venerdì 22 settembre 2023

VIVERE AD OSTANA

 




Magrolina, alta, biondina o, meglio, castana chiara, occhi chiari nascosti da grandi occhiali, corpo flessuoso e agile di chi è abituato a tornare a casa per una stradina in salita di un piccolo borgo montano sovrastato dal Re di Pietra.

Sara ci accoglie nella sua nuova casa di pietra e legno: siamo tantissimi per entrarci tutti, scalzi, seduti un po’ ovunque, chi per terra, chi sulla cassapanca, chi sul suo letto: riusciamo a starci e ad ascoltare il racconto di Bruno e del suo bosco incantato.

Il suono magico del tamburo di Bruno Bossa fa il resto. L’atmosfera è carica di spiritualità, manca solo lui. Sbircio dal suo terrazzo alla ricerca del Monviso che so essere proprio lì, di fronte, ma nulla, le basse nuvole lo celano al mio desideroso sguardo per tutto il tempo e anche dopo.

Mi chiedo cosa faccia tutto il giorno una giovane donna non ancora trentenne in un luogo sicuramente sano e bello, ma anche isolato e lontano dai grandi centri urbani.

Lo sai tu, lettrice e lettore dei miei articoli e delle mie interviste, che sono curiosa, che fiuto le storie, quelle che non sempre arrivano al clamore della stampa e della tv, ma che sento storie di scelte di vita.

Quella casa di pietra non è una casa qualsiasi. Ricordi il film “Il vento fa il suo giro”? Ricordi quel pastore francese che dai Pirenei scelse proprio le Alpi Cozie per fermarsi con la moglie e i figli e creare una azienda di formaggi di capra? Fu lì, in quella casa, che oggi è abitata da una giovane donna, che il pastore si fermò a vivere. Nel film tutto sembra ambientato in val Maira, ma la storia reale si svolse ad Ostana.

Un paese che ha ripreso ad essere abitato da qualche anno, complice la lungimiranza dei sindaci e alcuni giovani che, come Sara, hanno deciso di viverci e lavorare.

Nella casa del pastore francese oggi Sara ospita: gestisce e affitta su Airbnb un appartamento finemente ristrutturato che, insieme ad altri piccoli lavori integrativi, le consente di essere indipendente. 

Vivere in montagna è comprendere cosa è essenziale nella vita: niente sprechi, legna per riscaldarsi, buon cibo, grazie anche al suo orto che d’estate la impegna molto. In questo borgo si possono gustare ottimi prodotti del panificio e dei due giovani laureati, Matteo ed Eloïse, che dall'estate 2023 producono ottimo formaggio di capra a 1600 mt.

In questa suo stare ai piedi del Monviso c’è la tutela non solo del territorio, la sua impronta ecologica sostenibile, c’è anche la gioia di avere il tempo per le relazioni, quelle con chi vive nel paese e quelle con i suoi parenti e amici della pianura, a cui va incontro con un altro spirito, con tempo da dare e da ricevere, senza quella fretta che mangia in città ogni rapporto, anche i più intimi.

La solitudine non la spaventa, anzi la cerca o, meglio, la vive, nella ricerca del suo stare al mondo, in relazione con l’ambiente che la circonda.

La montagna è un amore condiviso con suo padre, al quale deve l’abitudine a percorrerla fin dalla sua infanzia, fin dalle prime luci dell’alba, quando piccola e assonnata, scendeva mal volentieri dal letto e non amava quelle domeniche a camminare con tutta la sua famiglia.

Eppure, quell’andare nei boschi e per sentieri, quella meraviglia delle cime innevate, dei profumi della terra e dei colori dei fiori, quello stupore di una bimba allora ritrosa, è diventata la passione della donna che Sara è oggi.

Una passione che ama condividere, come suo padre con lei, con chi apprezza la natura come fonte inestinguibile di contatto con il divino che permea l’universo e quindi ciascuno di noi.

