domenica 30 ottobre 2016

I, DANIEL BLAKE



Il luogo dove si svolge la storia di Daniel Blake, carpentiere, vedovo di una donna da lui molto amata, è Newcastle, ma potrebbe essere una qualsiasi città europea contemporanea.
Mollie, sua moglie, era matta e lui l'ha accudita e amata per una vita e alla sua morte si sente disorientato. Uomo capace di risolvere qualsiasi problema manuale, ma totalmente incapace di usare il computer.
Daniel ha lavorato tutta la sua vita onestamente, ha pagato le tasse e i contributi e a 59 anni ha un infarto. Il suo medico curante, il cardiologo e il fisioterapista gli proibiscono di lavorare: deve recuperare ancora, deve riposarsi e curarsi.
Inizia così l'odissea di Daniel, che seguiamo passo dopo passo, incollati a lui, anzi siamo lui, quando incontra la “professionista della sanità” che gli chiede se lui può camminare o se può mettersi un cappello e dalle risposte e non dai referti medici la professionista decide che lui non ha diritto all'indennità di malattia, lui può lavorare.
Siamo lui, non con lui, ma proprio nei suoi panni, quando telefona per avere spiegazioni e rimane ore in attesa al telefono per sentirsi dire che deve aspettare la telefonata del responsabile e solo dopo tale telefonata, che non si sa quando arriverà né da chi, potrà chiedere la revisione della valutazione e solo dopo potrà fare ricorso.
Intraprende quindi l'unica via prospettata da impiegati che svolgono i loro compiti, i loro uffici, comandati da menti misteriose a dire tutti la stessa cosa, a comportarsi tutti come macchine senza anima, con Daniel così come con una giovane donna, incontrata proprio nello stesso inferno, sola, con due figli, senza soldi, affamata, disperata.
E Daniel aiuta, senza pensarci neanche un attimo, perchè lui “non è un utente, non un cliente, non un numero di pratica, non un punto, lui è un cittadino”.
La parola cittadin* l'ho sempre amata, ma questa sera, nella sala dei Fratelli Marx a Torino, l'ho apprezzata ancora di più, perché è lo status di cittadino che sta morendo piano piano, legge dopo legge, richiesta dopo richiesta, perchè questa parola è la chiave di volta del problema dell'impoverimento delle popolazioni, senza più diritti.
Dobbiamo tornare ad essere cittadini.
La storia continua e si complica, ma non posso raccontartela tutta, car* lettore del mio blog, perchè ti priverei del piacere di assistere ad uno dei più bei film del 2016, diretto da un maestro del cinema come Ken Loach, che a 80 anni ha ancora sete di giustizia.
Anche noi cittadini abbiamo ancora sete di giustizia, perché anche molti di noi sono vessati dalla cieca burocrazia, ma direi di più, da un sistema che rende il povero sempre più povero e il ricco sempre più ricco.




