sabato 26 settembre 2020

PERCHE' E' IMPOSSIBILE CAMBIARE IL MONDO

 







Ho terminato di leggere “Perché è impossibile cambiare il mondo” e sto salutando con nostalgia la piccola barca Amatillo costruita in Bangladesh, ancorata nel fiume Lys, a Gént, in Belgio, dove ho trascorso anche io molte ore in compagnia dello scrittore, che mi ha invitato ad entrare, ad accomodarmi per ascoltare i suoi pensieri sulla vita, sulla democrazia, sulla giustizia, sulla poesia per raccontarmi la sua idea di società solidalista, in un inizio di novembre piovigginoso e freddo.

Il libro prende spunto dall’esperienza che Pietro Tartamella visse nel 2012 partecipando al progetto Gent- Bang:  vivere una settimana come tanti in Bangladesh che vivono in piccolissime barche ancorate nel delta del Gange. Quando arrivano i monsoni e le grandi piogge è  strage di annegati. Il progetto mira a aiutare a riflettere gli occidentali sulle condizioni di queste popolazioni asiatiche ed è stato concepito da Ip Man, fotografo, fondatore dell’Associazione senza scopo di lucro “Viadagio”, nato ad Hong Kong e residente a Gent con sua moglie Denise, che gestisce il Panda, un negozio e ristorante di prodotti biologici.

Pietro ha usato questa esperienza di solitudine ed essenzialità (senza cellulare, senza computer, senza connessione internet, senza libri, né giornali, senza televisione, senza radio e telegiornali, con un solo pasto alla sera ma con i suoi pensieri, paure, sogni) per chiedersi perché sia impossibile cambiare il mondo. Pietro aggiunse a tutto ciò anche lo sciopero della parola: comunicò con parole scritte su un foglio o con gesti. A Torino fece scalpore il suo sciopero della parola contro il fisco e quello della vista in favore della liberazione di Marco Fiora. Azioni non violente per ottenere giustizia.

Giustizia e non legalità: interessante questo punto, più volte sottolineato e che condivido pienamente e ho insegnato ai miei alunni. Educare a ciò che è giusto, perché a volte la legge non è giusta. Un esempio per tutti, che aggiungo io: le leggi razziali.

Molti sono i ragionamenti che si intrecciano nel libro, “sparpagliati”, secondo il principio tassellare , cioè il principio naturale dell’apprendimento secondo il nostro autore. Anche il tempo sembra una dimensione inusuale: Pietro racconta la sua settimana da eremita, eppure ci conduce indietro e avanti, con feedback ed anticipazioni, come se il tempo reale non avesse importanza per lui e il lettore entra ed esce dalla barca rincorrendo pensieri ed idee.

Si torna sempre nel guscio dell’Amatillo, si guarda l’ufficio turistico, il fumo delle mille sigarette fumate da Pietro, le papere e i gabbiani, si ascolta il canto delle vocali di Pietro e il suono dei coltelli, si accende il lumino, si ascolta il rumore del mestolo che raccoglie l’acqua a  disposizione per lavarsi e lavare oggetti e si aspetta la cena calda che Ip porta regolarmente tutte le sere.

Il libro è ricco di esperienze, riflessioni, citazioni, proposte sul come potremmo stare insieme in questo mondo: tutto è avvolto dal gusto della parola che Pietro Tartamella ha incarnato in ogni momento della vita. La parola scritta con l’accentazione ortoèpica lineare, la ricerca di neologismi che rendano esattamente il senso del  suo pensiero, i versi degli haikù che accompagnano gli incontri, le paure, le scoperte, le proposte.

E’ difficile recensire un libro così ricco. Narrativa, poesia, filosofia della politica si intrecciano costantemente.

Preferisco conversare con l’autore, confrontarmi a distanza con lui.

Pietro Tartamella intitola il libro “Perché è impossibile cambiare il mondo” e nell’intreccio della narrazione spiega perché. Ciò che per me è importante sono i suggerimenti dati via via per poterlo in realtà cambiare il mondo. Questi ultimi sono decisamente più preziosi dei primi. A volte negando, afferma. Il mondo non si può cambiare perché non c’è fiducia reciproca: condivido totalmente questo concetto. E’ stata la prima cosa che notai quando iniziai a lavorare, cioè quando divenni adulta. Da adulta davo per scontato che gli altri adulti si fidassero di me. Invece è iniziata una vita fatta di certificazioni e autocertificazioni, di dichiarazioni e di giustificazioni: il principio da cui si parte è che l’altro ti ingannerà, sicuramente e quindi si deve fare di tutto per evitare che accada. Poi sappiamo tutti che chi vuole ingannare, rubare, frodare, manipolare lo fa lo stesso, mentre la persona sincera, adulta e responsabile vive una vita da controllato. Il suggerimento è quello di riscoprire le relazioni umane, fidarsi e affidarsi, come, e questo è nuovamente un mio contributo, le piante, che interagiscono e mettono in comune o come gli indiani delle grandi pianure, come scrive Pietro. Capire che solo insieme si sopravvive, mettendo in comune le risorse e non appropriandosene a danno degli altri.