Quella casa, sempre lei, emblema della scelta, anni prima era in vendita: la mamma non riteneva opportuno comprarla. Nessuno la comprò, fin al giorno in cui la sua famiglia si decise a farlo. La casa aspettava proprio Sara: il cartello era ancora lì, pronta per lei e i suoi sogni.

La immagino nelle giornate di sole e cielo terso, seduta sulla sedia con un buon libro in mano in contemplazione del Monviso, piena di gioia, mentre noi cittadini corriamo tra un semaforo e l’altro rincorrendo il tempo, che Carlo Rovelli dice non esistere, eppure ci rovina l’esistenza.

Se il tempo non esiste, il miglior modo di scoprirlo è proprio quello di contemplare la bellezza e vivere nell’essenzialità. Serve altro?

A proposito, ti suggerisco di fare uno sguardo al sito del suo Airbnb.

http://airbnb.com/h/casamiribrart28

 

giovedì 14 settembre 2023

IO CAPITANO

 


Seydou è un giovane sedicenne senegalese che ama la musica, frequenta la scuola ed è molto legato alla sua famiglia. Un bravo ragazzo. Ha un cugino, Moussa, che insiste per voler partire per l’Europa dove prevede che entrambi potranno diventare dei famosi musicisti e firmare autografi ai bianchi.

Tranne questa frase in cui si citano i bianchi e implicitamente un sentimento di riscatto verso i colonizzatori, nel film di Matteo Garrone ci sono solo l’Africa e gli africani. Nel bene e nel male. L’Europa, la Francia, sono miraggi.

Come ha detto lo stesso regista sul palco del Lido di Venezia ( 80° edizione della Mostra internazionale di arte cinematografica di Venezia) al momento della consegna del meritatissimo premio, il Leone d’argento 2023, questo film racconta la storia delle migrazioni dal punto di vista dei migranti.

La lingua del film è il wolof, la lingua del Senegal. E un po’ di francese.

Seydou e Moussa progettano di scappare: le loro famiglie non vogliono assolutamente che loro partano, è troppo pericoloso. Nei pomeriggi dopo la scuola, grazie a dei lavoretti, risparmiano i soldi necessari per il viaggio.

La Dakar dei mercati, della musica e dei balli, della famiglia resta sullo sfondo, mentre questi due adolescenti viaggiano in autobus ascoltando la musica e dormicchiando, come tutti i giovani in gita, alla volta della prima tappa: il Mali.

Seydou aveva paura e ha paura, ma non vuole lasciare solo il cugino e parte, con la spensieratezza propria dell’età.

La sua paura diventa presto coraggio: il coraggio di affrontare il deserto, prima sulla jeep e poi a piedi. I mercanti di esseri umani sono crudeli: corrono sulle dune del deserto per facilitare la caduta di qualche passeggero, che non recuperano. Successivamente li fanno scendere e li costringono a camminare a piedi per giorni, sotto il sole cocente, nel nulla, dove chi è più debole muore per la fatica (memorabile e poetica l’immagine di Seydou che abbraccia Madame morente e successivamente la sogna che si libra nell’aria, libera e sorridente, tenendogli la mano).

Lui, il protagonista, sempre attento agli altri, sempre altruista, soffre terribilmente, aiuta, soccorre.

Il viaggio, che sapevano essere lungo e costoso, ben presto diventa un incubo, tra corrotti e approfittatori, fino ad arrivare alle prigioni libiche, dove le torture fiaccano il giovane, salvato da un anziano senegalese che lo protegge e consiglia.

Ritrovato il cugino, arrestato e successivamente ferito da un’arma da fuoco, Seydou diventa un eroe, ma questa parte del film, deducibile dal titolo, la lascio a te.

Sappi però che qui la lingua italiana diventa salvifica: Io capitano!

L’attore è bravissimo, meritatissimo il premio ricevuto.

