lunedì 30 maggio 2016

LA PAZZA GIOIA




Tutti hanno diritto alla felicità, lo hanno anche sancito i Padri costituenti degli Stati Uniti d'America nel lontano 4 luglio del 1776, lo sappiamo tutti noi viventi quanta voglia abbiamo di felicità e quanti errori facciamo cercandola.

P. Virzì racconta la storia di Beatrice e di Donatella, due donne molto diverse: Beatrice una nobile, amica dei potenti della Terra (“Clinton è simpatico, ma Hillary è una stronza”, “il Presidente è buono di cuore”) abituata al lusso (la felicità è una tovaglia di lino di fiandra, un gioiello, un profumo....)e finita in comunità terapeutica per aver amato un uomo violento, così come Donatella, una giovane di periferia, con il corpo tatuato e chiusa in un doloroso silenzio.
Interessante osservare le reazioni dei “normali” alle imprese delle due donne, che cercano di ritrovare l'amore, Beatrice cerca il suo uomo, mentre Donatella cerca ossessivamente suo figlio, adottato e mai più incontrato.
Scappano insieme dalla comunità terapeutica, incontrano altre umiliazioni e reagiscono con violenza alla totale mancanza di amore che contraddistingue la loro vita: genitori anaffettivi, assenti, indifferenti e amanti violenti.
Si proteggono dal dolore della loro vita con la follia, Beatrice, logorroica e bugiarda, Donatella, depressa fino a tentare il suicidio.
A momenti si sorride o si ride delle situazioni ridicole che la coppia di donne crea involontariamente, a volte si piange sentendo il dolore profondo di chi non è amato.
Bravissime le due attrici, Valeria Bruni Tedeschi nel ruolo di Beatrice e Macaela Ramazzotti nel ruolo di Donatella.
Paolo Virzì e Franecesca Archibugi mettono al centro del film “la pazzia” costringendo lo spettatore a riflettere sul fatto che “ciascuno di noi è una patologia vivente”(da un'intervista al regista).
Sono forse più normali i due uomini violenti e volgari che hanno rovinato la vita di queste due donne, colpevoli solo di averli amati?
Sono forse più normali i genitori di queste due donne, genitori che hanno abbandonato a loro stesse queste figlie scomode?
Un film da vedere per riflettere ancora una volta sull'importanza dell'amore dei genitori verso i figli venuti al mondo, sul difficile ruolo degli operatori sanitari e degli assistenti sociali e del ruolo che tutti noi abbiamo quando incontriamo chi non riesce a vivere camminando nella strada segnata da altri. Sono incontri che turbano moltissimo e che spesso liquidiamo dicendo: “Ma quella è pazza, è proprio pazza”.
Tutti abbiamo incontrato persone che sono state sopraffatte dalla sofferenza, tutti possiamo comprenderla.

Goffredo Fofi, critico cinematografico, su Internazionale del 23.05.2016 definisce “La pazza gioia” un buon film, ma un film di ieri, sulla scia dei maestri della commedia italiana.
Non sono d'accordo, perchè per rappresentare la follia d'amore servono parole senza tempo, non servono effetti speciali e tecniche d'avanguardia, serve invece conoscere questo dolore per farlo sentire a tutti.