mercoledì 26 ottobre 2016

UOMINI IN GRIGIO

UOMINI IN GRIGIO di Carlo Greppi 





Carlo Greppi, giovane storico, ha inaugurato a mio parere un nuovo genere letterario o forse sta alimentando un nuovo modo di narrare la storia, così come Alessandro Barbero fece nel suo libro del 2010 sulla battaglia di Lepanto, ovvero Barbero unì il rigore dello storico alle tecniche narrative proprie del romanziere. Nel libro di Greppi questa contaminazione di generi è più evidente.
Un modo che mi affascina, mi cattura, mi fa calare completamente nell'epoca descritta, regalandomi suggestioni, riflessioni, emozioni.
Il suo libro non è un saggio storico in senso stretto, pur essendo rigoroso come un saggio per la quantità e qualità di fonti e il sapiente lavoro di lettura e interpretazione delle stesse.
Il suo libro non è un romanzo storico, perché manca la verosimiglianza.
Il suo libro è la narrazione di storie di carnefici e di martiri, di gente comune, di salvatori, o di presunti tali, che vissero i tragici 20 mesi di guerra civile italiana dal '43 al '45.
Le storie sono vere, perché supportate dai documenti analizzati, ovvero i fascicoli dei processi avviati contro i collaborazionisti nei giorni successivi al 25 aprile del 1945.
Il suo libro non è solo per addetti ai lavori, ma per tutti coloro che si appassionano alla storia e Carlo Greppi riesce a far appassionare l* lettor*, che rivive ,attraverso le sue pagine l'atmosfera di Parigi nel giugno del 1940 e quella di Torino dopo l'8 settembre e dopo il 25 aprile.
La sua analisi svela la zona grigia, quella di coloro che vogliono sopravvivere nella tempesta della guerra civile e dell'occupazione nazista e cercano attraverso la delazione e i compromessi a ritagliarsi ore di vita.
Questa puntuale ricostruzione è stata realizzata da un esponente di una nuova generazione di storici, non più interessati a condannare o a esaltare i comportamenti degli uomini, storici non legati a quelle ideologie che divisero gli italiani, ma interessati ad indagare l'animo umano, per trarre un insegnamento da quelle vite, un interesse direi sociologico e antropologico.
Noi, se fossimo vissuti in quei mesi, se avessimo potuto salvare o condannare un nostro vicino di casa, se dalla delazione avessimo tratto beneficio, noi, cosa avremmo fatto?
L'autore ci introduce nella Caserma di Via Asti, sentiamo le urla dei torturati, il tormento dei parenti, camminiamo rasente i muri delle strade per timore di essere catturati dai nazisti o dai repubblichi, ci spostiamo alle Carceri Nuove e assistiamo a sommari processi e fucilazioni.
Siamo testimoni di incontri tesi a salvare la vita dei prigionieri in cambio di denaro, incontriamo gli uomini grigi, Antonio M., l'Avv. Mario dal Fiume, seguiamo la storia di Italo e Regina Momigliano, ebrei italiani che vivevano a Parigi e decisero di scappare in Italia con la falsa speranza di salvarsi, la storia dell'Avv. Bruno Segre, testimone vivente,  di Carlo Pizzorno, fucilato al Martinetto, di Pierino Cerrato, deporato a Dachau, della famiglia Fubini e della famiglia Valabrega e di altri.
Le storie dei carnefici, il federale Giuseppe Solaro e il capo dell'Upi, Gastone Serloreti, si intrecciano nel libro con quelle delle vittime e degli uomini grigi, con tecniche, come già scritto, tipicamente narrative.
Assistiamo al linciaggio dei repubblichini e dei delatori all'indomani della Liberazione,ascoltiamo la difesa dei processati per collaborazionismo e prendiamo atto, sgomenti, che nell'estate del 1946 migliaia di collaborazionisti, delatori, fascisti, sono stati liberati grazie all'amnistia, che, con un colpo di spugna, dichiara estinto il reato.
Un libro da leggere e da regalare, perché finalmente oggi è possibile chiudere un periodo storico di veleni e di dolore, oggi che i maggiori protagonisti di quella storia sono morti.
Questo libro aiuta a comprendere, a non dimenticare, ad interrogarci nel profondo di noi stessi sulla solidarietà concreta e coraggiosa.









martedì 25 ottobre 2016

IL GIARDINO DELLE STORIE INTRECCIATE


IL GIARDINO DELLE STORIE INTRECCIATE di Claudia Manselli







Questo libro racconta la storia di persone che vivono vicino ai giardini La Marmora, giardini abitati da pensionati, bambini e barboni, sovrastati dal busto di bronzo del Generale Alessandro Evasio Maria Ferrero della Marmora, nel cuore di Torino.
Un Generale sfortunato, morto in Crimea per il colera, dopo essere stato più volte ferito in viso, uomo costretto dai tempi alla carriera militare, senza prole, diventa da statua l'amico immaginario di un bambino, che sentendosi solo decide di scegliere proprio la statua come suo confidente.
Le storie si susseguono, alcuni personaggi li ritroviamo in più storie, testimoni delle vicissitudini di vita dei protagonisti.
Storie coraggiose, che affrontano con garbo e fantasia temi attuali, lasciandoci a volte stupiti, a volte commossi.
Complimenti Claudia, mia compagna di canto corale.
Con piacere consiglio a te, amic* lettore del blog, questo libro.




venerdì 7 ottobre 2016

DIECI ANNI DEL CIRCOLO DEI LETTORI





Dieci anni fa ero entusiasta dell'idea che a Torino qualcuno avesse deciso di investire dei soldi al fine di far incontrare tutti coloro che amano leggere.
Un sogno! Un piacere da condividere, quel piacere, normalmente vissuto in solitudine.
Il 6 ottobre del 2006 io ero in fila per iscrivermi al Circolo. Non me lo posso dimenticare perché coincide con il mio compleanno.
Non ero iscritta a nessun circolo e a nessun partito, ma proprio non potevo mancare a questo evento cittadino di straordinario valore culturale e politico.
Del valore culturale non ne tratto, ci sono scrittori che sanno farlo meglio di me, ma non posso tacere di aver letto ad alta voce nella Sala Grande insieme a tanti altri volontari come me, “Se questo è un uomo” di P. Levi proprio il 27.01., semplicemente perché volevo farlo, solo inserendo il mio cognome sulla lavagna. Ricordo il silenzio del pubblico presente in quelle lunghe ore in cui abbiamo letto a turno tutto il libro.

