martedì 3 maggio 2016

LA SETTIMANA DEGLI INSEGNANTI 2-8 MAGGIO 2016





Bello, non posso mancare assolutamente a questo appuntamento.

Caro lettore, non posso proprio, perché io credo che ogni lavoro sia interessante se piace, ma a me è piaciuto molto e piace ancora “insegnare” e quindi non posso non raccontare, qui, nel mio blog, una breve storia che riguarda una mia cara insegnante del liceo.
Prima due parole sull'insegnare e insegnante.
Intorno all'insegnante ci sono mille storie da raccontare, mille giudizi, mille delusioni, mille speranze, come sempre, quando si ha a che vedere con le persone.
Certo, perché il nostro lavoro, insomma il lavoro degli insegnanti è fondamentalmente riassumibile in: ho voglia di raccontarti quanto sia affascinante, straniante, avvolgente, coinvolgente imparare! Non posso proprio non comunicartelo, proprio a te, mi sembra di morire se non te lo racconto.
Ragazzo, adulto, non importa, fammi domande e insieme andremo a cercare delle risposte, ma non accontentiamoci mai delle risposte troppo facili e rassicuranti, piuttosto poniamo altre domande, dubbi, critiche, creiamo insieme altro e altro ancora, in un crescendo che permetta all'uomo di essere sempre migliore, di stare sempre meglio, di vivere sempre meglio, di essere umano.
Insegnare quindi vuol dire continuare a studiare e chi ama studiare non può che goderne profondamente.
Insegnare quindi vuol dire continuare a crescere e non da soli, ma insieme a chi si incontra, per caso, in un'aula e al quale ci si affeziona terribilmente.

Ecco, ora il ritratto della mia Professoressa di italiano, alla quale devo molto e devono qualcosa anche i miei alunni, perché la nostra vita è una catena di relazioni, che alimentano o che uccidono ciò che noi portiamo dentro.



Una mattina entrò in classe, come sempre, ma diversamente da sempre si rivolse a me, proprio a me.
Era piccola di statura e magra. Capelli biondo scuro, molto frizzante, allegra direi, acuta.
In classe eravamo 25, disposte a ferro di cavallo, erano anni ruggenti, di contestazione su tutto e su tutti, anche sulla disposizione dei banchi. Nella mia scuola, una severissima scuola di Suore Orsoline, sita a Roma, in realtà l'unica conquista che avevamo ottenuto era stata la disposizione dei banchi.
Ecco, entrò e si rivolse a me, chiedendomi scusa per non aver ancora spiegato Mazzini, mi aveva sognato la notte e io nel sogno le ricordavo di spiegarcelo.
La mia professoressa di italiano del liceo classico mi rapì con le sue spiegazioni, con il consigliarmi alcuni libri da leggere, con i complimenti quando mi consegnava il tema in classe, con la sua autentica passione per noi, per me.
Mentre scrivo mi chiedo, per la prima volta in vita mia, perché si sia a volte scusata con me.
Anche il giorno in cui affrontai la tanto temuta prova orale della maturità, durante la quale fui brillante, lei mi telefonò a casa e mi disse di non soffrire se il voto non sarebbe stato quello che meritavo e che mi aspettavo, che lei, membro interno, aveva provato senza riuscire a convincere la commissione sulle mie capacità.
Mi stupiva sempre questa sua attenzione per un'alunna, cosa rara nei docenti, allora.
Il voto fu piuttosto basso in effetti, rispetto alle mie aspettative e preparazione: l'esame di maturità divenne un sogno ricorrente fino al riscatto che avvenne con la laurea.
Lei ha sempre creduto in me, ha saputo intuire ciò che con gli anni avrei capito, ovvero la passione per la lettura, per la scrittura, per i racconti orali, scritti, visivi, musicali non importa tanto il mezzo, quanto il raccontare e il raccontarsi.
Lei lo aveva capito prima di me e questo ha fatto di lei un'ottima insegnante.
L'anno della mia maturità Adele, così si chiamava, aveva scoperto di avere un cancro, ma nonostante questo ci accompagnò al nostro esame. Mi raccontava che avrebbe dovuto camminare tanto, così i medici Le avevano consigliato, ma non aveva tempo, doveva lavorare.
Morì qualche anno dopo, io vivevo in un'altra città e lo seppi quando il funerale era già stato celebrato, ma ogni volta che tocco alcuni libri, quelli che Adele mi aveva suggerito di leggere, il mio pensiero corre a lei e la ringrazio.
Da lei, ora capisco, ho imparato come insegnare.
Si chiamava Prof.ssa Adele Carosi.

3 commenti:

  1. Bellissimo. Ho avuto prova che il tuo pensiero che ripeto di seguito non è solo una posizione estetica ma il tuo reale modo di essere: " Ragazzo, adulto, non importa, fammi domande e insieme andremo a cercare delle risposte, ma non accontentiamoci mai delle risposte troppo facili e rassicuranti, piuttosto poniamo altre domande, dubbi, critiche, creiamo insieme altro e altro ancora, in un crescendo che permetta all'uomo di essere sempre migliore, di stare sempre meglio, di vivere sempre meglio, di essere umano." Brava, concordo!

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    1. Grazie! Meno male che tu hai commentato. Mi fa piacere.
      ciao.

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  2. Bellissimo! Sì hai avuto la grazia di diventare una vera insegnante. C'è ne fossero come te!

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