Torino, 30.05.2016

mercoledì 25 maggio 2016

IL MONDO DI STEVE McCURRY




Complice la luminosa giornata di sole e la presenza di un'ospite a me cara, ho deciso di dedicare la mattinata alla mostra allestita nelle scuderie juvarriane di Venaria Reale.
La mostra comprende 275 foto scattate in trent'anni di carriera professionale in varie zone del mondo.
Ogni fotografia racconta una storia e, grazie alla suggestiva istallazione di Peter Bottazzi, ogni foto è sospesa su un telo, accoppiata ad un'altra, posta sul lato opposto del telo, che affronta un altro tema in un altro tempo, quindi si avanza , tra le 275 fotografie e piano piano si entra nel mondo emozionale di McCurry, si colgono i temi a lui cari e i luoghi dove si è recato molte volte, luoghi amati.
Sono quindi 275 storie, collocate senza un esplicito criterio, temporale, spaziale, tematico.
Lo spaesamento, l'apparente disordine, forse, ha il merito di portare il visitatore nella stessa situazione dell'autore, ovvero quella di cogliere il momento, l'attimo, la situazione e la relativa emozione.
Ha il merito di mostrare la ricchezza della diversità umana che, nonostante la globalizzazione culturale del mondo contemporaneo, ancora esiste, cosa che è testimoniata da questi scatti.
La mostra ha il merito di mostrare tutti i temi cari all'autore: la devastazione delle guerre, la violenza nei confronti delle donne, la devastazione della forza della natura o del terrorismo, gli ultimi nomadi esistenti sulla Terra, la situazione dei tibetani, le disuguaglianze sociali.
Insieme ai macrotemi incrociamo i volti degli individui e le loro emozioni colte negli sguardi: paura, rassegnazione, fierezza, curiosità, fino all'assenza dello sguardo nelle donne in burqa, alcune di spalle, in fila come le scarpe che devono comprare, altre frontali, che indossano stoffe uguali alle tende, oggetti tra gli oggetti.
Sono immagini da cui si può imparare, sono immagini che ti cambiano.


mercoledì 11 maggio 2016

IN ATTESA DEL SALONE DEL LIBRO 2016

Domani a Torino si aprirà il XXIX Salone del Libro.
Io vivo a Torino da 37 anni, il Salone fa parte della mia vita torinese, è una piacevole abitudine.
In attesa quindi di tuffarmi in una realtà rumorosa, colorata, viva, dove si incontrano editori e scrittori, voglio riflettere su una malattia di cui non conosco ancora la cura: comprare libri.
Io compro libri, che a volte non leggerò, che non so più dove conservare, ma ho bisogno di comprarli, di averli, di sfogliarli, a volte leggo qualche pagina, a volte  leggo la metà, a volte, la maggioranza delle volte, li leggo completamente.
A questo difetto se ne aggiunge un altro, da un po' di tempo: leggo più libri contemporaneamente. 
Ciò che proprio non riesco a fare è non leggere.
Il Salone, con il suo ricco programma, è un'occasione per scoprire nuovi autori o nuove case editrici, magari piccole, magari indipendenti e poco conosciute.

Colgo questa occasione per elencare alcuni libri che ho letto ultimamente e che vi consiglio.

Leonardo Casalino, Marco Gobetti "Raccontare la Repubblica" Storia italiana dal 1945 a oggi ed. Seb 27

Questa storia della nostra Repubblica è la nostra storia. Ritroverete fatti dimenticati e fatti sconosciuti, vi chiederete dov'eravate in quegli anni, come mai non vi siete accorti di nulla.Ritroverete anche i grandi eventi della storia italiana, raccontati  da Ettore, expartigiano, operaio Fiat e infine portiere alla Rai di Via Verdi, da sua moglie, Maria, ex prostituta e la migliore cuoca del mondo per il figlio Carlo.

Gustavo Zagrebelsky Moscacieca , Laterza

In questo saggio il Prof. Zagrebelsky riflette sull'umiliazione della funzione del Parlamento in questi ultimi anni e quindi della democrazia e di tutti noi.

Andersen Winesburg, Ohio, Einaudi

Un paese che non esiste, abitato da personaggi che hanno in comune l'amicizia di un giovane cronista.
Un affresco dell'umanità, attraverso storie in cui tutti noi possiamo riconoscerci.

J. Saramago, Cecità, Feltrinelli

Il maestro, premio Nobel per la letteratura, non ha bisogno della mia presentazione. Il libro cattura, come tutti i suoi libri, non l'ho terminato, ma non vedo l'ora di farlo.





martedì 3 maggio 2016

LA SETTIMANA DEGLI INSEGNANTI 2-8 MAGGIO 2016





Bello, non posso mancare assolutamente a questo appuntamento.

