Caro lettore e cara lettrice,
molte amiche e amici mi hanno
chiesto perché non scrivo più.
Sono sincera: la situazione
internazionale è tale che credo che servirebbe silenzio da parte di tutti per
trovare la soluzione ai numerosi conflitti che infiammano il mondo.
Sono sincera: i cambiamenti
climatici sono tali che dovremmo tutti non solo spegnere le luci perché la
bolletta è troppo cara, ma dovremmo cambiare proprio radicalmente stile di
vita. Dovremmo ascoltare tutti coloro che ci hanno avvisato invano.
Ho deciso quindi di tornare a
scrivere per parlare di ricerca della felicità e delle scelte necessarie per
tentare di raggiungerla, necessarie e faticose, come tutte le scelte. In
contrasto con la pesantezza di questi tempi che ci rende infelici, perché la
vita è adesso, come canta un nostro famoso cantautore.
Oggi ti racconto la storia di
Peppe, un ingegnere informatico quarantenne che poco prima dell’inizio della
pandemia ha deciso di cambiare radicalmente il suo stile di vita.
Lavorava per un’azienda torinese di consulenza
informatica: la sua vita si svolgeva “seduto” otto, dieci ore al computer trascorse a “correre” per soddisfare i clienti sempre più esigenti, incontrare
i colleghi durante la pausa pranzo e parlare di problemi informatici, impiegare ore per recarsi in macchina, seduto,
nel luogo di lavoro sempre più lontano dal luogo di residenza: correva da seduto per un lavoro che non corrispondeva
minimamente a lui.
Nel tempo libero la sua
passione, condivisa dalla sua compagna, era ed è camminare in montagna a
livello escursionistico.
Fin da bambino camminava per
le strade della sua Calatafimi, da giovane studente del Politecnico camminava per le strade di Torino, un giovane
irrequieto, che solo camminando trovava la pace interiore: camminare era la sua
cura.
Insomma il nostro ingegnere,
che ha studiato per anni e sappiamo tutti quanto si debba studiare per
laurearsi in ingegneria, decide di licenziarsi dal posto fisso e di appassionare altri all’arte del camminare,
alla cura del cammino.
In realtà l’uomo è predisposto per camminare e
non certo per stare seduto, lo dicono chiaramente l’anatomia e la forma delle
ossa. Ma l’uomo del XXI secolo è sedentario, obeso e malato nel ricco
Occidente. Usiamo la macchina, la bici se siamo sportivi, il monopattino
elettrico se siamo alla page, treni e aerei, ignorando quanto un volo aereo
inquini, ma per camminare abbiamo bisogno di trovare amici, conoscenti, guide.
Peppe studia durante i vari
lockdown, nei quali ti ricorderai che era proibito recarsi in montagna, per
diventare guida escursionistica.
Quando in Italia si tornò a
organizzare viaggi, organizzò il suo primo trekking come guida escursionistica
e fu un successo, che lo confermò nella sua scelta.
Ed è proprio grazie ad un
trekking che l’ho conosciuto. Un trekking in Sicilia, lungo la costa trapanese,
la bellissima costa trapanese, dove mi sono innamorata della Sicilia, del
trekking e dove ho ammirato le qualità di Peppe e ho conosciuto la sua storia,
che a me è piaciuta moltissimo, perché profuma di coraggio, intraprendenza,
scelta di valori, benessere, armonia. E di gioventù. Non solo anagrafica.
Alcuni italiani durante i
lockdown, quando era proibito allontanarsi dal comune di residenza, hanno iniziato
a camminare. Ricordo che camminavo per i parchi ancora timorosa del fiato
altrui quando incrociavo podisti o ciclisti: i parchi torinesi, come immagino i
parchi di ogni città italiana, erano pieni di tutti coloro che in altri tempi
avrebbero trascorso il tempo libero in viaggi, sport e altro ancora.
Quindi in molti siamo
diventati dei camminatori e anche dei fotografi. Con il telefonino è facile
catturare immagini ricordo, che raramente guarderemo e ancora più raramente
stamperemo. Questa però è un’altra storia.
Camminare fa bene: i medici lo
ripetono a tutti. Migliora la circolazione sanguigna, l’umore, tonifica le
ossa, aiuta per l’artrosi, rafforza il sistema immunitario e se si cammina in
gruppo, aiuta a socializzare e a divertirsi.
