domenica 25 aprile 2021

76 anni dopo: cosa direbbe oggi Italo Tibaldi?






Italo Tibaldi era un sopravvissuto al campo di sterminio di Mauthausen.

Ogni anno, per il 25 Aprile, onoro la sua memoria e il lungo e complesso lavoro che realizzò nella sua vita, scrivendo di lui.

Pubblicò nel 1994 “Compagni di viaggio. Dall’Italia ai Lager nazisti”. In questa opera elencò 123 trasporti, dal settembre del 1943 a marzo 1945, di italiani deportati nei Lager, indicando la data, il luogo di partenza e il luogo di arrivo. Uno strumento, una documentazione frutto di una ricerca meticolosa durata trent’anni.

Io ho cercato il trasporto di Primo Levi: trasporto n. 27 del 22.02.1944 da Carpi. 650 persone alla partenza, 24 alla liberazione del campo.

Il libro è scaricabile in pdf dalla rete.

Italo iniziò cercando i suoi 49 compagni di viaggio del trasporto n. 18 partito da Torino il 13 gennaio 1944 e piano piano la sua ricerca si allargò a tutta l’Italia.

Tibaldi fu catturato dai nazisti perché partigiano, aveva solo 16 anni. Oggi abbiamo festeggiato ancora una volta la ritrovata libertà dopo gli anni della dittatura fascista, dell’occupazione nazista e della Seconda Guerra Mondiale. 

Oggi abbiamo festeggiato coloro che sono “di parte”, che scelgono da che parte stare e scelgono per la democrazia e la libertà.

Mentre ieri, per prepararmi a scrivere di Italo, sfogliavo ancora una volta il materiale che posseggo, e ancora una volta rileggevo le lettere che i miei alunni di allora gli scrissero dopo la sua testimonianza presso la scuola Olivetti, ho pensato a cosa avrebbe detto lui, se fosse qui con noi. Cosa avrebbe detto del dramma dell’immigrazione, dei naufragi, dei muri, dell’indifferenza, dei profughi lasciati morire di freddo?

Quale eredità di pensiero ci ha lasciato? Quale esempio per indirizzarci nel nostro presente, nelle nostre scelte quotidiane?

Il pensiero corre ai migranti morti pochi giorni fa nel Mare Mediterraneo, a quanti di loro non avranno un nome, una tomba, spariti per sempre, al lavoro difficilissimo della equipe della dott.ssa Cristina Cattaneo che cerca di dare un nome ai resti del naufragio del 18.04.2015, 800 morti, forse.

Cosa avrebbe detto Italo ai giovani nelle scuole?

Ricordo che l’attualità era ben presente nei suoi racconti: la speranza nell’umanità lo aveva sostenuto durante la prigionia, lo aveva accompagnato durante gli anni del ritorno e della ripresa di una vita apparentemente normale e la speranza era il regalo che lasciava ai ragazzi.

Ecco l’intervista impossibile ad Italo, morto nel 2010.

Io: Italo, hai letto le recenti notizie sui barconi naufragati al largo della Libia? In questi giorni incontrerai i ragazzi per testimoniare i fatti storici avvenuti durante la Seconda guerra mondiale e lo farai, come hai sempre fatto, dando speranza e forza ai nostri giovani.

Quest’anno sarà più difficile forse parlare ai nostri giovani, la pandemia impedisce un contatto diretto nuove paure si sono sostituite o aggiunte a vecchie paure, alla crisi economica e a tutto questo si somma il dramma dell'immigrazione non accolta che continua, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. Cosa diresti ai miei alunni se oggi dovessi incontrarli, Italo?

