lunedì 23 ottobre 2023

Festival della fotografia etica di Lodi

                                                                 ...sono le azioni che contano. i nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintantoché non vengano trasformati in azioni. sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo. Mahatma Gandhi.

NO, i bambini no

E piange. Io le accarezzo il braccio, lei si gira e si allontana. Non la ritrovo più nelle stanze e davanti alle foto che raccontano storie.

Dieci spazi espositivi dislocati nel centro di Lodi dove immergersi in un affresco del mondo contemporaneo attraverso le foto di tanti fotografi.

Si tratta del Festival della fotografia etica. Non so perché abbiano deciso di usare l’aggettivo “etico”. Io avrei preferito “sociale”.

Dei dieci spazi ne ho visitati cinque e ti assicuro che ho ben presto iniziato a sentirmi svuotata.

Ogni foto è una storia: alcune le conosco altre no. Tutte insieme queste storie di sofferenza mi annientano.

Incrocio gli occhi di una giovane donna dietro di me: piange. Le tocco il braccio in segno di condivisione della sua sofferenza e lei dice: No, i bambini no.

Le foto in questione provengono da Mariupol, Ucraina. Una in particolare fece il giro del mondo in pochissime ore: una donna sdraiata su una barella con una mano sul pube insanguinato a cercare di trattenere il suo bambino, a cercare di salvarlo con un gesto materno. Intorno a lei e ai militari che la trasportano, distruzione, fumo e morte. Altri sanitari, di un altro ospedale provano a salvare il bimbo con un cesareo, ma il bimbo nasce morto e anche lei dopo poco muore.  Il fotografo si chiama Evgeniy Maloletka, vincitore del Concorso Internazionale del Festival della fotografia etica di Lodi con “The siege of Mariupol”. Io non ho fotografato né questa foto, né le altre, tutte intorno alla battaglia di Mariupol (24.02.2022-20.5.2022). Per i Russi l’ospedale era un covo di combattenti ucraini e non presidio medico. Nella città in quei giorni non c’era l’elettricità, non arrivavano i viveri e i corridoi umanitari erano chiusi.

Una fila di persone in silenzio sfila in coda rispettosamente davanti alle immagini di nonni abbracciati ai nipoti morenti, alle fosse comuni, alle città fantasma. I visi che ho accanto esprimono dolore. Io cammino silenziosamente e in raccoglimento.

Difficile non collegare questa situazione bellica ad un’altra che vede il mondo sospeso in questi giorni e milioni di persone soffrire indicibilmente.

Anche in questa nuova e vecchissima guerra dei bambini sono stati uccisi barbaramente.

Difficile non pensare che la guerra in Ucraina non è terminata, che di Mariupol ce ne sono state tante e che i focolai di guerra sono aumentati.

No, i bambini no.

Dovrebbe diventare un mantra da ripetere casa dopo casa, via dopo via, ufficio dopo ufficio, di piazza in piazza.

No, i bambini no.

La mostra si trova a Palazzo Barni e tutte le altre foto, gli altri progetti, per quanto interessanti, perdono ai miei occhi di interesse.

Lodi è inondata dal sole dalle persone che vagano, come noi, con la cartina in mano, da luogo a luogo. I ristoranti in Piazza della Vittoria sono al completo.

 


Nell’ex-Chiesa dell’Angelo mi ricreo a contemplare fotografie di maestri della fotografia naturalistica. Una boccata di ossigeno, “La Natura è il nostro rifugio”, così si intitola la mostra e così è, spesso.

 


La crisi climatica, come un colpo al cuore, viene mostrata in tutta la sua terribile realtà presso il Palazzo della Provincia, nel chiosco del Monastero di San Cristoforo.

Foto di incendi, di  inondazioni, di ghiacciai ridotti al nulla, di invasione di plastica si susseguono implacabilmente in un affresco della distruzione del nostro pianeta.

 


Ancora un luogo, la Banca Popolare di Lodi, per la mostra ufficiale World Press photo. In questi giorni è visitabile anche a Torino.

E qui, tra le centinaia di foto, ne scelgo una: una donna iraniana.




Non aggiungo altro sui contenuti delle storie che emergono dalle foto, che documentano, interrogano, scuotono. Ti invito ad andare a Lodi.

Due parole è doveroso aggiungerle sui fotografi:  fotografare durante i combattimenti o durante un incendio, immortalare una donna senza velo al tavolino di un bar in Iran tra altre completamente coperte dai loro veli neri, è estremamente rischioso per ogni fotografo. Rischiano di morire o di essere incarcerati. 

La fotografia è molto di più del semplice scattare foto: è uno stile di vita.

E' quello che senti, quello che vuoi esprimere, è la tua ideologia e la tua etica.

E' un linguaggio che ti permette di cavalcare l'onda della storia. 

Sebastiao Salgado

Chi di noi legge e ascolta le testimonianze sa ciò che è accaduto e ciò che sta accadendo, giorno dopo giorno.

Una domanda per me e per te lettore e lettrice: a cosa serve sapere?

Il festival della fotografia di Lodi sarà visitabile anche il prossimo weekend.

 

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