Del valore politico voglio scrivere due parole.
Allora, alla sua nascita, gli incontri con i scrittori e gli eventi erano meno numerosi di oggi, ma io li ricordo tutti gratuiti.
Inoltre il Circolo la mattina era aperto agli insegnanti e ai loro allievi con spettacoli teatrali e letture. Il costo della partecipazione era, se non erro, due euro a persona.
Poi la crisi del 2008? le leggi che hanno modificato i bilanci del Comune?
Insomma lentamente molti incontri sono diventati a pagamento, compresa la tessera.
Ci sono stati anni in cui gli studenti e i loro insegnanti non hanno più avuto accesso al Circolo per mancanza di programmazione adeguata.
In ogni caso io considero il Circolo dei Lettori una delle “restituzioni” alla cittadinanza delle tasse, in altre parole un servizio ai cittadini.
Un luogo dove leggere e riflettere insieme ad altri, cosa rara in questi tempi segnati dalla velocità e dalla superficialità.
Io ne sono orgogliosa al punto che ogni mio ospite, come ogni mio allievo, li invito a salire lo scalone di Palazzo Graneri della Roccia, ad ammirare la bellezza dell'appartamento e ad assistere a qualche evento.
Imperdibili: Torino Spiritualità e i gruppi di lettura.

Buon compleanno, Circolo.

lunedì 3 ottobre 2016

DISTINTI ANIMALI 2




















Il dialogo finale di Torino Spiritualità del 2016 verte sulla domanda cruciale:

quando, perchè e in che modo gli esseri umani hanno smesso di essere solo dei grandi mammiferi?

e si è svolto al Teatro Carignano tra Francesco Cavalli-Sforza e Vito Mancuso con Armando Buonaiuto

Provo a sintetizzare i loro ragionamenti.

Per Francesco Cavalli Sforza (FCS per il prosieguo del post) è errato pensare che noi siamo più evoluti degli altri animali, visto che l'evoluzione si misura in generazioni.
FCS identifica nella liberazione delle mani dell'uomo, che si alza in piedi, il momento cruciale, perchè le mani diventano oggetto della percezione e soggetto del fare e con le mani nasce la tecnologia.
Grazie alla tecnologia l'uomo migliora la sua vita, si moltiplica e si sposta nei vari continenti.
L'uomo diventa perciò tale nel momento in cui inizia a comunicare e a progettare.

Per il teologo Vito Mancuso noi siamo più evoluti degli altri animali in quanto siamo gli unici animali ad essere liberi, noi possiamo liberarci dai bisogni naturali, noi siamo consapevoli e creativi.
L'uno chiama la differenza tra essere umano ed essere animale capacità di progettare, l'altro la chiama consapevolezza e creatività.

Mi pare che le loro posizioni siano molto più vicine di quanto non appaia, anche se il primo ritiene che non siamo i più evoluti e il secondo sì.
Nel corso del dialogo ho sentito riecheggiare dentro di me l'idea freudiana della sublimazione dell'impulso sessuale o aggressivo nell'arte, nella musica, nella letteratura, in altre parole nella creatività e nell'ingegno.
Noi, liberandoci dei nostri bisogni naturali, riusciamo a realizzare opere meravigliose.
Ma noi sappiamo anche distruggere.
Emerge quindi insieme alla libertà l'eterno problema del male, che solo noi uomini sperimentiamo, insieme al dubbio.
Il dialogo ha evidenziato la difficoltà di identificare la distanza o la vicinanza tra noi e gli animali, ma soprattutto la difficoltà di definire l'uomo in sé e per sé.

Ho iniziato il percorso in compagnia di una storia di uomini ciechi, in preda a istinti bestiali pur di sopravvivere. L'unica donna vedente era colei che era solidale e consapevole.
Ho concluso il percorso ascoltando un biologo e un teologo riflettere sulla creatività e sulla consapevolezza, espressioni tipiche dell'essere uomini.

