giovedì 22 giugno 2017

CRESCERE E' MAGICO

Devo averlo già scritto da qualche parte che per me è una gioia rivedere i miei allievi, parlare con loro, ricevere le loro visite o i loro messaggi.
Sarò una persona romantica, ma vederli crescere mi piace moltissimo.
Giorni fa ho incontrato due uomini, sì certo ragazzi anagraficamente, alle prese con il primo lavoro, il primo impegno di volontariato, con i primi amori, ma fisicamente due uomini, giovani e forti, solidi nei principi così come lo erano da giovanissimi, quando sedevano nei banchi della scuola media.
Invece ieri ho incontrato una donna molto diversa dalla bambina che avevo conosciuto. Sicura, coraggiosa, mi ha raccontato i suoi progetti di vita e emanava intorno a sé benessere, il benessere che nasce dal piacersi, dall’aver trovato la strada.
Io ho gioito per lei, certamente e per me, anzi per tutta la scuola italiana.
Ho gioito perché lei è portatrice di protesi acustiche, insomma è audiolesa e a 12 anni seguire le lezioni, scrivere un testo, esprimersi, raccontare erano imprese ardue. Ho negli occhi i suoi occhi attenti, che volevano afferrare le parole che uscivano dalle mie labbra e che spesso non arrivavano alle sue orecchie, intercettate dal rumore di una classe numerosa e vivace: penne che cadono a terra, porte che si aprono, circolari che si dettano, starnuti, colpi di tosse, fogli strappati, commenti sarcastici, passi dondolanti verso il bagno, anelli di quaderni che si aprono e si chiudono alternativamente, insomma tutto quello che è la vita animata di un gruppo vivo, ma che per lei era solo rumore fastidioso.
Ha sempre eseguito tutto ciò che le veniva chiesto dal corpo insegnante, si è affidata a noi.
Non riusciva a socializzare e spesso i suoi occhi erano velati dalla tristezza.
Spesso soffriva di mal di testa per la tensione di sostenere tutta la situazione.
Quante volte mi sono chiesta come aiutarla di più, cosa fosse meglio per lei: l’alternativa era solo l’isolamento in una classe con la sua insegnante di sostegno. Invece il consiglio di classe scelse diversamente, giustamente, scelse su consiglio delle sue insegnanti di sostegno, il tentativo di un pieno inserimento in classe.
Lei oggi è il frutto di quel progetto, di quel lavoro di equipe, lei oggi è una donna sicura, che affronta ogni giorno le difficoltà della sua situazione, con coraggio e spirito di iniziativa: sta studiando il linguaggio dei segni per poter essere utile ad altri come lei.
Sta terminando il corso di studi superiori senza particolari difficoltà, segno che i colleghi del nuovo corso  hanno continuato sulla linea dell’integrazione, quello che tutta la scuola italiana da molti anni persegue con fatica, con tenacia. A volte i risultati non si vedono, sembra così, perché nei giovani è il tempo la misura della validità di un progetto.
Lo ripeterò fino alla nausea: non si possono misurare i progetti educativi come i progetti materiali. Una cosa è assemblare pezzi per costruire una macchina, altra cosa è sognare per un essere umano una vita, quella più adatta a lui/lei e provare ad indicare delle strade da percorre, in parte insieme e in parte da soli. Nessuno può sapere cosa succederà e quando.
E’ stata proprio lei ieri che mi ha detto che non sarebbe la donna che oggi è, perché è donna, questa estate lavorerà, ha conseguito la patente, progetta, ama, se fosse stata accompagnata da altre persone problematiche, se non avesse avuto la possibilità di confrontarsi quotidianamente con altri, di provare, cadere e riprovare.
Ieri non smetteva più di raccontare di sé e tutte le sue frasi erano chiare e efficaci.
Credetemi, sono veramente felice.



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