Camminare nei boschi è un
bagno di energia, camminare lungo le coste o lungo i pendii montani è
immergersi nella bellezza, nel silenzio e ritrovare le energie disperse in
questa era tecnologica che ci depaupera, ci “denaturalizza” come mi ha detto un
mio ex alunno giorni fa.
Essere una guida, ovvero
accompagnare, indicare il cammino, la strada migliore è un compito impegnativo,
sia in senso reale che metaforico.
Quali sono state le tue guide
nella vita? Potresti rispondere che lo sono stati i tuoi genitori oppure un insegnante
o altro ancora. Sono punti di riferimento, esempi da imitare e da superare.
Peppe è consapevole del suo
compito e dedica il giusto tempo alla scelta dei percorsi e successivamente a
testarli, studiarli grazie a sopralluoghi mirati prima di condurre e guidare i
suoi escursionisti. Una guida deve comprendere le difficoltà dei sedentari, le
paure, le incertezze e dare sostegno e fiducia.
La giovane guida arriva da me
con il suo sorriso timido e con la sua propensione all’ascolto. Ben presto però
inizia a raccontare di sé e soprattutto della forza che nasce dal camminare tanto
che si dimentica di essere timido e di amare ascoltare e inizia a raccontare:
piano piano la muscolatura del viso si distende e il sorriso è sempre più
luminoso, mentre si immagina in montagna o comunque all’aperto a camminare,
indicando la strada a chi è incerto, dubbioso, a chi vorrebbe camminare ma teme di non riuscire a
farlo per tanti chilometri, a chi non sa
come vestirsi, cosa portare, dove andare, con chi andare.
Ecco che allora è importante
affidarsi alla guida, che ti accoglie, ti incoraggia, ti dà fiducia.
Non posso non pensare al ruolo
del docente, guida che indica la strada della conoscenza, che insegna un metodo
di studio, incoraggia e dà fiducia all’allievo che si affida. A scuola non è sempre
così: spesso l’allievo non si affida, rifiuta la guida, rifiuta le indicazioni
e spesso i genitori sono pronti a facili denunce e la vita per il “maestro” è
difficile.
Questo è uno dei problemi del
nostro tempo, nel mondo della scuola, nel mondo della sanità e scopro oggi
anche nel mondo delle guide escursionistiche ed alpine: la facile denuncia.
Questa cattiva abitudine molto italiana comporta che spesso a scuola si evitino
tutti i possibili rischi e quindi non si educhi alla responsabilità (la vita in
sé e per sé è rischiosa), i medici ci obblighino a mille esami per non essere denunciati
e le guide siano considerati responsabili del comportamento imprudente
individuale. Come potrebbe una guida alpina o escursionistica impedire un
evento imprevedibile o un comportamento inadeguato al luogo, al contesto?
Quando l’adulto si è dimenticato di esserlo? Già, osservando e studiando la
politica internazionale, non siamo mai diventati adulti, ovvero responsabili
delle conseguenze delle nostre azioni.
Che bel lavoro ha scelto Peppe:
indicare la strada, quella già da lui percorsa, accompagnare nella natura, per
trovare serenità e amicizie, ritrovare la fiducia in sé e la speranza in una
vita migliore, nella quale tutti i sensi siano coinvolti e si colga la
complessità della realtà.
Ho camminato “con i piedi
nella terra rossa e con i capelli al vento”, come mi ha immaginato una mia
amica nei giorni in cui macinavo chilometri con determinazione e fatica, ho ancora
nelle narici gli odori intensi della macchia mediterranea e nei ricordi il blu
del mare, un blu che ti attrae, ti
rapisce e ti riempie occhi e mente. Un blu che non puoi più dimenticare.
Camminare per me è molto più
di un esercizio fisico che fa bene al soma. Conosco la camminata buddista,
quella lentissima, quando la tua attenzione è ad ogni minimo movimento del
piede: camminare è anche meditare.
Ma questo è ancora un altro
discorso o forse no.
Se desideri conoscere Peppe ti
scrivo l’indirizzo del suo sito: www.pampatrek.it
Se vuoi approfondire
l’argomento ti consiglio la lettura di Duccio Demetrio, La filosofia del
camminare” Raffaello Cortina Editore
Riconosco tutte le sensazioni che racconti. Io l'ultimo trekking organizzato l'ho fatto a Castelluccio di Norcia ed stata un'esperienza fantastatica
RispondiEliminaGrazie per il tuo commento
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