venerdì 26 agosto 2022

SULLA DIVERSITA'

 





Questa notte ho iniziato a scrivere con il pensiero, mentre ero sdraiata a letto sperando di addormentarmi, un pezzo (un post) sul tema della diversità.

Inutile dirti, caro lettore e cara lettrice, che in questi giorni è un tema della campagna elettorale.

Le idee nascevano senza alcun problema, fluidamente, ma la stanchezza mi ha impedito di alzarmi ed iniziare a scrivere.

Chi di voi mi segue sa già quanto io apprezzi la diversità: è presente nella natura in modo inequivocabile ed è la cifra della bellezza.

Non tratterò neanche dell’abuso della parola “normale”, quando sappiamo bene che la normalità non esiste.

Tratto della diversità usando un episodio banale ma esemplificativo.

Questa mattina ho scoperto di essere stata cancellata dalla chat delle mie vecchie amiche romane del Liceo Classico. In questi anni ne ho ritrovate 16 su 23: difficile riconoscerci fisicamente a volte, più facile ritrovare i tratti della personalità di ciascuna di noi. Ho accettato di essere nella chat perché è l’unico modo per me che abito altrove da 44 anni di restare in contatto: non sempre concordo con ciò che si scrive, ma sono sufficiente adulta per saper esercitare qualità come la comprensione e la pazienza.

Io sono stata considerata “diversa” da una delle due amministratrici e per questo punita con “l’esclusione” senza appello, senza spiegazioni, senza discussioni, un click e via.

E così il mio pezzo sulla diversità lo modifico alla luce di questo episodio banale, ma a parer mio significativo, perché invece di condividere foto di tramonti al mare ho avuto l’ardire di condividere una petizione di Avaaz nella quale si chiede a tutti gli Stati delle Nazioni Unite di inserire nel trattato di non proliferazione il divieto di tutti i combattimenti nei pressi di qualsiasi reattore nucleare e la loro smilitarizzazione per creare una zona sicura.

Mi consola che sono in ottima compagnia: un nome per tutti, Albert Einstein scrisse con Bernard Russell un manifesto per scongiurare la guerra atomica. Era il 1955.

Per la condivisione della petizione sono stata reputata da chi amministra la chat non in linea, “diversa”. Prima ha cancellato il mio messaggio e dopo ha cancellato me.

Di-verso o di-versa significa, mi volto verso un’altra direzione, esploro, osservo, provo, sperimento, cerco altre soluzioni, magari migliori di quelle trovate finora.

Non mi sono candidata come premier, eppure con l’aiuto della mia cultura classica non ho avuto alcun dubbio sul significato etimologico dell’aggettivo in questione.

Fin da piccola ho provato compassione per tutti i “diversi” della Storia.

Ho sofferto con e per gli Ebrei nei Lager, ma prima per i Pellerossa imbrogliati e derubati della loro Terra e poi massacrati, per i Maja e gli Aztechi e tutti i popoli conquistati, per gli Africani deportati e ridotti in schiavitù e prima ancora per tutti gli schiavi, le donne e i bambini usati e maltrattati per secoli e dopo per i Cambogiani sotto Pol Pot e per i Russi dportati nel gulag, per gli Argentini gettati dagli aerei, per i Cileni uccisi e per gli Armeni e oggi per i Palestinesi, i Curdi, gli Ucraini, gli Yemeniti, le donne afghane, insomma l’elenco è purtroppo molto lungo di tutti gli uomini che nei secoli sono stati considerati diversi per qualche motivo arbitrario da chi era apparentemente in maggioranza. So di aver dimenticato tante minoranze offese, derubate, uccise dalla Birmania alla Cina, dal Marocco all’Australia, ma come ripeto l’elenco sarebbe lungo. Puoi però provare tu ad aggiungere popoli al mio elenco.

Voglio fermarmi sulla parola “apparentemente” perché è importante.

Torno alla mia piccola storia di esclusione, che uso come esempio, sia chiaro.

L’amministratrice della chat mi cancella.

Una mia amica mi scrive preoccupata, vuole sapere da me il motivo dell’esclusione. Si lamenta che nessuna ha scritto nulla e che si susseguono una dopo l’altra i saluti di buongiorno con fiorellini e gattini. Lei stessa però non fa nulla, non scrive nulla.

Mi manda un vocale la seconda amministratrice del gruppo, dicendomi che vorrebbe che chi ha compiuto questo piccolo gesto ingiusto si renda conto da sola di ciò che ha fatto. E ovviamente non fa nulla.