Italo: Roberta chi ha vissuto l'orrore, l’inferno dei campi di concentramento e di sterminio nazisti e in quelli, in quelle ore e giorni e mesi e anni soffrì il freddo, la fame, per le malattie, per la mancanza di libertà, per la mancanza  di umanità, ecco chi come me ha conosciuto tutto questo non può che continuare a dire a ogni giovane che è possibile credere in un mondo migliore perché è questa speranza che mi ha permesso di sopravvivere e questa speranza che mi ha accompagnato in tutti questi anni. Io non ho mai disperato.

Io mi definisco un liberato non un salvato, io sono stato liberato dagli americani e quindi ciò presuppone che ci sia un altro che ti aiuti, quindi  direi ai giovani, direi  di credere  nella solidarietà, l'unica che ci possa permettere di vivere in un mondo migliore nel quale chi ha bisogno di aiuti incontri un altro disposto ad aiutare. La pandemia ci ha insegnato che siamo tutti interconnessi, che dipendiamo gli uni dagli altri, che la salute dell’uno è la salute dell'altro e allora possiamo estendere questa consapevolezza a qualsiasi altro concetto: la salvezza dell’uno è la salvezza dell’altro.

Questo avrebbe detto Italo.


giovedì 22 aprile 2021

GIORNATA MONDIALE DELLA TERRA: L'ENIGMA DI GAIA

 

Nella giornata mondiale della Terra, che come altre giornate dovrebbe essere festeggiata sempre, la Terra intendo, dalla quale traiamo la vita e dovremmo custodirla, amarla, coccolarla invece di bruciare e distruggere tutto senza comprendere i danni irreparabili che stiamo facendo, ho deciso di condividere il post che questa mattina un mio caro amico scrittore, Giovanni del Ponte, ha pubblicato su fb .

Giovanni, con molta generosità, affinché si aiutino i giovani ad avvicinarsi ai problemi ambientali, ha deciso di DONARE (che splendida parola) il suo libro, L'enigma di Gaia, che potrete scaricare dalla rete come leggerete nel suo post che troverete di seguito con tutte le spiegazioni del caso.

Da insegnante di lettere degli adolescenti, ho sempre consigliato i libri di Giovanni Del Ponte, per: la contemporaneità dei temi affrontati, l'importanza degli stessi, lo stile, la chiarezza con cui porge i temi ed infine per le fantastiche avventure che viviamo insieme ai suoi personaggi.

Buona lettura, buona meditazione e soprattutto buone azioni: amiamo la nostra casa comune nella azioni e nelle scelte quotidiane.







Buongiorno! Per la Giornata Mondiale della Terra, ho reso scaricabile gratuitamente il mio romanzo sulla salvaguardia dell’ambiente, “L’Enigma di Gaia” (2005), ispirato all’Ipotesi Gaia di James Lovelock. Nel 2014 Regione Piemonte e Salone Internazionale del libro di Torino, nell’ambito del progetto “Gaia siamo noi”, scelsero il libro per avvicinare gli studenti delle scuole piemontesi secondarie di primo e secondo grado ai temi della Green Economy.

