Nel
2014 lessi sui quotidiani della morte del vicecommissario Roberto
Mancini e conobbi la sua storia.
Ritagliai
l'articolo per leggerlo ai miei allievi di allora.
Ogni
giorno infatti cercavo storie esemplari, per poter contrastare nella
mia aula scolastica il cinismo diffuso dai mezzi di comunicazione,
che sottolineano in continuazione soltanto i casi di corruzione, di
delinquenza e mai i casi di coloro che vivono svolgendo nel modo
migliore possibile il proprio lavoro nell'interesse della
collettività.
E'
quindi questo aspetto che vorrei mettere in luce di Roberto Mancini,
come anche il titolo del libro “Io, morto per dovere”
evidenzia senza dubbi.
Lo
stesso amore per il dovere e per la giustizia che ha animato i
numerosi magistrati, giornalisti,agenti delle forze dell'ordine,
volontari che in questi anni sono morti nel tentativo di rendere
migliore la vita di tutti.
Li
chiamiamo eroi e li ricordiamo, chiamandoli uno per uno, il 21 marzo
di ogni anno. Sono tanti, sono troppi gli eroi che sono morti per
compiere il loro lavoro contro la delinquenza.
La
storia del vicecommissario è tornata agli onori della cronaca in
questi giorni, grazie ad una produzione della Rai e alle interviste
alla moglie e all'attore, Beppe Fiorello.
Per
chi non conosca la storia, un breve riassunto. Un poliziotto romano
della Criminalpol indaga sul riciclaggio dei rifiuti in Campania con
la sua squadra, nell'ambito di un'indagine sull'usura.
Incontra
difficoltà di ogni genere, dalla mancanza di mezzi atti all'indagine
stessa, quali ruspe per cercare i rifiuti nei campi che via via
identificava, all'indifferenza dei superiori e della magistratura.
Continua
ad indagare, scava con le sue mani, abbraccia fusti radioattivi per
farli esaminare, fotografa, registra, intercetta, scrive informative
sul traffico, accompagna al cimitero bambini campani che vivevano
nelle terre infette, si ammala insieme a molti dei suoi uomini,
muore.
Lo
Stato gli riconosce 5mila euro per la sua malattia, contratta sul
lavoro.
L'indagine
di questa squadra è dei primi anni 90, precedente al libro denuncia
di Roberto Saviano, denuncia che è costatata molto cara anche a
Saviano, come tutti sappiamo, pubblicata nel 2006.
Il
processo ai responsabili del disastro ambientale, dell'inquinamento,
delle morti, delle malattie, iniziò nel 2011, è ancora in corso e i
responsabili temo che siano ancora liberi.
Questa
storia mi indigna per molte ragioni, per la collusione tra potere e
camorra, che torna sempre, in ogni indagine, per l'indifferenza dei
molti che permettono che queste cose accadano, per la gravità dei
danni individuali e collettivi che queste azioni criminali hanno
prodotto e che stentano, dopo venti anni a trovare giustizia.
Una
giustizia che dovrebbe impedire che altre azioni analoghe vengano
realizzate in altri angoli di Italia o del mondo e una politica che
dovrebbe trovare una soluzione al problema dei rifiuti.
Molti
di noi continuano a dividere la carta dal vetro e dalla plastica, a
portare le pile e le medicine nei raccoglitori appositi.
Facciamo
bene, ma non possiamo tollerare che altri uccidano ogni giorno, ogni
ora la nostra terra e con lei tutti noi.
Nessun commento:
Posta un commento