Santiago-Italia
Il film di chiusura del 36°Torino Film Festival, Festival che
quest’anno, con mio dispiacere non sono riuscita a vedere, è stato Santiago- Italia
di Nanni Moretti.
Persa quella occasione, il 1° dicembre, sono riuscita a
vederlo al cinema Massimo, ieri. Sarà in programmazione a Torino fino a
mercoledì, non perderlo.
Il film racconta una storia ai più sconosciuta: durante la
repressione di ogni forma di opposizione alla dittatura militare in Cile nel 1973 molti giovani si lanciavano nel giardino dell’ambasciata
italiana a Santiago approfittando del muro alto circa 2 mt. L’ambasciatore
italiano, non ricevendo indicazioni dal Ministro degli Esteri italiano, decise
di accoglierli tutti. L’ambasciata divenne prima rifugio e poi salvezza per molti
giovani, che riuscirono ad essere imbarcati e inviati in Italia con un
salvacondotto come rifugiati politici. In Italia furono accolti e gli italiani
offrirono loro un lavoro. L’Italia ha ricevuto in cambio la loro gratitudine,
il loro contributo, la loro partecipazione. Ascoltarli è stato un vero piacere.
Integrazione, amore per l’Italia. Mi ha fatto stare bene. Come tutti i rifugiati politici, per anni
hanno avuto le valigie pronte: il desiderio era quello di tornare a casa, dalle
loro famiglie, nella loro terra. La vita poi è andata diversamente, ma non per loro volontà. Alcuni oggi sono registi, altri
avvocati, altri ancora impiegati o operai.
Storia esemplare, storia di cui andare molto fieri come
italiani.
Il documentario narra anche la storia del Cardinale Raul
Silva Enriquez, che salvò molti oppositori perseguitati e oggi è stato
dimenticato.
Certo, l’altra storia che viene narrata attraverso i documenti
storici dell’epoca, filmati, testimonianze, interviste è raccapricciante.
Il film inizia con l’elezione di Salvador Allende: i cileni
erano finalmente felici, si stava realizzando un socialismo umano. Il popolo
cileno aveva bisogno di tutto: i bambini non avevano le scarpe, ricorda un
testimone, si vergognavano di frequentare la scuola obbligatoria voluta da
Allende, perché senza scarpe. Iniziò un piano di aiuti: a tutti mezzo litro di
latte, prezzi calmierati, riforma agraria. Un esperimento politico importante
anche per Francia ed Italia, nazioni con partiti socialisti e comunisti che
raccoglievano molti consensi. Esperimento da bloccare, perché considerato all’epoca
molto pericoloso. Ricordo l’operazione Condor, se tu che leggi non lo sai, per
la tua giovane età.
La storia di Allende è conosciuta, i mezzi di comunicazione
erano tutti dell’opposizione, che in tutti i modi screditò il governo, ci fu il
boicottaggio dei generi di prima necessità da parte dei produttori e degli Usa,
il cibo si trovava solo al mercato nero: il golpe fino al bombardamento del
palazzo presidenziale e la morte del Presidente.
11 settembre 1973.
Da quel momento per 3000 giovani inizia la repressione, la
tortura e la morte. Hanno distrutto una classe dirigente che non aveva armi per
resistere.
Mentre ciò accadeva in Cile, in Italia, dicono gli
intervistati, si viveva molto bene, era bello vivere! Oggi lo diremmo?
Il mio pensiero è corso a quegli anni, in cui ero molto
giovane. E’ indubbio che gli anni 70 hanno segnato in Italia un progresso
notevole: statuto dei lavoratori, legge sul divorzio, legge sull’aborto,
assistenza sanitaria gratuita e universale, riforma della scuola. I giovani
erano importanti, guidavano una rivoluzione ideale, io, che non ero parte di
nessun movimento, per età, mi sentivo importante, sapevo che stavo studiando
per contribuire al bene di tutti, percepivo intorno a me aria di cambiamento,
ascoltavo le discussioni in famiglia e a scuola. Indubbiamente il clima era
elettrizzante per un giovane. Non dimentico che in Italia furono anche anni di lotta, anni in cui furono uccisi uomini dello Stato.
Un film ricco di spunti, riflessioni, documenti, spaccati di
vita di qua e al di là dell’Oceano.
Magistrale l’intervista a due anziani militari, uno dei due
in prigione, non si pente, anzi si
dichiara una vittima, non sente il peso della sofferenza di vite spezzate.
Nanni Moretti, mette in campo il suo volto e la sua voce per
dichiarare che lui non è imparziale in questa storia di sangue.
Ed è sempre così, o quasi sempre: il carnefice non riconosce
la sua colpa.
Due film sulle dittature in America Latina in due giorni mi
hanno turbato a sufficienza per poter, sul mio blog, affermare che finché ogni
uomo non capirà che non si toccano coloro che sono indifesi, finché ogni uomo
non proverà amore per la vita in ogni sua forma, rispetto e cura, ecco finché
questo non accadrà dovremo sempre vigilare sullo stato di salute della
democrazia.
Da vedere, meditare, condividere.
Se lo hai visto o lo vedrai, raccontami la tua opinione.
Suggerisco la recensione di Francesco Boille su
Internazionale di dicembre, per l' ampia panoramica su tutta l’opera di Nanni
Moretti.
https://www.internazionale.it/bloc-notes/francesco-boille/2018/12/05/santiago-italia-moretti
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