Il
luogo dove si svolge la storia di Daniel Blake, carpentiere, vedovo
di una donna da lui molto amata, è Newcastle, ma potrebbe essere una
qualsiasi città europea contemporanea.
Mollie,
sua moglie, era matta e lui l'ha accudita e amata per una vita e alla
sua morte si sente disorientato. Uomo capace di risolvere qualsiasi
problema manuale, ma totalmente incapace di usare il computer.
Daniel
ha lavorato tutta la sua vita onestamente, ha pagato le tasse e i
contributi e a 59 anni ha un infarto. Il suo medico curante, il
cardiologo e il fisioterapista gli proibiscono di lavorare: deve
recuperare ancora, deve riposarsi e curarsi.
Inizia
così l'odissea di Daniel, che seguiamo passo dopo passo, incollati a
lui, anzi siamo lui, quando incontra la “professionista della
sanità” che gli chiede se lui può camminare o se può mettersi un
cappello e dalle risposte e non dai referti medici la professionista
decide che lui non ha diritto all'indennità di malattia, lui può
lavorare.
Siamo
lui, non con lui, ma proprio nei suoi panni, quando telefona per
avere spiegazioni e rimane ore in attesa al telefono per sentirsi
dire che deve aspettare la telefonata del responsabile e solo dopo
tale telefonata, che non si sa quando arriverà né da chi, potrà
chiedere la revisione della valutazione e solo dopo potrà fare
ricorso.
Intraprende
quindi l'unica via prospettata da impiegati che svolgono i loro
compiti, i loro uffici, comandati da menti misteriose a dire tutti la
stessa cosa, a comportarsi tutti come macchine senza anima, con
Daniel così come con una giovane donna, incontrata proprio nello
stesso inferno, sola, con due figli, senza soldi, affamata,
disperata.
E
Daniel aiuta, senza pensarci neanche un attimo, perchè lui “non è
un utente, non un cliente, non un numero di pratica, non un punto,
lui è un cittadino”.
La
parola cittadin* l'ho sempre amata, ma questa sera, nella sala dei
Fratelli Marx a Torino, l'ho apprezzata ancora di più, perché è lo
status di cittadino che sta morendo piano piano, legge dopo legge,
richiesta dopo richiesta, perchè questa parola è la chiave di volta
del problema dell'impoverimento delle popolazioni, senza più
diritti.
Dobbiamo
tornare ad essere cittadini.
La
storia continua e si complica, ma non posso raccontartela tutta, car*
lettore del mio blog, perchè ti priverei del piacere di assistere ad
uno dei più bei film del 2016, diretto da un maestro del cinema come
Ken Loach, che a 80 anni ha ancora sete di giustizia.
Anche
noi cittadini abbiamo ancora sete di giustizia, perché anche molti
di noi sono vessati dalla cieca burocrazia, ma direi di più, da un
sistema che rende il povero sempre più povero e il ricco sempre più
ricco.
Sono affascinata...lo vado a vedere presto!
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