Il
protagonista dell'ultimo romanzo di M. Serra, Giulio Maria, è un
disorientato e un insodisfatto.
Ha
37 anni, vive con la madre vedova e la sua ex professoressa del
liceo, è fidanzato con una donna sempre connessa, ha un lavoro
precario che ritiene inutile, dovendo catalogare l'esultanza dei
calciatori dopo il gol.
Il
non senso della vita trapela in tutte le pagine, intrecciato
all'insoddisfazione per tutto, per il luogo dove vive, Capannonia,
per i selfie, per l'esibizionismo, per l'abuso dell'iphone, che
chiama egofono, per tutti gli uomini che trova ingombranti, perchè
camminano a testa in giù, discutendo con un ignoto interlocutore.
“Il
lontano sta diventando molto più importante del vicino e siccome il
vicino è la realtà e il lontano è l'astrazione, noi stiamo facendo
deperire ciò che abbiamo a vantaggio di ciò che ci illudiamo di
avere”
Ecco,
di tutta la storia di questo ragazzo, che ragazzo non è,
insofferente alle caratteristiche di una parte della società
contemporanea io ho messo a fuoco questo pensiero.
Privilegiare
il lontano per il vicino, non è solo dell'uomo con la testa bassa,
che digita sul suo iphone, cadendo dalla bici o peggio, provocando
incidenti stradali, ma è tipico di tutti coloro che preferiscono
sognare piuttosto che vivere, direi vagheggiare invece che
confrontarsi.
Forse
oggi corriamo il rischio che questi uomini stiano diventando tanti,
se molti trascorrono la sera a inviarsi messaggi da una stanza ad
un'altra o se, seduti allo stesso tavolo, si preferisca parlare con
terzi lontani.
Torino,
6.02.2016
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