domenica 13 gennaio 2019

SANTIAGO ITALIA






Santiago-Italia
Il film di chiusura del 36°Torino Film Festival, Festival che quest’anno, con mio dispiacere non sono riuscita a vedere, è stato Santiago- Italia di Nanni Moretti.
Persa quella occasione, il 1° dicembre, sono riuscita a vederlo al cinema Massimo, ieri. Sarà in programmazione a Torino fino a mercoledì, non perderlo.
Il film racconta una storia ai più sconosciuta: durante la repressione di ogni forma di opposizione alla dittatura militare  in Cile nel 1973  molti giovani si lanciavano nel giardino dell’ambasciata italiana a Santiago approfittando del muro alto circa 2 mt. L’ambasciatore italiano, non ricevendo indicazioni dal Ministro degli Esteri italiano, decise di accoglierli tutti. L’ambasciata divenne prima rifugio e poi salvezza per molti giovani, che riuscirono ad essere imbarcati e inviati in Italia con un salvacondotto come rifugiati politici. In Italia furono accolti e gli italiani offrirono loro un lavoro. L’Italia ha ricevuto in cambio la loro gratitudine, il loro contributo, la loro partecipazione. Ascoltarli è stato un vero piacere. Integrazione, amore per l’Italia. Mi ha fatto stare bene.  Come tutti i rifugiati politici, per anni hanno avuto le valigie pronte: il desiderio era quello di tornare a casa, dalle loro famiglie, nella loro terra. La vita poi è andata diversamente, ma non per  loro volontà. Alcuni oggi sono registi, altri avvocati, altri ancora impiegati o operai.
Storia esemplare, storia di cui andare molto fieri come italiani.
Il documentario narra anche la storia del Cardinale Raul Silva Enriquez, che salvò molti oppositori perseguitati e oggi è stato dimenticato.
Certo, l’altra storia che viene narrata attraverso i documenti storici dell’epoca, filmati, testimonianze, interviste è raccapricciante.
Il film inizia con l’elezione di Salvador Allende: i cileni erano finalmente felici, si stava realizzando un socialismo umano. Il popolo cileno aveva bisogno di tutto: i bambini non avevano le scarpe, ricorda un testimone, si vergognavano di frequentare la scuola obbligatoria voluta da Allende, perché senza scarpe. Iniziò un piano di aiuti: a tutti mezzo litro di latte, prezzi calmierati, riforma agraria. Un esperimento politico importante anche per Francia ed Italia, nazioni con partiti socialisti e comunisti che raccoglievano molti consensi. Esperimento da bloccare, perché considerato all’epoca molto pericoloso. Ricordo l’operazione Condor, se tu che leggi non lo sai, per la tua giovane età.
La storia di Allende è conosciuta, i mezzi di comunicazione erano tutti dell’opposizione, che in tutti i modi screditò il governo, ci fu il boicottaggio dei generi di prima necessità da parte dei produttori e degli Usa, il cibo si trovava solo al mercato nero: il golpe fino al bombardamento del palazzo presidenziale e la morte del Presidente.

11 settembre 1973.