Io aggiungo che noi siamo uomini quando diventiamo consapevoli della Vita di cui il mondo è pervaso e sappiamo fare tesoro di questo sapere per il bene di tutti.
Diversamente diventiamo bestiali, ma non nel senso di simili agli animali, bensì nel senso che noi rinneghiamo la nostra specificità e ci lasciamo andare agli istinti senza la consapevolezza delle nostre potenzialità cresciute a dismisura nel corso dei millenni di storia.


sabato 1 ottobre 2016

CECITA' J. SARAMAGO



In un luogo e in un tempo indefiniti si svolge la vicenda di un'epidemia di cecità tra gli esseri umani.
Gli uomini, uno alla volta si immergono in un mare di latte.
La cecità non è così, dice l'oculista al primo cieco che si reca da lui, e così ripetono le autorità sanitarie, ma inesorabilmente uno alla volta racconta di questa nebbia, che avvolge tutti , tranne uno, una donna, la moglie dell'oculista.
Il premio Nobel mette a nudo la natura umana, intrisa di indifferenza e di cattiveria.
Descrive la reazione delle autorità politiche: isolare e abbandonare al loro destini i ciechi.
Descrive la reazione dei ciechi: ognuno cerca di salvare se stesso, quando non cerca di sopraffare l'altro, tranne lei, la moglie del medico, salvatrice di tutti.
Descrive la reazione della Chiesa: le immagini sacre sono state bendate. Anche loro cieche.
Nessun protagonista ha un nome: ci sono il medico, sua moglie, il primo cliente, la donna dagli occhiali scuri, il ragazzino strabico, il vecchio dalla benda nera, il ladro, un poliziotto, un'autista di taxi, il cane delle lacrime e via così.
Quando tutti sono diventati ciechi, tranne lei, quando il cibo inizia a scarseggiare ovunque, quando la città è in preda al caos, una sera la donna legge un libro e poco dopo inizia il miracolo.
Uno alla volta,il primo cieco per primo e in successione tutti, tornano a vedere.
Ciechi che vedono, ciechi che pur vedendo, non vedono”.
Non resta altro da dire, Saramago ha detto tutto sulla natura umana.

Il 28 settembre, nell'ambito di Torino Spiritualità, l'attrice Angela Finocchiaro ha letto al Teatro Carignano la riduzione teatrale operata dal curatore di Torino Spiritualità, Armando Buonaiuto.
Nella riduzione di Buonaiuto la lettura diventa la causa del ritorno della vista del primo gruppo di ciechi.
Ascoltare per comprendere.
Un ottimo inizio di riflessione.




D'ISTINTI ANIMALI



Il 28 settembre è iniziata la XII edizione di Torino Spiritualità a Torino che terminerà domani, 2 ottobre 2016.

Per me è un appuntamento importante, che aspetto, che frequento dai tempi di “Domande a Dio”, mai sazia di aggiungere nuove prospettive alla nostra dimensione.

Spiritualità è in senso lato  l’insieme degli elementi che caratterizzano i modi di vivere e di sperimentare realtà spirituali, sia con riguardo a forme di vita religiosa, sia con riferimento a movimenti filosofici, letterarî e simili.(Treccani).

La realtà spirituale è ciò che attiene allo spirito, termine che significa in greco “respiro, aria, soffio animatore”.

Quest'anno l'argomento è originale, in quanto si riflette sul mondo animale, mondo separato da noi, distinto, ma anche mondo ricco d'istinti per cercare di cogliere la “soglia” tra gli uomini e gli animali.
Su questo gioco di parole si sta svolgendo “Distinti animali”.
Come sempre molti gli incontri con filosofi, teologi, scrittori, scienziati.

Chiunque di noi abbia accolto nella propria casa un animale si è facilmente reso conto dell'intelligenza e dell'emotività dell'animale domestico, si è affezionato al punto da soffrire quando è avvenuto il distacco.

Riflettere sulla vita animale mi ricorda il giainismo che predica il panpschismo: tutto ciò che esiste nel mondo possiede un'anima, non solo gli animali, ma anche le piante, le pietre, le gocce d'acqua e poiché il rispetto per la vita costituisce il primo e più importante comandamento, il monaco deve, quando cammina, spazzare la via dinanzi a sé e gli è proibito uscire dopo il tramonto, affinché non rischi di uccidere qualche animaletto.

Affrontare questo tema, oggi, mentre noi ascoltiamo al telegiornale i continui bollettini di guerra dalla Siria o dalla Libia, i morti negli attentati nel mondo, i migranti che muoiono nel tentativo di cambiare vita, ecco, tutto questo a me ricorda Orwell, che nel “ La Fattoria degli animali” scrisse:

quattro gambe buono, due gambe cattivo”