giovedì 20 gennaio 2022

CI VUOLE CORAGGIO

 






Ci siamo conosciute alcuni anni fa nella Scuola Secondaria di primo grado, dove insegnavo in quel periodo (non è più semplice e chiaro scrivere Scuole Medie? Sono Medie, perché non sono Elementari e non sono Superiori).

Si presenta in classe: sorridente, occhi luminosi, capelli grigi, spigliata e soprattutto decisa.

Io, insegnante di lettere e responsabile delle attività di promozione alla lettura nel mio Istituto Comprensivo e lei, volontaria della lettura.

Ricordo ancora il piacere che quei momenti dedicati alla lettura ad alta voce regalavano a tutti noi, docenti e discenti.

Cercavo di organizzarne molti, tra noi in classe, con i volontari come Linda che ho avuto l’onore di conoscere in quegli anni, nelle ore di supplenza, con i genitori la sera.

Poi sono trascorsi molti anni e i nostri incontri sono diventati virtuali: ci incontravamo su face book, legate da commenti ai fatti politici, spesso in sintonia.

 Di Linda non sapevo nulla, se non della sua disponibilità a essere coinvolta in progetti legati alla lettura e al teatro.

Per caso, un giorno, lavorando insieme ad un progetto di lettura ad alta voce come volontarie, Linda mi accenna alla sua vita lavorativa e scatta immediatamente in me l’interesse che provo per ogni vita, ovviamente, ma soprattutto per quelle che paiono icone.

Quando le chiedo di raccontarmela penso a te, lettore e lettrice del mio blog e mi chiedo quanto possa interessarti la vita di una donna degli anni dell’emancipazione femminile e dell’enorme fatica e della grande soddisfazione che ne è derivata. A volte l’indipendenza è conseguenza di situazioni difficili, a volte è causa di situazioni difficili: l’indipendenza non è mai indolore esattamente come la dipendenza. Bisogna scegliere.

Mentre l’ascolto raccontare la sua vita, la immagino, giovanissima, arrivare a Torino da Catania, con la sua 500 Fiat, la mitica, targata CT e un figlio di nove mesi, nel mese di aprile del 1980 in una giornata nebbiosa e fredda e abitare in un appartamento buio e triste in via Pietro Cossa.

Torino nel 1980 era proprio così, era una città con il clima continentale, molto freddo d’inverno e molto afoso d’estate, con i palazzi piuttosto grigi e anonimi nella periferia cittadina e con il centro non ancora del tutto restaurato, bello ma severo.

Mentre scrivo, è gennaio e fuori sembra primavera. Io, che amo il clima mediterraneo, sono stranita da questo tempo torinese così cambiato: so bene il motivo e non riesco a rallegrarmi delle giornate tiepide nei giorni che dovrebbero essere i più freddi dell’anno.

Ci vuole coraggio e forza per affrontare da sola, perché lei era sola, si era appena separata dal marito, una nuova vita: la maternità, che già di per sé scombussola sufficientemente la vita di ogni donna,  il nuovo lavoro, la città completamente diversa da Catania, la solitudine.

Linda non conosceva nessuno a Torino e si trovò nella città sabauda per aver vinto nel 1974 un concorso come operatrice giudiziaria. In Italia si sa che vinci un concorso e rimani in graduatoria come riserva, per essere assunto molti anni dopo, ripescato se c’è necessità di personale. E si sa anche questo: nelle scuole, nei tribunali e negli ospedali manca sempre personale, fin dagli anni 80. Per fortuna ogni tanto negli anni hanno assunto e forse stanno tornando ad assumere. Fortuna per chi viene assunto e per chi, il cittadino, può sperare in un servizio migliore da parte dello Stato.

In questa fredda città, nelle prime mattine di servizio presso il Tribunale di Torino, Linda sbagliò strada per accompagnare il figlioletto al nido, disorientata dalla struttura urbanistica, non riuscendo a cogliere le differenze tra un incrocio e un altro, visti i corsi tutti uguali, rettilinei infiniti costeggiati da palazzi, senza punti di riferimento. Poi, forse, mancava l’azzurro e il profumo del mare a contorno delle vie.

Come la capisco. Quando arrivai a Torino da Roma, per me i corsi erano tutti uguali. La semplicità dello schema cittadino, fatto di corsi che si incrociano senza riferimenti evidenti che non siano i numeri civici dei palazzi, senza chiese, statue, fontane per me era disorientante. Mi capitò di percorrere con la mia 127 bianca un corso nella direzione opposta e di fermarmi nel controviale dopo chilometri per cercare sulla cartina geografica dove fossi finita.

Mi sembra di raccontare modi di vivere appartenuti ad un’altra era. La cartina geografica e magari anche qualche indicazione di un passante. Niente cellulare, google maps,  navigatori vari. Senso dell’orientamento e capacità di lettura delle cartine geografiche.

Mentre Linda si racconta, la immagino giovane e ricciolina, con i suoi capelli neri e gli occhi grandi, assonnata dalle notti insonni, che tutti i cuccioli regalano ai genitori, organizzata tra il lavoro, il nido e le commissioni in una realtà diversa dalla calda città mediterranea, dove poteva contare sull’appoggio della mamma e delle sorelle.