Vi prego di passare parola, grazie!
PRESENTAZIONE DELLA PRIMA EDIZIONE DEL 2005
L’enigma di Gaia è stata fino a oggi l’avventura più lunga degli Invisibili e, per certi versi, la più difficile da scrivere.
Ognuna delle loro storie è nata da temi che mi stavano a cuore, come la difficoltà di crescere, l’importanza del dialogo tra genitori e figli, il bullismo a scuola; e così è stato anche per questo romanzo.
Nel 1999, a Rio Maggiore, al Convegno “Educazione all’ecologia globale per un futuro sostenibile”, incontrai per la prima volta l’Ipotesi Gaia, elaborata nel 1979 dagli scienziati James Lovelock e Lynn Margulis, dove la Terra viene vista come un organismo vivente di cui tutt* facciamo parte, insieme agli altri animali e al mondo vegetale; in questa prospettiva, diventa perciò vitale imparare a convivere e a rispettarsi, a prescindere dalla propria specie. Trovai questa teoria scientifica pregna di spiritualità e che avrebbe potuto essere anche un’ottima ispirazione per una storia di fantascienza straordinariamente attuale.
Gli Invisibili, però, erano abitualmente coinvolti in storie di fantasmi… Pensai quindi di affiancare loro i WebTV BoyZ, un gruppo di giovani cyberattivisti di una casa famiglia multietnica di San Francisco, che pubblicano su Internet i loro video in difesa dell’ambiente.
Erano i personaggi giusti per affrontare temi come il “cosiddetto” sviluppo sostenibile, la globalizzazione, la politica internazionale... Per non parlare delle tante battaglie di coloro che uniscono alla lotta per l’ambiente quella per la loro stessa vita, come i popoli naturali, che vedono la loro esistenza minacciata dal disboscamento degli ultimi polmoni del pianeta…
Mi resi conto che, un romanzo del genere, avrebbe richiesto un lungo lavoro di approfondimento e di documentazione, nel corso del quale avrei potuto dedicarmi a Gli Invisibili e il castello di Doomrock e a un tema comunque sempre urgente, come quello del bullismo.
Nel tempo che dedicai a Doom Rock, non smisi mai di pensare anche alla mia storia sull’ambiente. Sentivo che mancava ancora qualcosa; un personaggio dirompente, che potesse confrontarsi con quelli dei grandi romanzi d’avventura e che si trovasse a suo agio con i temi dell’informazione e dei nuovi media.
Un giorno, rileggendo Ventimila leghe sotto i mari, fui colpito dalla modernità della figura del capitano Nemo, ma immaginai che, se Jules Verne lo avesse creato oggi, forse non lo avrebbe fatto navigare con il Nautilus in oceani reali, bensì in quelli virtuali, di Internet, e probabilmente non avrebbe più affondato navi da guerra, ma cercato di prevenire i conflitti bellici, smascherando le multinazionali e gli interessi economici che ne sono spesso all’origine.
Mi accorsi di avere trovato il personaggio cardine dell’Enigma di Gaia: Nemo, un misterioso super hacker che avrebbe potuto aiutare gli Invisibili e i WebTV BoyZ nella loro nuova missione: gettare un piccolo seme per accrescere il grado di consapevolezza dell’umanità e rallentare la nostra corsa verso il disastro.
Ci riusciranno?
E sarò riuscito a trattare tanti argomenti complessi in un romanzo appassionante per i ragazzi?
Lo scoprirete tuffandovi nella nuova impresa degli Invisibili e dei WebTV BoyZ.
Giovanni del Ponte

giovedì 15 aprile 2021

CHI HA VARCATO LA SOGLIA N. 13





Mi piace sempre di più questo progetto di Cascina Macondo: leggere storie che provengono da un mondo di persone rinchiuse, che anche grazie a questo tam tam che rimbalza da un sito web ad un quotidiano e poi ad un blog e ancora ad un altro sito non sono più isolate e sconosciute, ma viaggiano nell'etere, esistono, diventano presenze, generano pensieri e riflessioni.

Mi piace l'accentuazione ortoèpica, obiettivo perseguito con tenacia da Pietro Tartamella, l'unico scrittore italiano che pubblica tutti i suoi scritti accentati. Una scrittura che invita a essere letta ad alta voce, a essere declamata.

Quindi continuo a condividere il progetto, affinché anche tu lettore, lettrice possa continuare questo viaggio.


 

TESTIMONIANZA N° 13


 

Dante e l’asciugacapelli

di Fiorènza Alineri

 

 

Èra una bèlla doménica di sole quel novèmbre 2015 quando partivo per il càrcere di Saluzzo con Piètro e altre dùe lettrici volontarie. Avevamo stabilito di incontrarci a Cascina Macondo e viaggiare con una sola auto, partèndo alle 11.00, in mòdo da èssere a destinazione vèrso le 13.00.

