attraccavano e scaricavano i minerali. Nella terza foto potete notare la terra arida e contaminata. In lontananza archeologia industriale: ciminiere e fabbrica. 


Scrisse C. Dickens in "Immagini dall' Italia" nel 1844:

"Laggiù nel mare azzurro si trovavano Capri e mille altre bellezze del Golfo, Intorno a noi si espandeva la più bella regione del mondo. Sia tornando verso la spiaggia del Miseno, in quello splendido anfiteatro marino e proseguendo poi dalla Grotta di Posillipo alla Grotta del Cane e poi fino oltre la Baia; o che prendendo un'altra strada e passando per il Vesuvio e Sorrento, ci si ritrova sempre in una continua successione di delizie e cose piacevoli."





























giovedì 15 settembre 2016

SI RIPARTE!

Sono trascorsi due mesi dal mio ultimo post. Due mesi per me di aridità, di difficoltà a scrivere, del tutto inusuale per me. Sarà stato il dolore per tutto ciò che accade intorno a noi e di cui veniamo a sapere in continuazione. Ascoltiamo continui bollettini di guerra, dal Mediterraneo alla Corea del Nord. 
Sarà stato che ci sono già tanti commentatori in giro per il mondo, sarà che era estate, sarà che sono stata pigra, sarà.
Sarà che il silenzio a volte è doveroso.
Ma oggi piove e ho deciso che è oggi che posso salutare nuovamente tutti coloro che almeno una volta hanno cercato il mio blog, hanno letto un post, lettori silenziosi, lettori che mi danno fiducia e energia per continuare, per trovare le parole giuste per raccontare a te, proprio a te un film, una mostra, un libro, un luogo.
Ho un quadernino pieno di appunti di questi due mesi, appunti presi proprio per te.
Si riparte.

Buon viaggio.

lunedì 4 luglio 2016

IN PENSIONE




Decisi di andare in pensione dal 1.09.2015 con l'opzione donna, pressata dall'ultima proroga di una legge, che annulla in un colpo solo anni di lotte per la parità di genere.
Una vergogna, ma questa è un'altra storia, che racconterò quando mi sentirò di denunciare una delle tante ingiustizie del nostro sistema previdenziale.

Decisi così, nonostante la palese ingiustizia e la impossibilità ad avere informazioni chiare dall'Inps, attesi la risposta, che giunse gli ultimi giorni di scuola e anche i saluti non furono quelli che avrei voluto, furono saluti frettolosi e un po' tristi, per me.

Decisi così

perché per la famosa legge Fornero io avrei dovuto insegnare fino a 67 anni, allungandomi di 5 anni la vita lavorativa,

perché volevo uscire di scena con dignità,

perché a 60 anni avviene un importante cambiamento nell'organismo umano, che non può essere disconosciuto solo perché le persone vivono più a lungo grazie alle medicine che assumono,

perchè non mi ritrovavo più in un mondo nel quale l'età è motivo di “rottamazione” se chi dirige ha circa 40 anni, senza considerare la storia del lavoratore, senza considerare il lavoratore stesso,

perché mi sentivo a disagio nei cambiamenti della legge della Buona scuola, succeduti ai cambiamenti della legge Gelmini e di quella Moratti, tutti cambiamenti che hanno man mano scardinato il ns sistema scolastico, non sempre in meglio,

perché non vi erano aiuti, personale ai piani, carta per fotocopiare, tempo per ragionare, cuore per capire, ma solo format, compiti, circolari proprio nel luogo dove il dialogo dovrebbe essere protagonista indiscusso,

perché l'energia dei miei ragazzi era tale da prosciugare la mia e senza energia è impossibile insegnare in una scuola secondaria di primo grado,

ma, il 1.9.2015 ancora due gruppi di alunni, due classi, con le quali avevo iniziato un percorso che avrei voluto terminare, se le leggi non si fossero frapposte, se ci fosse un po' di libertà e rispetto per chi deve decidere quando terminare un percorso lavorativo

due classi di giovani dovevano terminare un percorso iniziato con me

e quindi io ero in sospeso,

oggi sono andata nella mia ex scuola, vuota, i “miei” ragazzi hanno terminato il percorso triennale, ho letto i risultati raggiungi da tutti loro, ho ritrovato nei voti l'idea e il progetto che avevo per ciascuno di loro.
Li ho seguiti con il pensiero per tutto l'anno e ora “posso veramente essere in pensione”.

I ragazzi con le loro domande, con la loro irrequietezza, con i loro problemi, sono la parte sana del nostro Paese, mi mancheranno.




mercoledì 22 giugno 2016

UN VIAGGIO - TERZA PARTE


Il viaggio continua in direzione di Cracovia.
Lungo la strada molti boschi di betulle e qualche centrale nucleare.

