martedì 14 febbraio 2017

L'ARTE DI AMARE











San Valentino è una festa cristiana che ha sostituito la festa pagana dei Lupercali.
Chi di voi fosse interessato, indico in calce il link della Treccani, dove viene ampiamente spiegato la festa romana.
Oggi tutti noi consideriamo S. Valentino una festa commerciale, un’altra occasione per costringerci ad essere consumatori.
Però ciascuno di noi potrebbe decidere di regalare all’altr* ciò che sa fare o ciò che ha di più prezioso, ovvero il proprio tempo.
Io ho scelto di cogliere questa occasione per riflettere sull’amore e l’ho fatto rileggendo alcune pagine di E. Fromm, un libro che lessi durante l’adolescenza.
Nell’ “Arte di amare” Fromm scrive:
L’amore non è soltanto una relazione con una particolare persona: è un’attitudine, un orientamento di carattere che determina i rapporti di una persona con il mondo, non verso un oggetto di amore…..Se io amassi veramente una persona, io amerei il mondo, amerei la vita”.
Questa definizione di amore mi fu di aiuto quando ero molto giovane, rendeva l’amore di coppia un amore per la vita, un’esplosione di amore, un contagio di amore.
Chi di noi non è felice di stare con una coppia felice, sorridente, serena, dinamica, aperta e disponibile e chi di noi non soffre ad accompagnarsi a coppie di persone scontente, litiganti, tristi, ripiegate in una vita sterile?


  Fromm afferma che l’amore è un’arte, richiede sforzo e saggezza. ….Quali sono i passi necessari per imparare un’arte? Possiamo dividere il processo in due parti: teoria e pratica….c’è un terzo fattore necessario per diventare maestro in qualunque arte: non deve esserci al mondo nient’altro di importante”.
Questo terzo punto è per i nostri giovani molto difficile: quante coppie vivono in luoghi diversi, a volte in continenti diversi, a causa di questo malatissimo mondo del lavoro, che ha imposto disvalori come valori, privando l’uomo di ciò che rende la vita migliore.
Questo mondo, dove tutti vanno da qualche parte, chi perché costretto dalle guerre e dalle dittature, chi perché alla ricerca di fortuna, chi perché crede che “andare” sia sempre meglio di “stare”, in questo mondo credo sia sempre più difficile diventare maestri nell’arte di amare, a meno di decidere di vivere l’amore per l’umanità, come i mistici, i grandi statisti, i grandi artisti, sacrificando l’amore  per un* altr*.



Per approfondire: http://www.treccani.it/enciclopedia/lupercali_(Enciclopedia-Italiana)/

domenica 12 febbraio 2017

INSEGNARE ITALIANO OGGI



La lettera del Gruppo di Firenze del 4.02.2017 indirizzata al Parlamento e al Governo italiano e pubblicata sul blog del Gruppo, ha suscitato molte reazioni.
Ho voglia di commentarla anche io, che per anni ho insegnato con passione italiano nella Scuola Secondaria di Primo grado, perché ritengo che finalmente si possa aprire un dibattito su un problema che mi è molto caro.
Nel rispetto di ogni disciplina, io tratterò dell'insegnamento dell'italiano, perché questo è l'oggetto della lettera in questione.
La premessa contenuta nella lettera dei 600 è la seguente:

È chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente. Da tempo i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza elementare. Nel tentativo di porvi rimedio, alcuni atenei hanno persino attivato corsi di recupero di lingua italiana.

Indubbiamente è una considerazione generica, come hanno scritto molti commentatori, sarebbe stato preferibile corredare tale affermazione con dati scientifici, ricerche, risultati dei test Invalsi o Pisa, ma il problema denunciato corrisponde a ciò che ogni insegnante di italiano di qualsiasi ordine di scuola conosce molto bene.
Oggi la scuola italiana è frequentata da giovani molto capaci, pochi e giovani poco preparati, molti.
Inoltre, noi docenti non possiamo più raccontare che chi studia, chi è meritevole, chi si sacrifica oggi, potrà aspirare ad un lavoro qualificato, domani.
Quale lavoro? Con quale contratto? In quale paese del mondo? A quale prezzo personale?
E' sotto gli occhi di tutti il dato allarmante della disoccupazione giovanile italiana e dei giovani che si sono trasferiti all'estero nel 2015.
Interessa veramente ai nostri governanti la formazione umana? 
I nostri allievi ci ricordano che ciò che conta oggi è conoscere bene la lingua inglese, l'italiano lo capiscono e questo basta loro.

Il gruppo di Firenze propone tre linee di intervento:
        una revisione delle Indicazioni Nazionali (ex- programmi)
        l'introduzione di verifiche nazionali periodiche (dettati – riassunti ecc)
        la partecipazione dei docenti della scuola in entrata alle verifiche in uscita.

Temo che i colleghi firmatari della lettera non abbiano ben chiaro cosa succeda realmente a scuola.
Proverò, senza violare alcun segreto, a cui noi docenti siamo tenuti per deontologia professionale, a spiegare cosa accade nei nostri consigli di classe, quando si valuta collegialmente un* alunn* e poi proverò a fare io, modestamente, delle proposte.
Nella scuola secondaria di primo grado gli insegnanti possono essere 9 ma anche 12 (Riforma Gelmini, riduzione delle ore di italiano, rivoluzione nella distribuzione delle cattedre).
Ognuno valuta il rendimento nella propria disciplina e al termine della terza media, il voto finale è rappresentato dalla media matematica di tutti i voti. E' facile quindi raggiungere la sufficienza e accedere all'esame con il voto di consiglio.