Anche se èra la tèrza vòlta che entravo in quel càrcere, questa per me èra una novità. Nelle dùe precedènti occasioni èro andata a vedere gli spettàcoli dei detenuti, che si svolgévano nel salone adibito a teatro, ma non avevo avuto contatti dirètti.

In questo caso invece sarèi entrata nell’edificio dove le persone vivévano, e avrèi avuto la possibilità di parlare con loro, di lèggere ad alta voce, e ascoltare le loro letture.

Lo spazio assegnàtoci per gli incontri di Good Morning Poesìa, èra il locale Barberìa, al quarto piano: una pìccola stanza con all’intèrno il lavandino, lo spècchio, la poltrona del barbière, un tavolino, ma purtrèppo nessuna sèdia. E neppure il riscaldamento.

Che dire del primo incontro con i detenuti?

Èrano tutti molto gentili e anche un pò’ intimiditi, come del rèsto lo èro ìo, dato che non sapevo bène come pormi nei loro confronti. Molti di loro avévano partecipato sìa agli spettàcoli teatrali che alle lezioni del progètto Parol, per cùi conoscévano già Piètro, e questo ha chiaramente “sbloccato” l’imbarazzo iniziale.

Se non fóossimo stati in un càrcere l’atmosfèra che si èra creata somigliava un pò’ a quella di un bar o di un Cìrcolo, insomma dove la gènte si incontra per fare dùe chiàcchiere (in pièdi). 

Piètro aveva portato l’amplificatore, il micròfono e il leggìo. L’amplificatore èra stato sistemato sul tavolino contro la finèstra – apèrta! – in mòdo che le nòstre voci fóssero udìbili anche nel cortile.

Dopo l'ascolto di un brano musicale di Bèppe Finèllo, si iniziava a lèggere il tèsto “Good Morning Poesìa”, una poesìa scritta da Piètro. E questa sarèbbe stata la nòstra introduzione, la “sigla” di tutti gli appuntamenti a seguire.

Non so quanto duràvano complessivamente gli incontri, una vòlta varcata la sòglia perdevo la nozione del tèmpo.

Ricòrdo che già dal primo incontro avevo paùra che il tèsto da me scelto non andasse bène e questo timore mi ha sèmpre accompagnato, anche nelle doméniche successive. Per non sbagliare sceglievo sèmpre brani per lo più divertènti.

Sicuramente le mìe letture non hanno lasciato nulla agli ascoltatori, ma mi piace pensare di èssere riuscita a strappare qualche sorriso.

Purtròppo una vòlta terminate le letture bisognava andare vìa. Sarèbbe stato bèllo potér restare un pò’ di più a commentare i tèsti lètti, ma il tèmpo èra limitato.

Ricòrdo un fatto simpàtico accaduto pròprio quella doménica di novèmbre: uno dei detenuti, un gióvane che chiamerò M. (Èmme), conosceva a memòria il primo Canto dell’Infèrno di Dante e mentre, un pò’ emozionato, lo stava recitando, è entrato nel locale un ragazzo in accappatoio e si è asciugato i capelli! Ma Èmme, come se niènte fosse, ha continuato a recitare! Prima della conclusione dell’incontro, non ricòrdo chi stesse leggèndo, ne è arrivato un altro, sèmpre in accappatoio, ad asciugarsi i capelli. 

Il mio primo pensièro èra stato “Ma non potévano aspettare che andàssimo vìa??” Però, ripensàndoci… quello èra il locale Barberìa, quindi asciugarsi i capelli èra un loro diritto, gli intrusi eravamo noi!

Nel viaggio di ritorno abbiamo suggerito a Piètro, qualora avesse l’intenzione di scrìvere un diario degli incontri in càrcere, di intitolare se non il libro, almeno un capìtolo: “Dante e l’asciugacapelli”.

Mi màncano questi incontri. Èra un impegno di una doménica al mese, e quel giorno per me èra speciale.