Guardare questo film proprio nei giorni in cui i tg e i quotidiani titolano che a Lampedusa i barchini sono in fila per attraccare, che l’isola è piena di migranti, 6000 ieri e oggi 7000, che Croce Rossa, Protezione civile e non so chi altro sono intervenute in soccorso delle istituzioni dell’isola allo stremo nello sforzo di accogliere chi arriva è un invito alla riflessione per noi cittadini comuni.

Lampedusa però non ce la fa ad accoglierli. Questo è chiaro. E’ un’isola piccola.

Mamadou, vero protagonista della storia reale, sullo stesso palco, afferma che per fermare i mercanti di uomini serve una sola cosa: un visto, un permesso per viaggiare.

Matteo Garrone, ancora una volta ci ha regalato un’opera magistrale.

L’Italia è quella terra meravigliosa che tutti sognano e  quando vedono si sentono salvi. Non necessariamente per restarci: è la prima striscia di terra che questi esseri umani scorgono all’orizzonte e che rappresenta la salvezza da chi li vorrebbe morti. Morti per aver sognato e sperato in una vita diversa.

Chi di noi non ha un figlio, un nipote, un amico, un lontano parente di oggi o di ieri che non è emigrato?

Nella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo c’è scritto all’art. 13 comma 1:

Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.

I diritti universali sono stati riconosciuti dopo che il nazismo e la II Guerra Mondiale avevano istituzionalizzato il male nei Lager, nei campi di prigionia, nella ricerca dell’arma micidiale e nel suo uso. Dall’orrore è nata questa preziosa Dichiarazione.

Non dimentichiamocene, restiamo umani.

Possiamo permetterci di ospitare così tanti migranti?

Possiamo permettere di continuare a fingere di ignorare cosa avviene tutti i giorni nei viaggi della disperazione?

In questo film non ci sono storie di profughi da calamità naturali o da guerre o perseguitati politici: sappiamo però che ci sono e sono tanti, sempre di più.

Non dimentichiamocene, restiamo umani: qualsiasi soluzione deve tenere conto dei diritti fondamentali di ogni essere umano.

Consiglio vivamente la visione del film.

 

 

mercoledì 13 settembre 2023

il mondo si sgretola






Caro lettore e cara lettrice,

non sono solita discettare su temi di attualità.

I palinsesti televisivi sono ricchi di persone più o meno esperte che vengono pagate per raccontarci il loro punto di vista sugli eventi umani e naturali, perché dovrei io tediarti con le mie riflessioni? 

Oggi però sento il bisogno  di esternare il mio sentimento.

Nel 2023:

5/6.02   Turchia e la Siria  terremoto di magnitudine 7,9:

57.000 morti

121.000 feriti

5.000.000 di sfollati

16/17.05.2023 la Romagna fu colpita da una alluvione senza precedenti. 16 morti e tantissime frane, strade interrotte, case e raccolti distrutti.

8.09.2023 Marocco terremoto

2901 morti accertati (fonte Rai news 24 del 12,09)

5630 feriti

12.09.2023 Libia alluvione 

6.000 morti

10.000 dispersi

I barchini fanno la fila per entrare nel porto di Lampedusa e nelle operazioni di sbarco un neonato muore annegato. oggi al tg delle 13.30. A Lampedusa ci sono in questo momento 6000 migranti.

Ho sicuramento omesso molte altre calamità accadute nei continenti americano e asiatico. Queste sono le tragedie che ricordo di più. Il mondo mi pare in disfacimento, l'acqua ricopre tutto e distrugge, il fuoco che anche quest'anno ha bruciato boschi che con fatica cerchiamo di preservare, annullando in poche ore anni di cure, i movimenti tellurici, gli assestamenti della Terra, gli uragani, i ghiacciai che si sciolgono velocemente, insomma non c'è pace per l'uomo su questa terra, esattamente come Giacomo Leopardi aveva già capito ed espresso nelle Operette morali,12.

Sono sgomenta. Gli avvenimenti che ho ricordato sono apocalittici e ravvicinati. Non si ha il tempo della ricostruzione.