Da quel momento per 3000 giovani inizia la repressione, la tortura e la morte. Hanno distrutto una classe dirigente che non aveva armi per resistere.
Mentre ciò accadeva in Cile, in Italia, dicono gli intervistati, si viveva molto bene, era bello vivere! Oggi lo diremmo?
Il mio pensiero è corso a quegli anni, in cui ero molto giovane. E’ indubbio che gli anni 70 hanno segnato in Italia un progresso notevole: statuto dei lavoratori, legge sul divorzio, legge sull’aborto, assistenza sanitaria gratuita e universale, riforma della scuola. I giovani erano importanti, guidavano una rivoluzione ideale, io, che non ero parte di nessun movimento, per età, mi sentivo importante, sapevo che stavo studiando per contribuire al bene di tutti, percepivo intorno a me aria di cambiamento, ascoltavo le discussioni in famiglia e a scuola. Indubbiamente il clima era elettrizzante per un giovane. Non dimentico che in Italia furono anche anni di lotta, anni in cui furono uccisi uomini dello Stato.
Un film ricco di spunti, riflessioni, documenti, spaccati di vita di qua e al di là dell’Oceano.
Magistrale l’intervista a due anziani militari, uno dei due in prigione,  non si pente, anzi si dichiara una vittima, non sente il peso della sofferenza di vite spezzate.
Nanni Moretti, mette in campo il suo volto e la sua voce per dichiarare che lui non è imparziale in questa storia di sangue.
Ed è sempre così, o quasi sempre: il carnefice non riconosce la sua colpa.
Due film sulle dittature in America Latina in due giorni mi hanno turbato a sufficienza per poter, sul mio blog, affermare che finché ogni uomo non capirà che non si toccano coloro che sono indifesi, finché ogni uomo non proverà amore per la vita in ogni sua forma, rispetto e cura, ecco finché questo non accadrà dovremo sempre vigilare sullo stato di salute della democrazia.
Da vedere, meditare, condividere.
Se lo hai visto o lo vedrai, raccontami la tua opinione.
Suggerisco la recensione di Francesco Boille su Internazionale di dicembre, per l' ampia panoramica su tutta l’opera di Nanni Moretti.

 https://www.internazionale.it/bloc-notes/francesco-boille/2018/12/05/santiago-italia-moretti

venerdì 11 gennaio 2019

UNA NOTTE DI 12 ANNI









Da ieri si può vedere anche in Italia il film del regista Alvaro Brechner che racconta la storia di tre tupamaro, tre rivoluzionari uruguaiani arrestati e torturati dal 1973 al 1985, per 12 lunghissimi anni fino alla loro liberazione.
Il regista racconta pochissimo della storia politica del Paese, mentre approfondisce e scava nell’intimo, nella psiche di colui che vive una condizione estrema, una vita non vita, sporco, affamato, assetato, abbandonato, isolato, umiliato, stretto da alte mura bagnate e nude, senza un giaciglio, senza un indumento, senza un raggio di sole, senza il cielo, senza carta e penna, senza libri, senza oggetti, picchiato, offeso, incappucciato, spostato da una prigione all’altra, torturato.
Come può un uomo resistere a tutto ciò?
I tre Tupamaro potevano impazzire, mentre uno, Pepe Mujica è diventato Presidente dell’Uruguay, Eleuterio Fernandez Huidobro Ministro della Difesa e Mauricio Rosencof poeta e scrittore di fama mondiale.
Ognuno di loro riesce a sopravvivere, a salvarsi come avrebbe detto Primo Levi, anche grazie ai sogni: Mauricio sogna di scrivere poesie e per un attimo riesce a stabilire un contatto con un suo aguzzino proprio grazie alla poesia; Eleuterio sogna la moglie e il pensiero di lei gli dà la forza di resistere; Pepe è il più isolato tra i tre, rischia una psicosi, ma le rarissime visite della madre gli infondono la forza di resistere.
L’infinito spazio interiore dei tre protagonisti è costantemente rapportato alle mure delle celle, anguste, sporche, alte, nude.
Intorno ai tre, tranne  il secondino che ringrazia per le poesie che Mauricio gli detta per la sua fidanzata, c’è l’indifferenza di coloro che praticano il male. Sono tutte comparse, di loro non rimane traccia negli occhi e nella mente dello spettatore: tutti uguali.
Ancora un film che ci ricorda il rischio che tutti gli uomini corrono quando  la violenza guadagna spazio nei rapporti umani.
Gli attori sono stati straordinari: Antonio De la Torre , Alfonso Tort e Chino Darin.
Un film che merita di essere visto e di essere premiato.
Una storia che non si dimentica, che non si deve dimenticare.