venerdì 21 luglio 2023

BATTI GAI: guardare il mondo con gli occhi di un fotografo naturalista

 


Caro lettore e cara lettrice, questa è una intervista itinerante.

In passato ho intervistato seduta ad un tavolino guardando la persona negli occhi mentre raccontava se stessa, al telefono durante i lockdowns, in piedi davanti ad una vetrina di un negozio, mai su un fuoristrada, seduta  lato del passeggero, vestita come d’inverno nell’estate rovente che stiamo vivendo, perché alle 5 del mattino a 2100 metri fa freddo anche in piena estate, mentre ascolto le parole dell’intervistato e guardo albeggiare sulle creste delle montagne della Val Susa con le spalle all’alta Val Chisone.

Non ho potuto annotare sul mio taccuino, come continuo a fare quando intervisto, come se non esistessero altri mezzi tecnologici: la macchina sobbalzava e l’unica cosa era guardare, osservare il suo modo di procedere.

Sto per raccontarti la storia di Batti Gai, industriale, scultore, pittore e soprattutto fotografo. Di lui si sono occupati fior fiore di giornalisti e vidi anni fa una bella intervista in onda su “Geo”, trasmissione di Rai Tre (9.05.2019).

Fui colpita dal suo racconto: da uomo con in mano un fucile per cacciare le prede a uomo che abbraccia una macchina fotografica. Proprio da questo punto, per me fondamentale, ho iniziato a conversare con lui. Il cambiamento è avvenuto quando iniziò a fotografare: osservando gli animali, i loro comportamenti genitoriali e filiali, i loro giochi ha compreso il valore supremo della vita, non solo della nostra di esseri umani, ma quella di tutti gli esseri viventi. Da allora ha deciso di non uccidere più, neanche un ragno, se possibile.

Improvvisamente lungo la salita che conduce a Pian dell’Alpe vede una lepre, che corre nella scia della luce dei fari: ferma la macchina, imbraccia la macchina fotografica, posta sempre accanto a lui, nel vano tra il guidatore e il passeggero, apre silenziosamente lo sportello quel tanto che serve per appoggiare l’enorme dispositivo e scatta fulmineo. In un attimo ha realizzato la sua foto e la lepre continua a correre davanti alla macchina ancora per qualche metro, per poi sparire nell’erba.

Procediamo nella luce dell’aurora verso il Colle delle Finestre e iniziamo a scendere verso Meana di Susa. Ci fermiamo dove c’è un po' di spazio per l’auto, dove lui sa che si possono incontrare i cervi. D’estate- mi racconta- gli animali selvatici sono disturbati dal caldo e dai turisti – non sono certo di vederli oggi. Ci appostiamo. La pazienza è l’arte del fotografo e immagino del cacciatore. Io ho il mio prezioso binocolo. Non vedo nulla, ovviamente, ma seguendo le sue indicazioni mi illumino perché vedo due cervi. Sono molto lontani, anche lo zoom del binocolo mi impedisce di vedere i particolari, mentre il potente obiettivo della macchina fotografica di Batti li immortala.

I suoi sono sguardi e movimenti da cacciatore, ma da molti anni il fine è diverso: la foto documenta, la foto regala a tutti la bellezza degli animali, la loro regalità, flessuosità, giocosità a volte rapacità. Chi non si alza all’alba, chi non può salire in quota, chi non ha la capacità o la potenza degli obiettivi di Gai, può comodamente ammirare le sue fotografie e apprezzare gli animali. Importante è non disturbare mai gli animali, non avvicinarsi, grazie ai potenti strumenti della tecnica e della scienza.

Le sue foto sono una restituzione al mondo animale che per anni ha predato, un regalo, un donargli la vita mille volte, tante quante le persone che le ammirano e imparano a rispettare le creature viventi.

Sono due cervi che si tengono compagnia, hanno tre anni circa, paiono buoni amici. Appaiono e scompaiono dietro rocce e alberi nel loro vagare liberi e spensierati. Batti aspetta pazientemente e scatta quando si avvicinano l’uno all’altro.

 


 

Dei camosci, poco distanti, sulla destra del versante montuoso, irriconoscibili a occhio nudo per me e non per il nostro fotografo, pascolano serenamente.

Batti è felice di constatare che ad 86 anni, dopo l’operazione di cataratta ad entrambi gli occhi, vede benissimo. Per me che ho 67 anni è evidente la sua acutezza: mi applico con lo zoom, mi sposto a destra e a sinistra di pini e di rocce, ma senza le sue indicazioni, non avrei notato proprio nessun animale.

