Questa notte ho iniziato a
scrivere con il pensiero, mentre ero sdraiata a letto sperando di
addormentarmi, un pezzo (un post) sul tema della diversità.
Inutile dirti, caro lettore e
cara lettrice, che in questi giorni è un tema della campagna elettorale.
Le idee nascevano senza alcun
problema, fluidamente, ma la stanchezza mi ha impedito di alzarmi ed iniziare a
scrivere.
Chi di voi mi segue sa già
quanto io apprezzi la diversità: è presente nella natura in modo inequivocabile
ed è la cifra della bellezza.
Non tratterò neanche
dell’abuso della parola “normale”, quando sappiamo bene che la normalità non
esiste.
Tratto della diversità usando
un episodio banale ma esemplificativo.
Questa mattina ho scoperto di
essere stata cancellata dalla chat delle mie vecchie amiche romane del Liceo Classico.
In questi anni ne ho ritrovate 16 su 23: difficile riconoscerci fisicamente a
volte, più facile ritrovare i tratti della personalità di ciascuna di noi. Ho
accettato di essere nella chat perché è l’unico modo per me che abito altrove
da 44 anni di restare in contatto: non sempre concordo con ciò che si scrive,
ma sono sufficiente adulta per saper esercitare qualità come la comprensione e
la pazienza.
Io sono stata considerata
“diversa” da una delle due amministratrici e per questo punita con
“l’esclusione” senza appello, senza spiegazioni, senza discussioni, un click e
via.
E così il mio pezzo sulla
diversità lo modifico alla luce di questo episodio banale, ma a parer mio
significativo, perché invece di condividere foto di tramonti al mare ho avuto
l’ardire di condividere una petizione di Avaaz nella quale si chiede a tutti
gli Stati delle Nazioni Unite di inserire nel trattato di non proliferazione il
divieto di tutti i combattimenti nei pressi di qualsiasi reattore nucleare e la
loro smilitarizzazione per creare una zona sicura.
Mi consola che sono in ottima
compagnia: un nome per tutti, Albert Einstein scrisse con Bernard Russell un
manifesto per scongiurare la guerra atomica. Era il 1955.
Per la condivisione della
petizione sono stata reputata da chi amministra la chat non in linea,
“diversa”. Prima ha cancellato il mio messaggio e dopo ha cancellato me.
Di-verso o di-versa significa,
mi volto verso un’altra direzione, esploro, osservo, provo, sperimento, cerco
altre soluzioni, magari migliori di quelle trovate finora.
Non mi sono candidata come
premier, eppure con l’aiuto della mia cultura classica non ho avuto alcun
dubbio sul significato etimologico dell’aggettivo in questione.
Fin da piccola ho provato
compassione per tutti i “diversi” della Storia.
Ho sofferto con e per gli
Ebrei nei Lager, ma prima per i Pellerossa imbrogliati e derubati della loro Terra
e poi massacrati, per i Maja e gli Aztechi e tutti i popoli conquistati, per
gli Africani deportati e ridotti in schiavitù e prima ancora per tutti gli
schiavi, le donne e i bambini usati e maltrattati per secoli e dopo per i Cambogiani
sotto Pol Pot e per i Russi dportati nel gulag, per gli Argentini gettati dagli
aerei, per i Cileni uccisi e per gli Armeni e oggi per i Palestinesi, i Curdi,
gli Ucraini, gli Yemeniti, le donne afghane, insomma l’elenco è purtroppo molto
lungo di tutti gli uomini che nei secoli sono stati considerati diversi per
qualche motivo arbitrario da chi era apparentemente in maggioranza. So
di aver dimenticato tante minoranze offese, derubate, uccise dalla Birmania
alla Cina, dal Marocco all’Australia, ma come ripeto l’elenco sarebbe lungo.
Puoi però provare tu ad aggiungere popoli al mio elenco.
Voglio fermarmi sulla parola
“apparentemente” perché è importante.
Torno alla mia piccola storia
di esclusione, che uso come esempio, sia chiaro.
L’amministratrice della chat
mi cancella.
Una mia amica mi scrive
preoccupata, vuole sapere da me il motivo dell’esclusione. Si lamenta che
nessuna ha scritto nulla e che si susseguono una dopo l’altra i saluti di
buongiorno con fiorellini e gattini. Lei stessa però non fa nulla, non scrive
nulla.
Mi manda un vocale la seconda
amministratrice del gruppo, dicendomi che vorrebbe che chi ha compiuto questo
piccolo gesto ingiusto si renda conto da sola di ciò che ha fatto. E ovviamente
non fa nulla.
Arriva un terzo messaggio di
stupore da un’altra mia compagna, la mia compagna di banco.
Le altre 13 tacciono con me.
Quindi apparentemente sono d’accordo con chi mi ha cancellato.
Apparentemente, perché in
realtà tre su sedici sono in disaccordo, qualcuna non se ne sarà accorta,
qualcuna avrà altro da fare di urgente, qualcuna ha deciso di ignorare la cosa,
magari già ai tempi del liceo non le ero simpatica e questa è la buona
occasione per “eliminarmi” senza la fatica di metterci la faccia.
