mercoledì 17 febbraio 2016

QUELLI CHE AMANO IL PROPRIO LAVORO N. 2: ROBERTO MANCINI




Nel 2014 lessi sui quotidiani della morte del vicecommissario Roberto Mancini e conobbi la sua storia.
Ritagliai l'articolo per leggerlo ai miei allievi di allora.
Ogni giorno infatti cercavo storie esemplari, per poter contrastare nella mia aula scolastica il cinismo diffuso dai mezzi di comunicazione, che sottolineano in continuazione soltanto i casi di corruzione, di delinquenza e mai i casi di coloro che vivono svolgendo nel modo migliore possibile il proprio lavoro nell'interesse della collettività.
E' quindi questo aspetto che vorrei mettere in luce di Roberto Mancini, come anche il titolo del libro “Io, morto per dovere” evidenzia senza dubbi.
Lo stesso amore per il dovere e per la giustizia che ha animato i numerosi magistrati, giornalisti,agenti delle forze dell'ordine, volontari che in questi anni sono morti nel tentativo di rendere migliore la vita di tutti.
Li chiamiamo eroi e li ricordiamo, chiamandoli uno per uno, il 21 marzo di ogni anno. Sono tanti, sono troppi gli eroi che sono morti per compiere il loro lavoro contro la delinquenza.
La storia del vicecommissario è tornata agli onori della cronaca in questi giorni, grazie ad una produzione della Rai e alle interviste alla moglie e all'attore, Beppe Fiorello.
Per chi non conosca la storia, un breve riassunto. Un poliziotto romano della Criminalpol indaga sul riciclaggio dei rifiuti in Campania con la sua squadra, nell'ambito di un'indagine sull'usura.
Incontra difficoltà di ogni genere, dalla mancanza di mezzi atti all'indagine stessa, quali ruspe per cercare i rifiuti nei campi che via via identificava, all'indifferenza dei superiori e della magistratura.
Continua ad indagare, scava con le sue mani, abbraccia fusti radioattivi per farli esaminare, fotografa, registra, intercetta, scrive informative sul traffico, accompagna al cimitero bambini campani che vivevano nelle terre infette, si ammala insieme a molti dei suoi uomini, muore.
Lo Stato gli riconosce 5mila euro per la sua malattia, contratta sul lavoro.
L'indagine di questa squadra è dei primi anni 90, precedente al libro denuncia di Roberto Saviano, denuncia che è costatata molto cara anche a Saviano, come tutti sappiamo, pubblicata nel 2006.
Il processo ai responsabili del disastro ambientale, dell'inquinamento, delle morti, delle malattie, iniziò nel 2011, è ancora in corso e i responsabili temo che siano ancora liberi.
Questa storia mi indigna per molte ragioni, per la collusione tra potere e camorra, che torna sempre, in ogni indagine, per l'indifferenza dei molti che permettono che queste cose accadano, per la gravità dei danni individuali e collettivi che queste azioni criminali hanno prodotto e che stentano, dopo venti anni a trovare giustizia.
Una giustizia che dovrebbe impedire che altre azioni analoghe vengano realizzate in altri angoli di Italia o del mondo e una politica che dovrebbe trovare una soluzione al problema dei rifiuti.
Molti di noi continuano a dividere la carta dal vetro e dalla plastica, a portare le pile e le medicine nei raccoglitori appositi.
Facciamo bene, ma non possiamo tollerare che altri uccidano ogni giorno, ogni ora la nostra terra e con lei tutti noi.


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