Un particolare interessante: il telegramma che le comunicò la presa di servizio a Torino arrivò lo stesso giorno in cui partorì. Strana coincidenza e difficile scelta, ma lei non esitò, seppur stanca dal parto non ebbe dubbi: sarebbe partita con suo figlio per essere autonoma ed indipendente.

Ci vuole coraggio.

Per accettare che il padre di tuo figlio si sia innamorato di un’altra donna.

Per cambiare totalmente vita: città, lavoro.

Per affrontare i pregiudizi sabaudi verso i meridionali.

Iniziò così, con una maternità obbligatoria, qualche ritardo al mattino per perdita dell’orientamento e qualche permesso per le numerose malattie del figlio, il suo nuovo lavoro.

Spesso inviava il figlio a Catania, in aereo con una babysitter, affinché il bimbo potesse curarsi presso la nonna e le zie e lei potesse lavorare con dedizione e calma.

Queste sue oggettive difficoltà le crearono problemi con i suoi capi e ben presto, pur amando molto il suo lavoro, che consisteva nel verbalizzare gli interrogatori dei detenuti, chiese il trasferimento in Pretura.

 Il primo interrogatorio che verbalizzò lo ricorda perfettamente: un padre aveva buttato dalla finestra il figlioletto di tre anni. Brividi mi scorrono lungo la schiena. Solo pochi giorni fa è accaduto ancora una volta, qui a Torino, in zona Barriera di Milano: ancora non si sono accertati i fatti, ma una bimba è stata buttata dal balcone. L’infanticidio rimane uno dei crimini più efferati che si possano compiere.

Prima di trasferirsi alla Pretura di Torino ebbe l’onore di lavorare per il magistrato Bruno Caccia. La sua voce si incrina nel ricordare l’uomo, il Magistrato, la sua umanità.

Ricorda la lettera che il Procuratore della Repubblica le fece trovare a Natale del 1982, nella quale la lodava per il suo lavoro ed esprimeva il desiderio di trattenerla nell’ufficio, pur sapendo delle sue difficoltà con alcuni colleghi. Purtroppo la tragica fine dell’alto magistrato impedì a Linda di lavorare ancora insieme a lui.

Ricorda che il Procuratore Caccia inventò la divisione dei processi in base alla specificità dei reati, creando così competenze e conoscenze preziose per combattere le brigate rosse e altri reati. Questa suddivisione del lavoro tra magistrati rese Torino all’avanguardia nella ricerca e nella cattura dei brigatisti rossi. A questo punto Linda non riesce più a trattenere le lacrime. L’uccisione avvenne in una calda notte di domenica del 1983, il 26.06.1983, mentre come ogni libero cittadino accompagnava il cane nella passeggiata serale, avendo dato libera uscita alla scorta. Lui che combatteva la criminalità organizzata non era più libero, purtroppo e non ebbero alcuna pietà di lui, i criminali.

Ti invito a cercare in rete notizie del lavoro che Bruno Caccia svolse per la nostra Repubblica e di leggere il monologo “Il sorriso di Bruno Caccia” di Guido Cavalli.

Ci vuole coraggio, per servire la Repubblica italiana e i suoi cittadini, come il Procuratore Caccia e tutti gli eroi di quegli anni, un triste elenco di persone eccellenti, umanamente e professionalmente, che abbiamo perso, ma che ci hanno insegnato che nella vita ci vuole coraggio.

Per me il mondo della magistratura è complesso, misterioso e affascinante e ascolto con molta curiosità ogni dettaglio che mi regala.

Immagino quante storie e quante verità o presunte tali Linda abbia trascritto e verbalizzato nel suo delicato lavoro.

Immagino la delicatezza e la segretezza del suo lavoro, il rapporto di fiducia tra lei e i magistrati.

Dalla Pretura, ormai nel ruolo di cancelliere, passò a lavorare alla Corte d’Appello e da lì tornò in Pretura presso l’ufficio Economato. Qui si fermò e lavorò per venticinque  anni: tra le tante attività ricorda quando si occupò del trasloco delle dodici sedi giudiziarie presso il nuovo Palazzo di Giustizia di Torino in Corso Vittorio Emanuele II, intitolato proprio al Procuratore Bruno Caccia.

Arrivato il tempo della pensione, soddisfatta di aver saputo gestire la sua vita e aver accompagnato all’indipendenza suo figlio, da sola, inizia a dedicarsi ai suoi hobby.

Ed eccoci tornati all’inizio della storia, al nostro incontro, alla nostra comune passione per la lettura ad alta voce.

E’poi purtroppo arrivato il tempo della pandemia e molti incontri culturali per mesi si sono trasferiti sul web: con Linda ho presentato su fb il mio libro  e lei ha letto alcuni brani, riscuotendo anche in questa modalità anomala consensi e plausi.

Linda ha un’altra grande passione: il teatro. Ha scritto una commedia e aspetto di assistere alla sua prossima rappresentazione. 

Ho ancora una visione: lei giovanissima accanto al letto del suo bambino, nelle sere torinesi, che legge con passione le fiabe e le favole. Da quell'antica abitudine di mamma alla odierna Linda lettrice e attrice.

In questa storia c’è molto non detto che lascio alla tua sensibilità e cultura.

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