Durante una dittatura, coloro che non vengono
perseguitati non sempre considerano i “ diversi” pericolosi o da eliminare, ma, tacciono,
ignorano, non vogliono sapere nulla, hanno paura, non agiscono verso coloro che
violentemente eliminano i diversi. Spesso costoro sono la vera maggioranza. I
paurosi, i titubanti, gli incerti, gli egoisti, gli opportunisti.
Concludo raccontandoti che due
giorni fa osservavo un gregge di pecore. Tutte a testa bassa, tutte unite,
tutte con lo stesso passo, al punto da correre il rischio di infilare la testa
tra le gambe di quella che la precede.
Nessuna di loro andava in
un’altra direzione, nessuna era diversa, erano proprio tutte uguali,
apparentemente. Se poi le osservavi attentamente ognuna di loro aveva forma e
colore diverso, peso e altezza.
Mentre le guardavo pensavo
agli studiosi della psicologia delle masse.
Ora qualcuno mi spieghi come
sia possibile che la stessa platea che applaude la Meloni possa applaudire
Draghi.
La Meloni è stata
all’opposizione del governo Draghi, quindi o applaudi il programma e le idee
della prima o applaudi il secondo.
Questi ed altri sono coloro
che voteranno tra un mese esatto la sorte di tutti noi in piena crisi
climatica, economica e con una guerra vicinissima a noi e molto pericolosa per
tutti.
La mia storia termina
apparentemente bene: la seconda amministratrice mi aggiunge al gruppo. Nessuna
scusa e nessun commento. E’ probabile che qualche mia amica abbia chiesto
spiegazioni, che ci sia stata una discussione.
L’episodio mi è servito per
trattare il tema oggetto di campagna elettorale nel 2022, dopo anni di conquiste
di diritti civili, politici e sociali qualcuno ci vorrebbe tutti uguali. Sembra
che sia necessario sempre ricominciare da capo, nulla è per sempre, chi
comprende il nostro stare su questo pianeta ballerino (“si sta come d’autunno
sugli alberi le foglie” Ungaretti) provi ad essere sentinella, annusi l’aria,
ascolti i rumori e risponda con il cuore.
Accludo la definizione di
diverso ( www.treccani.it).
divèrso agg. e s. m. [lat. divĕrsus,
propr. part. pass. di divertĕre «deviare», comp. di di(s)-1
e vertĕre «volgere»]. – 1. agg. Propr., volto
in altra direzione, in senso proprio e fig.: seguire vie d.; avere
scopi d.; quindi anche alieno, lontano: Ahi Genovesi, uomini
diversi D’ogne costume (Dante). Di qui i sign. più comuni: a. Che
non è uguale né simile, che si scosta per natura, aspetto, qualità da altro
oggetto, o che è addirittura altra cosa (si distingue perciò da differente,
in quanto la differenza può essere anche parziale e per singoli, talora minimi,
aspetti, mentre la diversità è per lo più totale): amendue hanno un
solo orizzòn E d. emisperi (Dante); è così d. da
me!; persone di gusti d.; io la penso in modo d.,
ecc. In matematica, il simbolo grafico, corrispondente alla locuz. «diverso
da», è costituito dal segno di uguale tagliato da un trattino diagonalmente (≠)
oppure verticalmente (?), che rappresenta la negazione del simbolo di
uguaglianza: a≠b si legge quindi «a è
diverso da b». b. letter. Vario di carattere o di
vicende (con questa accezione, è di norma preposto al sost.): E me che
i tempi ed il desio d’onore Fan per d. gente ir fuggitivo (Foscolo);
e con senso più vicino al latino, che si muove in diverse direzioni: negli
errori del d. esilio (Carducci). c. letter.
Insolito, singolare, strano, bizzarro: Cerbero, fiera
crudele e d. (Dante), qui piuttosto «mostruosa»; chi, da
d. cose infestato, sia oltre alla sua speranza riuscito
a lieto fine (Boccaccio); anche aspro, malagevole: Intrammo
giù per una via d. (Dante). 2. agg. Con nomi collettivi,
spec. al plur., quando sia premesso al sostantivo, indica, più che la
diversità, la molteplicità: in d. casi, d. persone, per
d. luoghi, da d. tempo, d. gente,
ecc.; anche in funzione di pronome: saremo in diversi, in parecchi,
in più. Ciò che distingue questo sign. da quello più com. è soprattutto la
posizione, nel sintagma, dell’agg. rispetto al sost.; si confronti infatti il
differente valore di locuzioni quali diverse specie, d. luoghi, per
d. motivi, e specie diverse, luoghi d., per
motivi diversi. 3. s. m. (f. -a) In usi
eufemistici desueti, persona che, per qualche aspetto, carattere o
manifestazione, esce da quella che è tradizionalmente considerata la condizione
«normale», cioè omosessuali, disabili fisici o psichici, ecc.: essere,
sentirsi diverso o un diverso; l’emarginazione dei diversi. ◆ Avv. diversaménte,
in maniera diversa: mi ha trattato diversamente dagli altri; io
la penso diversamente; c’è chi interpreta diversamente; diversamente
abile (v. diversabile). Anche, ma meno bene, altrimenti, in caso diverso, se no: se puoi
aiutarmi, bene, diversamente farò da solo.