Ad 86 anni è anche estremamente lodevole aver voglia di alzarsi la mattina prima dell’alba per recarsi in alta montagna alla ricerca degli animali selvatici da osservare e fotografare. Un hobby e una missione.

Ritorniamo al Colle delle Finestre e qui quando scendo constato che la temperatura è più bassa dell’alba: ho decisamente freddo e comincio a starnutire. Penso al caldo afoso di questi giorni in città, Roma con 44 gradi, ma anche Napoli, Bologna, Milano, Firenze, Torino e in tutto il Sud, mi guardo: pantaloni lunghi, scarpe da trekking, felpa leggera, felpa pesante e ho freddo.

Pur avendo freddo con orgoglio sono io che noto un camoscio scendere velocemente dal sentiero per la cima del Ciantiplagna e venire verso di noi. Rimango imbambolata: avrei potuto fotografarlo con il mio cellulare tanto era vicino, invece sono così felice di averlo visto che mi accontento di seguirlo mentre corre verso un suo amico, che avevamo già avvistato.

A fotografarlo ci pensa Batti, grazie ai suoi riflessi pronti e alle sue indiscutibili capacità. E ci regala una foto dalla quale si evince che è una camoscia anziana: ha delle lunghe corna ed è magra, ma flessuosa e armoniosa.

 


 

Proseguiamo verso Prà Catinat: mi racconta dei suoi studi interrotti per aiutare il padre che, dopo la guerra era in notevoli difficoltà economiche.

L’azienda di famiglia nacque in un retrobottega a Pinerolo, dove si erano trasferiti durante la guerra e fu spostata successivamente a Ceresole d’Alba.

Da un’idea del padre, costruire macchine per imbottigliare il vino, insieme al fratello hanno fondato un’azienda che oggi ha 300 dipendenti, è leader del settore. È molto orgoglioso quando ne parla, stima molto il fratello che con i figli di entrambi continuano a rendere l’azienda di famiglia un fiore all’occhiello nel settore.

Proseguiamo per il Rifugio Selleries  gestito da Massimo Manavella, comune amico. Anche Massimo è un uomo paziente: segue i ritmi della natura nel suo avamposto sulle Alpi, dando a noi cittadini, attraverso i suoi puntuali resoconti, la conoscenza indiretta della vita a 2000 mt.

Lungo la strada ogni uccellino viene identificato con precisione: ignoro come sia possibile.  Per esempio, un uccellino che per me era un passerotto, in realtà è uno “spiazzino”.

Improvvisamente, parlando degli studi interrotti, recita una poesia a memoria, l’Infinito di Leopardi. Ciò che si studia da giovani non si dimentica più.

Al Selleries, luogo che mi è caro per motivi personali, ci sono esposte alcune foto di Batti: lupi, mufloni, cervi, caprioli.

Il sole inizia ad essere caldo ed io mi spoglio, finalmente. La luce però è tale da impedirmi di riconoscere gli stambecchi individuati da Batti con la sua potente lente di ingrandimento. Li vedo nell’obiettivo della sua macchina fotografica: una mamma con il suo piccolino e forse una zia.

 


 

Nel laghetto, oltre ad una canoa rovesciata, ci sono miriadi di girini e il nostro fotografo, con la vista acuta, nota tra l’erba gli occhi della rana, una rana protetta perché in via di estinzione e scatta. Solo allora la rana con un salto si rende riconoscibile anche a me.

Dopo aver parlato con Massimo, torniamo sui nostri passi verso casa: i temi ora sono la poesia che abita solo alcuni animi, quelli più sensibili e un po' strani, la morte che suggella la nostra vita, le nostre azioni. Vivere la vita nella sua bellezza e pienezza, per poterla abbandonare con dispiacere ma senza rimpianti.

Sulla sua pagina facebook, Batti pubblica quotidianamente le sue foto che ti invito a contemplare. Si impara molto.

Torniamo verso i 1550 mt, personalmente con tanta ricchezza negli occhi e nel cuore. Grazie.