Chi commette un reato, sarà allontanato. Nulla è più pericoloso per la propria sopravvivenza che rimanere da solo.

Un altro punto che mi vede totalmente d’accordo nell’analisi sulla nostra società umana è quello in cui Pietro sottolinea che noi viviamo rubando. Per leggere, per scrivere, per dipingere, per svolgere qualsiasi attività per noi vitale, noi dobbiamo rubare il tempo al lavoro, alla burocrazia, ai doveri. Una società adeguata permetterebbe ai propri cittadini di vivere meno in affanno, di dedicarsi alle attività che si amano, senza dover vivere la maggior parte del tempo facendo cose sgradite.

Una società in armonia (definizione mia) è quella in cui non conta l’abbondanza, la ricchezza per essere potenti. Invece dovremmo “vivere semplicemente, per permettere agli altri semplicemente di vivere” Gandhi.

Questo, aggiungo io, non solo permetterebbe l’azzeramento della rabbia sociale, ma anche il rispetto per l’ambiente, che noi saccheggiamo come vandali, come se non fosse la nostra casa comune.

Il mondo può essere cambiato, cambiando totalmente il modo di pensarlo e questo lo può fare la persona qualunque “che si metta nella condizione di farsi rubare le idee” ed è sicura che la propria idea si diffonderà. Pagherà con l’anonimato il privilegio di cambiare il mondo.

Dopo essere stato cullati dal fiume per notti e giorni  insieme a Mandela, Gandhi, Rousseau, de Tocqueville, Pericle, Don Milani, L. Einaudi, Chomsky, Marx, Krishnamurti, Pietro espone il suo progetto di cambiamento della società capitalistica in società solidalista, che ingloba il significato di solidale e solido.

 La società solidalista sarà composta dai cittadini che pagano lo stesso ammontare di tasse, quindi i salari dovranno essere adeguati, anche i bambini dai 7 anni in su dovranno pagare le tasse, verrà istituito un collegio dei probiviri, ci saranno le case dello scrittore, si darà uno stipendio agli studenti universitari, si consentirà di donare il sessanta per mille alle associazioni meritevoli, sarà eliminata ogni tipo di tassa nascosta, sarà consentita una vera libertà con la sottoscrizione di un nuovo contratto matrimoniale, si realizzerà il Censeco (Centro Nazionale Segnalazioni, Consigli, Osservazioni del cittadino).

Gli uomini verranno considerati uguali nella nascita e nella vecchiaia e sarà sganciata la pensione dal reddito e soprattutto, aggiungo io, si avrà fiducia nell’altro e nelle istituzioni.

Al termine di questa settimana con Pietro, il lettore, lettrice ha  potuto riflettere e ricapitolare con il metodo tassellare anche la propria vita, le proprie scelte e i propri sogni.

Personalmente spesso mi sono rivista in riva al mare a ragionare in età adolescenziale, quando si coglie l’essenza dei problemi e si cercano ingenuamente le soluzioni, certi di essere i primi a pensarci per poi scoprire di essere uno tra i tanti, che ci hanno preceduto e con i quali ci sentiamo profondamente uniti, quando lo scopriamo, in riva al mare con Sergio, l’amico di una vita, scomparso prematuramente.

Ho rivissuto i miei princìpi, sogni, delusioni, quasi sempre frutto di un rapporto di fiducia tradito.

Forse qualcuno di noi avrebbe” voluto vivere senza compromessi in modo limpido e semplice, nel rispetto di sé e degli altri, constatando ogni giorno come la società in cui è immerso lo impediscano” (Pietro Tartamella).

Credo proprio che molti di noi siano i saggi che non vogliono sporcarsi in politica, molti siano i delusi oppure, come uso dire io i “silenziosi, i miti” che non fanno notizia, quei qualunque a cui rubare l’idea. L’importante è che la buona idea viaggi, si diffonda e cambi il mondo.

Io ci credo e anche Pietro, secondo me.

Di “buone idee” ce ne sono in questo libro che vi consiglio.

 

 

venerdì 25 settembre 2020

BALBOUTET: Un borgo alpino dove vivere

 

L’ultimo sole estivo



L’ultimo sole, come tutto ciò che sta per finire, si apprezza di più, si gusta, si assapora, si vorrebbe trattenere ancora e ancora. Ne sento già la nostalgia.

Percepisco la carezza del sole settembrino sulla pelle delle braccia e del viso e non vorrei fare niente altro che questo. Percepire il calore del sole. Come se fossi un gatto.