Arriva un terzo messaggio di stupore da un’altra mia compagna, la mia compagna di banco.

Le altre 13 tacciono con me.

Quindi apparentemente  sono  d’accordo con chi mi ha cancellato.

Apparentemente, perché in realtà tre su sedici sono in disaccordo, qualcuna non se ne sarà accorta, qualcuna avrà altro da fare di urgente, qualcuna ha deciso di ignorare la cosa, magari già ai tempi del liceo non le ero simpatica e questa è la buona occasione per “eliminarmi” senza la fatica di metterci la faccia.

 Durante una dittatura, coloro che non vengono perseguitati non sempre considerano i “ diversi”  pericolosi o da eliminare, ma, tacciono, ignorano, non vogliono sapere nulla, hanno paura, non agiscono verso coloro che violentemente eliminano i diversi. Spesso costoro sono la vera maggioranza. I paurosi, i titubanti, gli incerti, gli egoisti, gli opportunisti.

Concludo raccontandoti che due giorni fa osservavo un gregge di pecore. Tutte a testa bassa, tutte unite, tutte con lo stesso passo, al punto da correre il rischio di infilare la testa tra le gambe di quella che la precede.

Nessuna di loro andava in un’altra direzione, nessuna era diversa, erano proprio tutte uguali, apparentemente. Se poi le osservavi attentamente ognuna di loro aveva forma e colore diverso, peso e altezza.

Mentre le guardavo pensavo agli studiosi della psicologia delle masse.

Ora qualcuno mi spieghi come sia possibile che la stessa platea che applaude la Meloni possa applaudire Draghi.

La Meloni è stata all’opposizione del governo Draghi, quindi o applaudi il programma e le idee della prima o applaudi il secondo.

Questi ed altri sono coloro che voteranno tra un mese esatto la sorte di tutti noi in piena crisi climatica, economica e con una guerra vicinissima a noi e molto pericolosa per tutti.

La mia storia termina apparentemente bene: la seconda amministratrice mi aggiunge al gruppo. Nessuna scusa e nessun commento. E’ probabile che qualche mia amica abbia chiesto spiegazioni, che ci sia stata una discussione.

L’episodio mi è servito per trattare il tema oggetto di campagna elettorale nel 2022, dopo anni di conquiste di diritti civili, politici e sociali qualcuno ci vorrebbe tutti uguali. Sembra che sia necessario sempre ricominciare da capo, nulla è per sempre, chi comprende il nostro stare su questo pianeta ballerino (“si sta come d’autunno sugli alberi le foglie” Ungaretti) provi ad essere sentinella, annusi l’aria, ascolti i rumori e risponda con il cuore.

Accludo la definizione di diverso ( www.treccani.it).

 

divèrso agg. e s. m. [lat. divĕrsus, propr. part. pass. di divertĕre «deviare», comp. di di(s)-1 e vertĕre «volgere»]. – 1. agg. Propr., volto in altra direzione, in senso proprio e fig.: seguire vie d.; avere scopi d.; quindi anche alieno, lontano: Ahi Genovesiuomini diversi D’ogne costume (Dante). Di qui i sign. più comuni: a. Che non è uguale né simile, che si scosta per natura, aspetto, qualità da altro oggetto, o che è addirittura altra cosa (si distingue perciò da differente, in quanto la differenza può essere anche parziale e per singoli, talora minimi, aspetti, mentre la diversità è per lo più totale): amendue hanno un solo orizzòn E demisperi (Dante); è così dda me!persone di gusti d.; io la penso in modo d., ecc. In matematica, il simbolo grafico, corrispondente alla locuz. «diverso da», è costituito dal segno di uguale tagliato da un trattino diagonalmente (≠) oppure verticalmente (?), che rappresenta la negazione del simbolo di uguaglianza: ab si legge quindi «a è diverso da b». b. letter. Vario di carattere o di vicende (con questa accezione, è di norma preposto al sost.): E me che i tempi ed il desio d’onore Fan per dgente ir fuggitivo (Foscolo); e con senso più vicino al latino, che si muove in diverse direzioni: negli errori del desilio (Carducci). c. letter. Insolito, singolare, strano, bizzarro: Cerberofiera crudele e d. (Dante), qui piuttosto «mostruosa»; chida dcose infestatosia oltre alla sua speranza riuscito a lieto fine (Boccaccio); anche aspro, malagevole: Intrammo giù per una via d. (Dante). 2. agg. Con nomi collettivi, spec. al plur., quando sia premesso al sostantivo, indica, più che la diversità, la molteplicità: in dcasidpersoneper dluoghida dtempodgente, ecc.; anche in funzione di pronome: saremo in diversi, in parecchi, in più. Ciò che distingue questo sign. da quello più com. è soprattutto la posizione, nel sintagma, dell’agg. rispetto al sost.; si confronti infatti il differente valore di locuzioni quali diverse speciedluoghiper dmotivi, e specie diverseluoghi d., per motivi diversi3. s. m. (f. -a) In usi eufemistici desueti, persona che, per qualche aspetto, carattere o manifestazione, esce da quella che è tradizionalmente considerata la condizione «normale», cioè omosessuali, disabili fisici o psichici, ecc.: essere, sentirsi diverso o un diversol’emarginazione dei diversi. Avv. diversaménte, in maniera diversa: mi ha trattato diversamente dagli altriio la penso diversamentec’è chi interpreta diversamente; diversamente abile (v. diversabile). Anche, ma meno bene, altrimenti, in caso diverso, se no: se puoi aiutarmibenediversamente farò da solo.

