domenica 2 febbraio 2020

UNA RIVOLUZIONE POSITIVA



Ho letto due anni fa la storia di Elena Marinucci scritta da mia sorella Anna Maria nel libro “Una rivoluzione positiva. Conversazioni con Elena Marinucci”.
Oggi, mentre riordinavo i libri, l’ho ritrovato e mi sono ricordata del mio interesse quando lo lessi. Non avevo mai sentito nominare questa donna, che è stata senatrice della Repubblica e deputata europea, ma soprattutto ha difeso strenuamente i diritti delle donne negli anni ‘70 e ‘80, gli anni che hanno cambiato radicalmente la condizione della donna in Italia.
Capii allora che la storia della senatrice Marinucci e delle donne che hanno dato un enorme contribuito alla storia dei diritti della donna italiana era da divulgare.
Nel libro infatti si disegna la storia di un periodo politico e di un mondo di donne, tutte molto impegnate e attive nella difesa dei diritti delle donne.
Donne per lo più socialiste, oltre che comuniste: ancora nel 2017, anno di pubblicazione del libro, il socialismo era un tabù, dopo la vicenda Craxi. Trovai importante da parte di una storica mettere in luce attraverso la sua ricerca il valore delle riforme e delle istituzioni volute in quegli anni.
Oggi a venti anni dalla morte, molti sono andati sulla sua tomba mentre un film ricorda gli ultimi mesi della sua vita, ma la sua storia è ancora da scrivere.
Dopo molte presentazioni del libro in Italia, anche a Torino, mi accingo a recensirlo, per fare conoscere anche a te lettore, lettrice quegli anni che io ho vissuto da adolescente e giovane donna. Furono anni pieni di speranza, quella di poter cambiare il corso secolare delle consuetudini, delle tradizioni e delle leggi che incarnavano quel modo di stare al mondo.
Raccontare la storia delle donne significa evitare che scompaiano dalla storia.
Elena Marinucci vive all’Aquila e negli anni Quaranta può scegliere la sua strada: frequenta prima il Liceo Classico e poi Giurisprudenza a Roma. Sposa un avvocato socialista che avrà una brillante carriera come deputato e infine come Consigliere di Stato.
Elena, madre di due figli e procuratore legale, sostituisce il marito in studio fin quando nel 1965 supera il concorso per l’insegnamento e diventerà docente di Diritto, economia e scienze delle finanze presso l’ITC dell’Aquila.
 Si iscrive all’Unione delle Donne Giuriste e inizia a partecipare ai dibattiti pubblici di quegli anni sulla necessità di riforme, in particolare la riforma del diritto di famiglia.
Torniamo a quegli anni e analizziamo lo stato delle leggi.
·       I figli nati al di fuori del matrimonio non erano riconoscibili giuridicamente
·       Le ragazze rapite e abusate venivano costrette dalla famiglia al matrimonio riparatore
·       La violenza sulle donne era chiamata delitto d’onore
·       Una donna sposata e sorpresa con un altro uomo era condannata per adulterio e imprigionata, mentre per l’uomo la stessa sanzione scattava solo se “pubblico concubino”
·       Le madri non avevano podestà sui figli
·       Le mogli erano sottoposte alla potestà maritale fino allo jus corrigendi
·       Le donne laureate in giurisprudenza, fino al 1963, non potevano partecipare ai concorsi per la carriera in magistratura, come si evince da questo stralcio:
1. Evidentemente il Ministro Moro, o non conosce la donna, o si dimentica della tremenda gravità e difficoltà della funzione del giudicare!
Funzione, che richiede intelligenza, serietà, serenità, equilibrio; che va intesa come “missione”, non come “professione”; e vuole fermezza di carattere, alta coscienza, capace di resistere ad ogni influenza e pressione, da qualunque parte essa venga, dall’alto o dal basso; approfondito esame dei fatti, senso del diritto, conoscenza della legge e della ragione di essa, cioè del rapporto – nel campo penale – fra il diritto e la sicurezza sociale; ed, ancora, animo aperto ai sentimenti di umanità e di umana comprensione, ed equa valutazione delle circostanze e delle ragioni che hanno spinto al delitto, e della psiche dell’autore di esso; coscienza della gravità del giudizio, e della gravissima responsabilita del “giudicare”.
Elementi tutti, che mancano – in generale – nella donna, che – in generale – “absit injuria verbis” – è fatua, è leggera, è superficiale, emotiva, passionale, impulsiva, testardetta anzichenò, approssimativa sempre, negata quasi sempre alla logica, dominata dal “pietismo”, che non è la “pietà”; e quindi inadatta a valutare obbiettivamente, serenamente, saggiamente, nella loro giusta portata, i delitti e i delinquenti.[1]

In generale le donne non potevano accedere a determinati concorsi, come successe a Rosa Oliva che laureatasi in Scienze politiche avrebbe voluto accedere alla carriera prefettizia,  ma il concorso bandito dal Ministero degli Interni prevedeva come requisito l’appartenenza al sesso maschile. Rosa Oliva fece ricorso in base all’articolo 3 della Costituzione[2] e lo vinse con sentenza del 1960 cui seguì la legge del 1963 che consentì alle donne l’accesso a tutti i concorsi, ad esclusione della carriera militare, per la quale bisogna aspettare il 1999.
Era necessario questo antefatto, per comprendere meglio le enormi difficoltà che la senatrice incontrò sia nella società, sia nel partito socialista.
Il primo impegno politico di Elena fu quello di collaborare per difendere la legge Fortuna-Baslini (legge sul divorzio) dal referendum abrogativo voluto dalla DC.
Subito dopo si affrontò lo scottante tema dell’aborto: la legge 194 fu approvata nel maggio del 1978 e nel 1981 gli italiani furono chiamati al referendum abrogativo. Anche in questa occasione Marinucci spende tutte le energie possibili per parlare con tutti, in ogni angolo, balcone, scala, piccolo centro e anche quella legge fu approvata dagli italiani.
Fino a quel momento Marinucci aveva collaborato con moltissime associazioni di donne, aveva fondato la Lega delle donne per il socialismo, con Boniver ed era la Responsabile della Sezione Femminile Nazionale del P.S.I.
Il suo impegno da questo momento in poi è quello di dare alle donne il diritto di partecipare a pieno titolo alla vita di un partito e non essere relegate nella Sezione femminile.
Nel 1983 Craxi candida Marinucci al Senato, che ancora una volta vince la scommessa. Senatrice fino al 1994, a lei dobbiamo la legge per la riduzione dei tempi di attesa per il divorzio, e la tenacia e la competenza con cui propose e difese invano la necessità della legge sulla violenza contro le donne che sarà approvata soltanto nel 1996, quando Elena è già europarlamentare.
Il nome di Elena Marinucci è legato soprattutto alla storia della Commissione nazionale per la realizzazione della parità tra uomo e donna, che volle fortemente e di cui fu la prima presidente. Siamo nel 1984. L’attività di quegli anni fu molto intensa, come si evince dai capitoli centrali del libro.
Concludo questo excursus, per segnalare alle giovani lettrici che nessuna conquista, nessun diritto è definitivo, ma che è necessario essere sempre vigili affinché ciò che le nostre madri conquistarono con enormi fatiche non venga vanificato da ritorni di leggi oscurantiste.
Ultima considerazione: la rivoluzione delle donne degli anni Sessanta e Settanta è stata pacifica e vincente.
Evviva le donne.


[1] Ranelletti, La donna giudice, 1957
[2] Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.


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