 

 

martedì 18 luglio 2023

ALAIN E SIMONA

 



 

Alain e Simona vivevano una vita caotica. Correvano dalla mattina alla sera: per svolgere il loro lavoro dovevano viaggiare e si ritrovavano alla sera, stanchi e insoddisfatti. I contratti di lavoro, come capita a molti lavoratori, giovani o meno giovani, erano a tempo determinato, venivano rinnovati ogni tre mesi, con tutte le conseguenze del caso. Escludo che ci sia una lettrice o un lettore del mio blog che ignori gli enormi problemi del mondo del lavoro, la giungla di contratti, il disamore dei dipendenti verso datori di lavoro avidi e indifferenti ai bisogni degli esseri umani, i ritmi, accelerati per chi lavora, inesistenti per chi cerca lavoro. Ovviamente non tutti i datori di lavoro si ritrovano in questo ritratto, ma nel mio blog ho già trattato questo argomento, grazie a due film che ho recensito, entrambi del grande Ken Loach “I’m Daniel Blake e Sorry we missed you” e che ti invito a leggere.

Sono due film molto efficaci nel rappresentare la situazione lavorativa contemporanea.

Simona è una giovane donna, con un bel caschetto e sguardo vivace che cerca di convincere la sua piccola Amalia che non è l’ora del gelato.

Alain è un giovane uomo, con una folta barba bruna e una bandana in testa per trattenere i capelli che immagino ricci e folti, appoggiato allo stipite della loro bottega.

Li incontro ad Usseaux, uno dei borghi più belli di Italia, che visito frequentemente dal 2008 e che da circa trent’anni non ha più avuto un negozio di alimentari sul suo suolo.

I residenti hanno orti e mucche, ma chi ha una seconda casa deve acquistare nel comune di residenza tutto il necessario e, una volta che si stabilisce ad Usseaux e nelle sue borgate, si affida al negozio di Pourrieres, da Marina, ben fornito e con un bel dehors dove serve panini e aperitivi.

Ecco, quindi, il mio stupore nel vedere pane, formaggi, prosciutto e molti prodotti sfusi, nel negozio che è appartenuto a Claudio, dove potevamo comprare portachiavi, cassette per la posta, nidi per uccelli, giochi di legno per bimbi, ma anche tavoli e sedie, essendo Claudio un bravo falegname oltre che titolare del posto tappa del GTA che gestiva con la moglie Anna.

Era un luogo di accoglienza degli escursionisti e dei turisti nei giorni di festa, dove nel grande salone si mangiavano ottime zuppe riscaldandosi al calore della grande stufa.

Oggi, nel negozio dove Claudio esponeva i suoi manufatti, Alain e Simona vendono prodotti di qualità, di piccoli produttori, per valorizzarli e dare al cliente prodotti biologici e sostenibili.

Conversando con loro torna spesso la parola “lentezza”.

I due giovani decisero di cambiare vita,  di vendere prodotti sfusi, a tutela dell’ambiente, quando nacque la piccola Amalia.

L’amore verso i figli riesce a innescare mutamenti profondi, riesce a far trovare il coraggio di scelte spesso rinviate: non vedere crescere i propri figli è un ottimo motivo per uscire dalle logiche dei contratti lavorativi e diventare artefice del proprio futuro.

Il primo passo è stato aprire un negozio nel cuore di Pinerolo dedicato al cibo e ai detersivi sfusi. Un modo per sensibilizzare sui problemi legati all’acquisto consapevole e ai problemi dell’ambiente.

Entrambi insistono sulla parola “fiducia”. La grande distribuzione ha leso i rapporti personali oltre all’economia. Loro, nel negozio La Burnia, rispondono alle domande dei loro clienti, informandoli sulle qualità organolettiche dei prodotti che vendono. Per due mesi all’anno, Luglio e Agosto, provano a sperimentare lo stesso modello ad Usseaux.

Il tempo che ho trascorso con loro è stato punteggiato dalle espressioni   delle persone incuriosite nel trovare un negozio di alimentari nel piccolo borgo, notoriamente senza negozi, incuriosite dalle marmellate e dai vini in esposizione e Alain con professionalità e pazienza ha dedicato tempo alle spiegazioni. Lentamente. Con consapevolezza. Stabilendo un rapporto.

Amalia gioca felice, sapendo che mamma e papà sono vicini.

I nostri giovani commercianti si sentono accolti dalla comunità locale, nella quale sono entrati con molto rispetto e con spirito di collaborazione.

In altre parole, una esperienza lavorativa che sono certa farà bene a tutti.

Auguro ad entrambi buona fortuna e a te lettore e lettrice, invito a visitare a Pinerolo la loro bottega dello sfuso, La Burnìa, sita in via Trento 16 oppure di fare una gita a Usseaux.