lunedì 23 maggio 2022

NESSUN AMICO SE NON LE MONTAGNE


 

Questa recensione ha avuto bisogno di tempi lunghi.

Conobbi la storia di Behrouz Boochani grazie ad un incontro organizzato da Torino Spiritualità. Credo fosse il 2019.

Una storia incredibile e contemporaneamente una storia che purtroppo ricalca mille e mille storie di tanti essere umani in ogni luogo e in ogni epoca.

Oggi ho deciso di accennarti qualcosa, affinché la curiosità di leggere il libro si accenda in te.

R. Flanagan nella sua prefazione all’edizione australiana scrive:

Nessun amico se non le montagne è un libro che, a buon diritto, può occupare un posto sullo scaffale della letteratura carceraria mondiale accanto a opere tanto diverse come il De profundis di O. Wilde, i Quaderni del carcere di A. Gramsci, L’uomo è morto di W. Soyinka e Lettere dal carcere di Birmingham di M. L. King”.

2013: Behrouz Boochani è un giornalista e dissidente politico iraniano. Decide di partire per l’Australia. E qui inizia la sua Odissea, il lungo viaggio da profugo, prima in Indonesia poi in nave verso l’Australia alla ricerca della libertà. Affronta un drammatico naufragio e quando arriva “quel fazzoletto di terraferma rappresenta una terra di libertà. Qualche istante dopo, ricevo il mio primo regalo da parte dell’Australia. Un paio di infradito, posto dinnanzi ai miei piedi feriti e al mio corpo malandato”

“Un uomo scheletrico dagli occhi chiari

Con un libro di poesie inzuppato

I piedi stretti in un paio di infradito

Non c’è altro.

Poche ore dopo apprese che la politica australiana sulle frontiere era così rigida da stabilire che chi entrava clandestinamente veniva inviato in campi di detenzione.  Il nostro autore venne recluso sull’isola di Manus, sperduta in mezzo nell’Oceano, in Papua Nuova Guinea.

Behrouz crede nella forza trasformatrice delle parole e decide di inviare messaggi di testo e messaggi vocali  in persiano al suo amico Omid Tofighian, attivista per i diritti dei profughi.

Messaggio dopo messaggio si forma il libro, che è stato tradotto e letto in tutto il mondo prima della liberazione del suo autore e grazie al quale ha vinto dei prestigiosi premi letterari.

Lo scrittore descrive l’utilizzo strategico di fame, sete, insonnia, malattia, pressione emotiva e psicologica come strumenti di tortura. Descrive il sistema Kyriarcale, cioè l’intersecare sistemi sociali che si rafforzano e si moltiplicano allo scopo di punire, soggiogare e reprimere.

Immaginate una comunità di quattrocento persone abbandonate in una gabbia rovente e sudicia, traumatizzate dal rumore spaventoso delle onde che risuona nelle loro orecchie e dalla visione di un barcone fatiscente fissa davanti agli occhi……non c’è alcuna possibilità di avere un quaderno e una penna…il caldo è debilitante. A mezzogiorno i nostri corpi cominciano a dare segni dell’effetto dei raggi del sole, che penetrano attraverso i passaggi aperti della prigione.”

Un piccolo assaggio dello stile dell'autore, testimone attento e lucido.

La domanda di asilo politico di Boochani è stata accolta dalla Nuova Zelanda il 23.07.2020.

Ho cercato delle foto di questo uomo che è riuscito in un’impresa apparentemente impossibile e ho visto occhi che mi hanno scavato dentro, mi hanno interrogato, ho visto un corpo magro che ha lottato per sopravvivere. Vorrei sapere di più di lui, oggi.

La sua denuncia non cerca di commuoverci, ma ciò che racconta ha lo scopo di mostrarci la tortura sistematica e l’industria delle frontiere. Una testimonianza storica  per onorare coloro che sono stati uccisi e coloro che stanno ancora soffrendo.

Se abolissimo le frontiere, non ci sarebbe bisogno di permessi di soggiorno e non scoppierebbero le guerre. Sono la solita inguaribile utopista, ma non vedo altro rimedio.

 

 

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