La foto: un orcio contenente viveri, ritrovata nelle acque laziali e conservato al Museo Archeologico di Anzio. Dal passato ci giungono molti manufatti, che testimoniano il passaggio sulla terra di tantissimi esseri umani. Cosa rimarrà della nostra civiltà contemporanea?


venerdì 1 settembre 2023

FAME D'ARIA

 



 


D'estate, quando il caldo annebbia il cervello e il corpo cerca refrigerio, è difficile anche scrivere. Il braccio, sudato, si incolla alla scrivania, non scorre, tutto è immobile, difficile, anche il semplice gesto di scrivere al pc.
Servono pioggia e vento, aria più fresca per far tornare la voglia di dedicarsi alle recensioni, ai consigli di lettura o di visioni di film. Sono sempre alla ricerca di storie migliori di quelle che leggo sui quotidiani, storie di uomini e donne che sappiano amare, che sappiano vivere senza ferocia, perché le storie che ci circondano ci annichiliscono. Spero sempre di essere utile a te che hai voglia di leggermi.
A volte mi sento una specie in via di estinzione e non ho ben chiaro se i miei nipoti avranno come amici dei robot pensanti o degli uomini bruti. Mi appare che tanto la scienza e la tecnica progrediscono sulla strada dell'intelligenza artificiale, tanto l'essere umano arretri nella comprensione del dolore altrui.
Buona ripresa amico e amica lettrice, dei tuoi studi o del tuo lavoro, nell'estate che lentamente si allontana.

Daniele Mencarelli ha il pregio di scrivere intorno a temi delicatissimi, quali la malattia mentale ( Tutto chiede salvezza) e la fatica di essere genitore di un figlio gravemente disabile e di farlo con una delicatezza verso i protagonisti che intenerisce inevitabilmente coloro che leggono.

 Fame d’aria, l’ultimo suo libro pubblicato da Mondadori.

E’ la storia di un padre cinquantenne, Pietro Borzacchi, che viaggia con suo figlio Jacopo nell’entroterra appenninico in direzione di Marina di Ginosa, luogo dove la storia iniziò.

La macchina sulla quale viaggiano è una vecchia Golf con duecentoquarantamila chilometri. Un guasto lo costringe a fermarsi a Sant’Anna del Sannio: un piccolo paese dove sono rimasti in pochi e dove il tempo sembra essersi fermato. In questo luogo Pietro, povero e senza alcuna speranza per sé e per suo figlio Jacopo, trova il sorriso di Gaia, la giovane cameriera e le attenzioni di Agata, presso la quale alloggia in attesa che il meccanico in pensione Oliviero aggiusti la vecchia Golf.

Jacopo è affetto da autismo a basso, bassissimo funzionamento, come spiega il padre a chi lo guarda con curiosità. Poi aggiunge: “ significa che non parla, non sa fare nulla, si piscia e caca addosso”. Questa scena la ripete ogni volta sperando di togliere al mondo la voglia di chiedere.

Il protagonista trascorre i giorni aspettando di riavere la sua auto per ripartire. Solo alla fine del libro si scopre il vero motivo del viaggio verso Marina di Ginosa . Le lacrime scendono sul viso, impossibile non commuoversi dinanzi alla fatica titanica del genitore che vive quotidianamente la realtà amara di  un figlio che non potrà mai recuperare. L’abbraccio finale dei corpi dei genitori di Jacopo, intorno al corpo del figlio salvato dal padre da morte certa, parla di amore infinito, di risorse indicibili dell’essere umano capace di affrontare prove durissime.

Sant’Anna insieme ai suoi pochi abitanti, Agata, Gaia e Oliviero sceglie di accogliere questa enorme sofferenza e condividerla per renderla meno annientante.

I capitoli sono quadri o se si vuole scene teatrali.

Dei libri letti durante l’estate 2023 questo è il primo libro che ti consiglio di leggere caro lettore, cara lettrice del mio blog.