 

lunedì 1 agosto 2022

GENERAZIONI FORTUNATE


 Vorrei rispondere alla scrittrice, da me molto stimata, nonché collega, Stefania Auci che esamina sulla Stampa di domenica 31.07 la situazione esistenziale della generazione X e implicitamente rispondo anche a chi in precedenza ha scritto sul presunto conflitto generazionale tra boomer e millenial.

Mentre leggevo l’articolo, lo riscrivevo così:

Sono nato quando l’Italia dichiarò guerra all’Impero Austro-ungarico;

Sono diventato orfano nel 1918, perché i miei genitori hanno contratto la terribile influenza spagnola, appena terminò la guerra;

Ho studiato, camminando anche nella neve per raggiungere la scuola, con i pantaloncini corti e i geloni;

Mi sono sposato il 2 giugno del 1943, la casa dove avrei dovuto abitare con la mia sposa fu bombardata dagli americani il 19 luglio del 1943 (Roma, San Lorenzo);

Ho lavorato con onestà (quella vera) e tutti mi stimavano;

Ho avuto tre figlie;

Ho comprato la  casa  quando andai in pensione con i soldi della liquidazione.

Ecco, mio padre non è mai stato certo che avrebbe avuto tutto, mio padre sapeva di non avere nulla e dal nulla ha lasciato una eredità spirituale e materiale alle sue figlie e ai suoi nipoti.

Generazioni e generazioni hanno vissuto guerre, fame, carestie, pestilenze, deportazioni, genocidi: l’unica speranza spesso era sopravvivere.

Cari adulti delle varie generazioni, anche noi boomer, che tanto invidiate, siamo cresciuti sapendo che tutto si conquista, che non si butta nulla (“mangia con il pane”, era ciò che ci veniva ripetuto più spesso a tavola), che si risparmia , che non si buttano i soldi nei bar, negli aperitivi: la guerra è stato lo sfondo della nostra infanzia, perché nelle famiglie se ne parlava, per ogni cosa. La tragedia della guerra, della paura costante, del suono degli scarponi di tedeschi per le strade, del caffè con la cicoria e del pane nero, della fame, dei cappelli di carta e dei cappotti rivoltati che diventavano vestiti. Non si buttava nulla.

Noi boomer abbiamo respirato questa atmosfera: siamo stati fortunati come voi a non vivere la guerra e la fame, ma non abbiamo vissuto nel lusso.

Avevamo una certezza: la scuola e la formazione culturale erano le vie per migliorare la propria vita.

 So che oggi è tutto molto complicato, complesso, ma vi invito a confrontarvi con le generazioni passate cogliendo quanto voi della generazione x o voi millenial avete avuto dalla vita in questi anni oltre a quanto non avete avuto.

Per quanto riguarda il fatto che siete  “la generazione della fine degli ideali”, sinceramente non credo che la generazione dei primi anni del Novecento avesse dei grandi ideali visto il risultato: fascismo, nazismo, II G.M., lager, shoah, gulag. Alcuni sì, certo, i pochi resistenti, gli illuminati, che ci sono sempre stati e sempre ci saranno.

Durante le mie lezioni di storia ho sempre detto ai miei alunni che noi contemporanei viviamo meglio del Re Sole.

Detto questo, rimbocchiamoci le maniche perché c’è moltissimo da fare per chi è giovane oggi: la rabbia usiamola per imporre un’agenda ai potenti della terra, a chi decide, affinché al primo posto ci sia veramente il risanamento ambientale se non vogliamo tutti cuocere a fuoco lento.