Cracovia è una scoperta. Città colorata, allegra, viva, giovane.
Città europea, non distrutta durante la seconda guerra mondiale, ha conservato i suoi monumenti, le sue piazze, i suoi castelli.

 
la Vistola dal Castello



Il Castello



Molte i luoghi da vedere, i luoghi che mi interessavano, pochissimo il tempo a disposizione, una giornata.
Un giro veloce e la scelta di andare nel luogo che è il più grande cimitero europeo, Auschwitz, il luogo che ho imparato a conoscere attraverso Primo Levi, il luogo che è stato ritratto nei film sulla shoah, il luogo che per tutti è IL campo di sterminio nazista.
Una storia che mi ha sconvolto quando ero giovanissima, che ho raccontato molte volte ai miei allievi, sempre con la speranza di crescere uomini migliori.
Un luogo dove tutti dovrebbero andare almeno una volta nella loro vita, in pellegrinaggio.

Credevo di sapere molto sulla crudeltà dei nazisti, ma ho ascoltato e visto particolari che non conoscevo.
Quando entro nelle baracche, quando guardo il filo spinato, quando ascolto i racconti della fame e del freddo, del lavoro, delle notti, le parole di Primo Levi tornano vive nella mia mente.

Tutti siamo in fila, ordinati seguiamo la nostra guida e ci incontriamo sulle scale del museo, la fila che sale a sn e quella che scende a dx.
Tutto perfettamente organizzato per raccontare l'orrore.

Non tutti sanno prima di entrare, tutti però sanno all'uscita dal campo ciò che l'uomo è capace di fare all'altro uomo, uomo innocente.
Percorriamo la strada della morte, quella percorsa dagli ebrei che, dopo essere scesi dal treno, venivano scelti dal medico per la camera a gas.



 
Birkenau



Raggiungiamo le camera a gas, i forni crematori, tutti distrutti dai tedeschi prima di abbandonare il campo, nella speranza di distruggere le prove dei loro crimini.

E' un luogo che toglie le forze, le energie, che annienta ancora oggi.
È un luogo dove è bene andare, dove sei felice di uscire, che vorresti dimenticare, che non devi dimenticare, che devi raccontare, seppure così, per cenni, senza particolari, cercando di vivere il presente vigilando che nessun altro popolo corra il rischio di essere deportato, isolato, sfruttato, ucciso.







UN VIAGGIO: SECONDA PARTE



Viaggiare comporta tempi di attesa, quei tempi che permettono di riflettere su ciò che hai fatto nella vita e su quello che non hai fatto.

Viaggiare è costruire percorsi o lasciarsi andare agli incontri casuali.
Programmare o vagare, come nella vita quotidiana, controllare o lasciare andare.

Lasciamo il cielo di Berlino, città che dall'alto mi appare verde, con palazzi che disegnano perimetri di giardini. Questo mi appare, ma chissà se è così.
D'altronde il mondo è come ci appare.

Arriviamo a Varsavia, aeroporto intitolato a Chopin.
La città, è notte, appare con i suoi grattacieli, più americani che europei.
La città, di giorno, mostra le sue ferite: rinata dalle ceneri, come la fenice, è una città a metà sovietica, a metà americana, con un centro ricostruito pezzo a pezzo, un centro europeo.

La storia della distruzione totale di Varsavia e dei suoi abitanti è custodita nel Museo della Resistenza polacca.
Due date dicono più di ogni cosa: 1.9.1939 Hitler occupa la Polonia; 17.09.1939 Stalin occupa la Polonia.


la Polonia occupata

Il resto è storia di deportazione, di inganni, di eliminazione della classe dirigente polacca, di resistenza, di ribellione.
Gli insorti, i mitici dell'Armia Krajowa non avranno alcun aiuto né dai sovietici, distanti pochi chilometri, né dagli Alleati.
Il Museo fa rivivere tutto questo attraverso un obelisco, che interseca i piani del museo emettendo tanti rumori, detonazioni, spari, e un battito, continuo, cuore pulsante della rivolta, della città, dei suoi coraggiosi cittadini. Le foto, le interviste (in polacco!), i filmati (per fortuna in inglese), i giorni della rivolta che simbolicamente ci accompagnano lungo tutto il percorso, foglietti di calendario, da prendere e portare a casa, per ricordare la lotta impari combattuta dal popolo, la ricostruzione del percorso sotterraneo, quello delle fogne, che ha permesso di sopravvivere un po' di più, la narrazione è chiara: soli, disperati e soli contro due grandi potenze.