Il gruppo dei 600 propone delle verifiche nazionali periodiche.
Io propongo di ripristinare gli esami alle elementari.
Propongo uno studio sulla conoscenza dell'italiano tra i ragazzi che hanno affrontato tutti gli esami, grado per grado e tra quelli che invece sono sempre stati certi di essere promossi. E' il secondo gruppo che sta frequentando l'università.
Io propongo di ripristinare gli esami a settembre. Essere rimandato a settembre è molto diverso dal debito. A settembre si poteva essere bocciati.
Accanto a questo ritorno al passato, propongo di allestire molti laboratori manuali per tutti quei ragazzi che non sono portati per lo studio astratto.
Noi dobbiamo dare a tutti le stesse possibilità, questo è un nostro dovere imprescindibile, ma dobbiamo anche riconoscere i talenti di ciascuno e non pretendere che tutti abbiano gli stessi talenti. Ciascuno a scuola deve poter sperimentare se stesso, ma se l'intelligenza esercitata a scuola è solo quella logico-verbale e astratta, coloro che hanno altre intelligenze proveranno solo frustrazione, rabbia, impotenza, delusione e saranno delle mine vaganti per la classe, per la scuola, per la società. Non dico nulla di nuovo, lo so, peccato che in questi anni abbiamo visto chiudere uno ad uno i laboratori di cucina, di falegnameria, di ceramica in nome della mancanza dei docenti, delle compresenze necessarie, della sicurezza (poi però cadono i soffitti).
Lo Stato italiano ha voluto risparmiare sull'istruzione e questi sono i risultati. Le varie “riforme” hanno eliminato compresenze, hanno diminuito le ore di docenza di italiano, hanno bloccato i contratti, hanno aumentato il numero degli allievi e con loro i problemi, hanno aumentato gli anni di lavoro, permettendo che persone di più di 60 anni affrontino ogni giorno gruppi classe di giovani pieni di energia e a volte di rabbia.
Nessuno pensi che io propongo scuole/lavoro, ghetti o cose del genere.
Io cerco di essere realista e in questi anni ho assistito alla promozione, non per mia volontà, di giovani che non solo non avevano competenze linguistiche o matematiche, ma non avevano sviluppato neanche altre competenze. Questi ragazzi vengono licenziati e destinati al fallimento.
La scuola in questo caso fallisce il suo compito primario, che è quello di permettere a ciascuno di diventare cittadini responsabili, di essere autonomi e di dare il proprio contributo alla società.

I professori firmatari della lettera propongono la presenza di colleghi alle verifiche in uscita: è chiaro che i docenti si siano offesi.
Non credo che sia la soluzione al problema, credo invece che dovremmo tutti imparare a lodare i maestri e i professori della scuola secondaria, perché dalla stima e dal nostro rispetto può nascere la stima dei ragazzi, elemento fondamentale per l'apprendimento. 

Ultimo consiglio dei 600 è quello di modificare le Indicazioni Nazionali.
Io ho sempre letto le Indicazioni Nazionali ai miei allievi, le ho fotocopiate e date in lettura alle famiglie.
Le indicazioni nazionali sono estremamente ambiziose, tratteggiano un profilo di un cittadino colto e responsabile in uscita al termine degli otto anni.
E' chiaro che, essendo indicazioni e non programmi vi è libertà.
Non credo però che siano le Indicazioni Nazionali a dover essere riscritte, credo che si debbano pagare adeguatamente gli insegnanti per il loro importante lavoro, del quale ci si accorge solo qualche volta.
Capire che il nostro lavoro, se svolto nel modo migliore, richiede molte ore, tutte quelle necessarie a leggere scritture indecifrabili, testi incoerenti e scorretti e a insegnare a ciascuno a ricostruire il testo e con esso il pensiero, in modo coerente e logico.
Il linguaggio è ciò che ci contraddistingue come specie, è ciò che ci rende unici nell'Universo, almeno rispetto alle conoscenze odierne, quindi proviamo a prestare la dovuta attenzione a coloro che formano le giovani menti.
Ripartiamo da qui.





Ho lavorato in un Istituto Comprensivo e ho molta stima dei miei colleghi che insegnano nella scuola primaria.
I miei migliori alunni sono prima di tutto stati i migliori alunni dei miei colleghi maestri e poi lo sono stati dei miei colleghi alle superiori.
Il problema è che è vero anche il contrario: i bambini con lacune ortografiche, lessicali, con difficoltà a comprendere un testo, a riassumerlo sono diventati ragazzi e hanno conservato gelosamente quelle difficoltà, ignorando ogni mio personale tentativo o di altri colleghi, ovviamente, di correzione dell'errore, di motivazione alla lettura, di motivazione alla cultura in generale.
 Il problema vero è che non si può insegnare a chi non vuole imparare e questo vale per ogni insegnante, di ogni ordine di scuola. Se accanto a questa banale verità, l'insegnante è considerato l'unico responsabile dell'apprendimento del singolo allievo, ovvero deve dimostrare di aver provato ogni mezzo per interessare, stimolare, aiutare l'apprendimento, senza considerare la responsabilità dell'alliev* e della sua famiglia, se i dirigenti scolastici sono valutati su dati quantitativi,  allora è chiaro a tutti che il singolo insegnante rischia di essere isolato e illuso nel suo quotidiano sforzo di insegnare a chi non solo non vuole ma è anche sostenuto dal contesto.


 Per chi volesse saperne di più
http://gruppodifirenze.blogspot.it/
http://www.minimaetmoralia.it/wp/lo-sviluppo-un-paese-passa-leducazione-linguistica-la-lettera-dei-600-la-nostalgia-scuola-classista/

 http://www.cidi.it/articoli/primo-piano/gi