Caro lettore, non posso proprio, perché io credo che ogni lavoro sia interessante se piace, ma a me è piaciuto molto e piace ancora “insegnare” e quindi non posso non raccontare, qui, nel mio blog, una breve storia che riguarda una mia cara insegnante del liceo.
Prima due parole sull'insegnare e insegnante.
Intorno all'insegnante ci sono mille storie da raccontare, mille giudizi, mille delusioni, mille speranze, come sempre, quando si ha a che vedere con le persone.
Certo, perché il nostro lavoro, insomma il lavoro degli insegnanti è fondamentalmente riassumibile in: ho voglia di raccontarti quanto sia affascinante, straniante, avvolgente, coinvolgente imparare! Non posso proprio non comunicartelo, proprio a te, mi sembra di morire se non te lo racconto.
Ragazzo, adulto, non importa, fammi domande e insieme andremo a cercare delle risposte, ma non accontentiamoci mai delle risposte troppo facili e rassicuranti, piuttosto poniamo altre domande, dubbi, critiche, creiamo insieme altro e altro ancora, in un crescendo che permetta all'uomo di essere sempre migliore, di stare sempre meglio, di vivere sempre meglio, di essere umano.
Insegnare quindi vuol dire continuare a studiare e chi ama studiare non può che goderne profondamente.
Insegnare quindi vuol dire continuare a crescere e non da soli, ma insieme a chi si incontra, per caso, in un'aula e al quale ci si affeziona terribilmente.

Ecco, ora il ritratto della mia Professoressa di italiano, alla quale devo molto e devono qualcosa anche i miei alunni, perché la nostra vita è una catena di relazioni, che alimentano o che uccidono ciò che noi portiamo dentro.



Una mattina entrò in classe, come sempre, ma diversamente da sempre si rivolse a me, proprio a me.
Era piccola di statura e magra. Capelli biondo scuro, molto frizzante, allegra direi, acuta.
In classe eravamo 25, disposte a ferro di cavallo, erano anni ruggenti, di contestazione su tutto e su tutti, anche sulla disposizione dei banchi. Nella mia scuola, una severissima scuola di Suore Orsoline, sita a Roma, in realtà l'unica conquista che avevamo ottenuto era stata la disposizione dei banchi.
Ecco, entrò e si rivolse a me, chiedendomi scusa per non aver ancora spiegato Mazzini, mi aveva sognato la notte e io nel sogno le ricordavo di spiegarcelo.
La mia professoressa di italiano del liceo classico mi rapì con le sue spiegazioni, con il consigliarmi alcuni libri da leggere, con i complimenti quando mi consegnava il tema in classe, con la sua autentica passione per noi, per me.
Mentre scrivo mi chiedo, per la prima volta in vita mia, perché si sia a volte scusata con me.
Anche il giorno in cui affrontai la tanto temuta prova orale della maturità, durante la quale fui brillante, lei mi telefonò a casa e mi disse di non soffrire se il voto non sarebbe stato quello che meritavo e che mi aspettavo, che lei, membro interno, aveva provato senza riuscire a convincere la commissione sulle mie capacità.
Mi stupiva sempre questa sua attenzione per un'alunna, cosa rara nei docenti, allora.
Il voto fu piuttosto basso in effetti, rispetto alle mie aspettative e preparazione: l'esame di maturità divenne un sogno ricorrente fino al riscatto che avvenne con la laurea.
Lei ha sempre creduto in me, ha saputo intuire ciò che con gli anni avrei capito, ovvero la passione per la lettura, per la scrittura, per i racconti orali, scritti, visivi, musicali non importa tanto il mezzo, quanto il raccontare e il raccontarsi.
Lei lo aveva capito prima di me e questo ha fatto di lei un'ottima insegnante.
L'anno della mia maturità Adele, così si chiamava, aveva scoperto di avere un cancro, ma nonostante questo ci accompagnò al nostro esame. Mi raccontava che avrebbe dovuto camminare tanto, così i medici Le avevano consigliato, ma non aveva tempo, doveva lavorare.
Morì qualche anno dopo, io vivevo in un'altra città e lo seppi quando il funerale era già stato celebrato, ma ogni volta che tocco alcuni libri, quelli che Adele mi aveva suggerito di leggere, il mio pensiero corre a lei e la ringrazio.
Da lei, ora capisco, ho imparato come insegnare.
Si chiamava Prof.ssa Adele Carosi.