Ho conosciuto Euro Carello
quando insegnavo lettere all’I.C. Gozzi-Olivetti.
Era abitudine dei consigli di
classe programmare per i ragazzi di terza media degli incontri formativi,
altamente formativi. Tra questi vi era l’incontro con i volontari di Emergency
e Euro era uno di loro.
Ricordo ancora oggi la sua
passione nel raccontare ai ragazzi la guerra di oggi: le foto, i racconti, i
libri e le domande dei giovani.
Ho terminato questa mattina,
sul balcone di casa, in una giornata tiepida e primaverile di questo nuovo
lockdown, la lettura dell’ultimo libro di Euro Carello: “Trenta per tre”.
Si tratta di un romanzo
distopico. E’ un genere letterario che mi piace: gli scenari fantapolitici che
vengono descritti in tali romanzi aiutano a riflettere su ciò di cui gli uomini sono capaci per detenere il
potere sui propri simili.
Autorevoli esempi sono Fahreneit 451 di R. Bradbury, 1984 di G. Orwell, senza dimenticare A.
Huxley Il Mondo Nuovo o la più
recente opera di Margaret Atwood, Il
racconto della ancella.
Quando insegnavo, agli alunni
di terza media leggevo e spiegavo“La fattoria degli animali”di G. Orwell, iniziandoli
alla comprensione dei rapporti di potere tra esseri umani, attraverso una fiaba
allegorica molto efficace.
E. Carello descrive nel suo
romanzo, che ho letto tutto d’un fiato, la società italiana impregnata di
razzismo verso i migranti attraverso la storia tre personaggi: Shamil, Jab e
Sunee.
Sono tutti e tre degli
“storti”, ovvero immigrati irregolari, senza permesso di soggiorno. Ognuno di
loro ha trovato un modo per sopravvivere alle difficoltà della vita.
Shamil è un “caccia” ceceno,
ovvero trova i clandestini, rileva il
loro DNA e li denuncia ai Rospi. E’ un duro, un violento, sempre muscoli e
occhi tesi, sempre la mano dietro la schiena a contatto con la sua pistola. Per
diventare regolare deve cacciarne trenta. Trenta per te, lo slogan che illumina
le notti della città, ricorda che se ne denunci trenta, tu sarai salvo. La tua
salvezza sta nella fine dell’altro, che trovato verrà picchiato e imprigionato,
nella migliore delle ipotesi. Nessuno vuole andare al C3.
“Fotogrammi
rapidi del C3. La camerata buia, la stanza elettrica e la sedia con le catene,
lo scherzo del corridoio, come lo chiamavano i Rospi, i colpi che arrivavano da
tutte le parti e la fila di divise verdi che non finiva mai, le facce che
sghignazzavano feroci, la luce in fondo sempre troppo lontana. E i calci e il
vomito e gli schizzi di sangue sul pavimento”.
Jab è un pass africano: accompagna
i migranti appena sbarcati dai caporali, che li useranno come schiavi per raccogliere
la frutta e la verdura nei campi per pochissimi soldi. Il suo compito è meno
rischioso di quello di Shamil: è sufficiente far finta di non vedere, di non
impicciarsi di ciò che capita a chi accompagna a destinazione.
Sunee è una giovane donna
asiatica, carina. Lei, appena sarà regolare vorrebbe comprarsi un vestito nero
e poi con il tempo un auto. E’ riuscita
ad affittare un appartamento piccolo e senza frigo fuori dal ghetto, ma per
pagarlo è costretta a due lavori, uno di giorno, da badante irregolare in una
casa di riposo per anziani e uno di notte in un locale come cameriera
irregolare.
La notte e le ombre sono il
contesto nel quale si svolge buona parte della vicenda, quella che porterà i
tre protagonisti ad incontrarsi. L’Italia è un non luogo in realtà, dove si muovono
esseri tesi solo a denunciare l’altro o a sfruttarlo.
Non c’è traccia di
compassione, di solidarietà, di bellezza, di civiltà.
Tutti gli storti anelano alla
“carta gialla”, il permesso di soggiorno, che permetterebbe loro di vivere senza temere
“i verdi” o i “caccia” e per ottenerla sono capaci di tutto.
Gli italiani, sullo sfondo, si
ubriacano nei bar, tentano di violentare le donne, organizzano aste per
aggiudicarsi le donne, oppure non si
accorgono di nulla o fanno finta di non accorgersi di nulla.
Una storia che ritrae una
società senza speranza.
L’unico che si salva è un cane
nero, che appare quando Sunee è in pericolo di vita, per scomparire subito
dopo.
In questo libro, a differenza
di altre distopie, l’autore non prova neanche a disegnare un tentativo di
riscatto, nessuno di innamora (Winston), nessuno cerca la salvezza nei libri ( Guy Montang) comunicando la sua
totale delusione nel genere umano.
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