Sta per arrivare una perturbazione, pioggia abbondante, che, a differenza di quelle di giugno, di luglio e di agosto, che hanno segnato delle brevi interruzioni dell’estate, ora indica la fine dell’estate.

Sinceramente, pur amando i colori autunnali, io  vorrei che l’estate non finisse mai.

La pioggia è stata preceduta da segnali inequivocabili: le rondini, che fino ad una settimana fa scorrazzavano per il borgo, rallegrandoci con i loro cicalecci, i loro voli acrobatici, ora sono scomparse dall’orizzonte.

I nidi sono vuoti. Quelli che resisteranno al vento e alle intemperie, torneranno a riempirsi la prossima estate.

Anche gli insetti sono diminuiti: le mosche, così fastidiose d’estate, non si fanno vedere e le api, che si appoggiavano ai fiori di lavanda che sono qui accanto a me, sono scomparse ed io posso raccogliere questi profumatissimi fiori, prima che marciscano.

La terra ha smesso di donare i suoi frutti, vedo gli ortolani tornare dal proprio orto con cestini sempre più vuoti: un mazzo di carote e le patate. Quelle sono tante e buone.

Le marmotte continuano a fischiare, piccole vedette sulle rocce appuntite.

In lontananza mi pare di sentire un bramito di cervo, ma forse è la mia fantasia, il mio desiderio di ascoltare gli animali selvaggi e liberi.

Gli ultimi lavori prima del freddo: una pialla svernicia una porta, una sega taglia della legna.

Uomini, animali si stanno preparando al freddo.

Mi chiedo perché anche noi non potremmo emigrare come le rondini, cosa ci rende così legati ai luoghi e alle case.

Il luogo, dove amo sedermi a leggere, nel primo pomeriggio resta in ombra, segnando la discesa del sole che si fa dolce e lontano.

Restano i suoni a me cari: lo scampanellio delle mucche al pascolo, i belati delle pecore, i richiami delle galline felici, il rintocco della campana della chiesa, la voce di qualche turista che si ferma a fotografare la meridiana vicino a me e mi guarda, quasi stupito di vedere essere umano in questo regno della natura, in cui, come un cammeo si collocano le case ravvicinate di Balboutet.

Qui l’uomo è in armonia con la natura: ne occupa la parte necessaria per vivere, ma non di più. Non si diverte con seggiovie, funivie, skilift, che modificano un territorio. Non ci sono parchi giochi per i cittadini che non rinunciano a nulla e in montagna vogliono divertirsi come in città.

Non ci sono neanche negozi: qui si può preparare e cuocere il pane, scambiarsi insalata e uova.

Qui l’uomo lavora. Lavora la terra, accudisce agli animali, come è sempre stato. Aggiusta la propria casa, taglia la legna.

Pare che il tempo si sia fermato, che quella smania di fare, che invade ogni essere umano urbanizzato, che pur stanco del lavoro deve categoricamente aggiungere sport, divertimenti, viaggi, incontri alla sua vita caotica e difficile, fatta di  file, parcheggi impossibili, aria mefitica, problemi burocratici, vicini arrabbiati, rumori continui e fastidiosi, qui non sia mai giunta.

Qui l’uomo fa molto cose, è capace di fare molte cose, ma con calma, la calma necessaria per fare e bene.

E ha il tempo di fermarsi a parlare con me ed io di ascoltare.

Resta il rumore del vento.

Restano i ciclisti, sempre meno, che raggiungono pian dell’Alpe e il colle delle Finestre.

Restano gli odori: la notte, prima di addormentarmi, respiro profondamente l’odore della terra e osservo il cielo e le stelle, che con la loro luce e la loro presenza, pare vogliano accompagnare il sonno, nella certezza della realtà. Eppure la stella più vicina che osservo è lontana almeno quattro anni luce da me, altre sono lontane miliardi di anni luce, cioè io le osservo come erano e non come sono. Di quale realtà quindi io sono certa? Del passato. E del presente, che mi permette, senza nubi, di assistere al passato.

Per tutti questi motivi e per altri ancora, credo che vivere in un borgo come Balboutet sia preferibile a vivere in una città, io, che sono nata in città e lì ho sempre vissuto.




martedì 22 settembre 2020

20.000 GRAZIE

 





20.000 grazie.

20.000 volte è stato visitato il mio blog.

E' strano: prima di pubblicare il libro, frutto del blog, le statistiche indicavano un certo interesse per il mio blog.

Poi ho pubblicato, presentato e venduto il libro.

Ho ricevuto molti commenti positivi, che potrei un giorno condividere con tutti voi.

Contemporaneamente il blog ha perso parte dei suoi lettori abituali. Ho acquistato lettori cartacei e perso lettori in rete.

I lettori stanno allo scrittore come il pubblico sta all'attore o al musicista. Insomma, leggete! Ed io tornerò a scrivere.

Ancora 20.000 grazie.