Quanti popoli oggi stanno combattendo contro tutto e contro tutti per la loro sopravvivenza?
Ancora e ancora, la storia si ripete, diversa e uguale.
E poi le città verranno ricostruite e poi andremo a visitare i Musei dove verrà raccontata la storia della distruzione, saremo amareggiati, tristi, ma ora, mentre i fatti accadono, nessuno li impedisce.

la ricostruzione della città vecchia, oggi patrimonio dell'Unesco
Varsavia viene distrutta completamente e sarà ricostruita grazie ai precisi quadri di Canaletto, che, lasciata Venezia, si era trasferito a Varsavia, dove morì.
la foto rende l'idea della distruzione

Per maggiori informazioni sulla Rivolta di Varsavia del 1944 leggere

UN VIAGGIO - PRIMA PARTE


l'Adda a Trezzo


Mi piace viaggiare, mi è sempre piaciuto, forse per questo motivo non ho avuto alcun problema a salutare parenti ed amici, colleghi e lavoro, ed una città maestosa e da me amata come Roma e trasferirmi a 22 anni a Torino, quando, 38 anni fa, coloro che emigravano erano alla ricerca di un lavoro, non certo di amore.

Mi è sempre piaciuto viaggiare e ho già fatto il giro del mondo diverse volte: Torino-Roma per 34 anni, almeno quattro volte all'anno.

Mi è sempre piaciuto viaggiare, ma il mondo è immenso ed io ho visitato pochissimo di questa meravigliosa immensità.

Torno da un breve viaggio, che mi ha regalato nuovamente la magia della domanda: 

dov'è casa?

Ciò che è necessario alla mia, alla nostra sopravvivenza si può fare ovunque, perchè abbiamo bisogno di una casa che ci lega ad un territorio, stessi orizzonti, stessi problemi, stesse persone?
La casa è il mondo, i fratelli sono coloro che incontri e che ti aiutano.
C'è altro?

Viaggiare è vivere l'imprevisto, è sentirsi estranei, diversi, è scoprire e meravigliarsi.

Sono partita da Torino martedì scorso alla volta di Bergamo per volare fino a Varsavia, dove mio figlio stava per concludere il suo master presso il College of Europe.
L'imprevisto è stato il maltempo, il volo annullato, la difficoltà di prenotarne un altro, l'incontro di storie, la giornata trascorsa invece che nel centro di Varsavia, nel centro di Trezzo d'Adda!

Sull'aereo non partito per Varsavia, oltre a noi due vi era una coppia di italiani quarantenni. Lei aveva preso un giorno di ferie per seguire il marito a Varsavia, per festeggiare con lui il compleanno, appunto 40, per annunciargli l'arrivo di un figlio! L'ho vista stanca, seduta su una panca, in attesa di un posto letto per riposare un po', prima di ripartire con il primo volo trovato, a un prezzo indecente, per permettere al marito di arrivare al lavoro puntuale, la mattina dopo e annunciargli, insieme agli auguri, la dolce notizia.
Ha senso che tutti noi studiamo altrove, lavoriamo altrove, altrove da dove sono i nostri affetti?
Quali costi affettivi ed economici reali la nostra società sta pagando per questo vorticoso movimento di esseri umani? Non tutti sono scienziati o medici, indispensabili per il loro sapere.
Molti svolgono lavori comuni, perchè mai altrove?

L'altra coppia era mista: un italiano e una polacca, che si lamentava per il brutto tempo dell'Italia!
Anche questo è un bel cambiamento, se vogliamo.

Gli altri passeggeri erano tutti polacchi. Ci siamo ritrovati in un motel di Trezzo d'Adda, senza macchine, parcheggiate a Bergamo Orio, senza mezzi.

Un bel paesino, Trezzo, sull'Adda, peccato che per comprare il biglietto per il pulman che ci avrebbe portato alla metro per Milano, dove ciascuno di noi aveva trovato un altro volo per Varsavia, abbiamo dovuto camminare per 4 km all'andata e 4 km al ritorno.

Quando in Italia sarà possibile pagare il biglietto sull'autobus? Non è una gran riforma, ma un piccolo aiuto quotidiano alla gente, sì.

In queste ore ho scoperto che mi piaceva tutto: la stazione centrale di Milano, regale, l'aereoporto di Linate con il bar Motta, i suoi lampadari e l'aria un po' retro, le persone incontrate, con le loro storie, Trezzo sull'Adda con il suo castello, il suo parco, l'Adda che scorre ai suoi piedi e la statua di Giacometti, che ho scoperto al museo di Zurigo e ora ritrovo qui, in questo parco sconosciuto e deserto e che ho saputo riconoscere.

L'abbraccio


Mi piace tutto perchè sono in viaggio, perchè sono aperta al cambiamento, sono desiderosa di conoscere.



Volo su Berlino, che non conosco e la guardo dall'alto e mi piace.

Anche Berlino mi piace.