Italo Tibaldi era un sopravvissuto
al campo di sterminio di Mauthausen.
Ogni anno, per il 25 Aprile,
onoro la sua memoria e il lungo e complesso lavoro che realizzò nella sua vita, scrivendo di lui.
Pubblicò nel 1994 “Compagni di
viaggio. Dall’Italia ai Lager nazisti”. In questa opera elencò 123 trasporti,
dal settembre del 1943 a marzo 1945, di italiani deportati nei Lager, indicando
la data, il luogo di partenza e il luogo di arrivo. Uno strumento, una
documentazione frutto di una ricerca meticolosa durata trent’anni.
Io ho cercato il trasporto di Primo
Levi: trasporto n. 27 del 22.02.1944 da Carpi. 650 persone alla partenza, 24
alla liberazione del campo.
Il libro è scaricabile in pdf
dalla rete.
Italo iniziò cercando i suoi 49
compagni di viaggio del trasporto n. 18 partito da Torino il 13 gennaio 1944 e
piano piano la sua ricerca si allargò a tutta l’Italia.
Tibaldi fu catturato dai nazisti perché
partigiano, aveva solo 16 anni. Oggi abbiamo festeggiato ancora una volta la
ritrovata libertà dopo gli anni della dittatura fascista, dell’occupazione
nazista e della Seconda Guerra Mondiale.
Oggi abbiamo festeggiato coloro
che sono “di parte”, che scelgono da che parte stare e scelgono per la
democrazia e la libertà.
Mentre ieri, per prepararmi a
scrivere di Italo, sfogliavo ancora una volta il materiale che posseggo, e
ancora una volta rileggevo le lettere che i miei alunni di allora gli scrissero
dopo la sua testimonianza presso la scuola Olivetti, ho pensato a cosa avrebbe
detto lui, se fosse qui con noi. Cosa avrebbe detto del dramma dell’immigrazione,
dei naufragi, dei muri, dell’indifferenza, dei profughi lasciati morire di
freddo?
Quale eredità di pensiero ci ha
lasciato? Quale esempio per indirizzarci nel nostro presente, nelle nostre
scelte quotidiane?
Il pensiero corre ai migranti
morti pochi giorni fa nel Mare Mediterraneo, a quanti di loro non avranno un
nome, una tomba, spariti per sempre, al lavoro difficilissimo della equipe
della dott.ssa Cristina Cattaneo che cerca di dare un nome ai resti del naufragio
del 18.04.2015, 800 morti, forse.
Cosa avrebbe detto Italo ai
giovani nelle scuole?
Ricordo che l’attualità era ben
presente nei suoi racconti: la speranza nell’umanità lo aveva sostenuto durante
la prigionia, lo aveva accompagnato durante gli anni del ritorno e della
ripresa di una vita apparentemente normale e la speranza era il regalo che
lasciava ai ragazzi.
Ecco l’intervista impossibile ad Italo, morto nel 2010.
Io: Italo, hai letto le recenti
notizie sui barconi naufragati al largo della Libia? In questi giorni incontrerai
i ragazzi per testimoniare i fatti storici avvenuti durante la Seconda guerra
mondiale e lo farai, come hai sempre fatto, dando speranza e forza ai nostri
giovani.
Quest’anno sarà più difficile
forse parlare ai nostri giovani, la pandemia impedisce un contatto diretto
nuove paure si sono sostituite o aggiunte a vecchie paure, alla crisi economica
e a tutto questo si somma il dramma dell'immigrazione non accolta che continua,
giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. Cosa diresti ai miei alunni
se oggi dovessi incontrarli, Italo?
Italo: Roberta chi ha vissuto
l'orrore, l’inferno dei campi di concentramento e di sterminio nazisti e in
quelli, in quelle ore e giorni e mesi e anni soffrì il freddo, la fame, per le
malattie, per la mancanza di libertà, per la mancanza di umanità, ecco chi come me ha conosciuto
tutto questo non può che continuare a dire a ogni giovane che è possibile
credere in un mondo migliore perché è questa speranza che mi ha permesso di
sopravvivere e questa speranza che mi ha accompagnato in tutti questi anni. Io
non ho mai disperato.
Io mi definisco un liberato
non un salvato, io sono stato liberato dagli americani e quindi ciò presuppone che ci sia un altro che ti aiuti, quindi direi ai giovani, direi
di credere nella solidarietà, l'unica che ci possa
permettere di vivere in un mondo migliore nel quale chi ha bisogno di aiuti incontri un altro disposto ad aiutare. La pandemia ci ha insegnato che
siamo tutti interconnessi, che dipendiamo gli uni dagli altri, che la salute dell’uno
è la salute dell'altro e allora possiamo estendere questa consapevolezza a qualsiasi altro concetto:
la salvezza dell’uno è la salvezza dell’altro.
Questo avrebbe detto Italo.
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