Teresa ha ottant’anni. Per
tutta la vita ha taciuto, convinta che quel segreto sarebbe morto con lei.
Invece in paese, un piccolo
paese piemontese, un giorno era apparsa
lei, una ragazza dagli occhi verdi in cerca della Storia.
La ragazza, Aila, aveva iniziato
a domandare e a cercare una suora.
Suor Emma era tornata per
vivere la vecchiaia nel suo paese natio. Anche lei portava nel suo cuore dei
segreti, che aveva voluto dimenticare il giorno nel quale, in treno verso Roma,
aveva lasciato dietro di sé il carcere Le Nuove di Torino e le storie di dolore
a cui aveva assistito da novizia.
La narrazione si dipana tra
realtà e finzione. La Storia è quella vera: davvero Torino fu bombardata
durante la Seconda Guerra Mondiale, la gente scappò verso la campagna in cerca
di vita, i nazisti la occuparono, i dissidenti
e i partigiani furono imprigionati alle Nuove, alcuni furono uccisi al
Martinetto, altri furono deportati nei campi di concentramento. Pochi tornarono.
Sono veri la fame e la paura,
il silenzio e il freddo.
Aila conosceva una parte della
vita della mamma Elda, sapeva che era stata deportata ad Birkenau e poi a
Ravensbruck. Solo alcuni anni dopo la morte della mamma, svuotando la casa aveva scoperto una lettera inviata ad Alfio
in cui scriveva del loro bambino, Libero, fatto uscire dalle Nuove da una suora. Aila doveva trovare la suora
per trovare suo fratello. Iniziarono così le sue ricerche, che la portarono a Montevicino.
La storia si dipana tra il
1999, in una pianura padana autunnale, carica di nebbia e di freddo, e il 1944
con il suo carico di disperazione.
Martina Merletti, giovane
scrittrice al suo esordio, fa vivere donne realmente esistite, come Suor
Giuseppina, accanto a personaggi inventati che raccontano una storia realmente
accaduta: il salvataggio di un neonato da morte certa, fatto uscire dal carcere
tra lenzuola sporche.
A voi che leggerete questo
libro, appena pubblicato, il piacere di scoprire tutto il resto.
Sono moltissimi i libri sulla
Seconda Guerra Mondiale, molti i romanzi autobiografici, molti i testimoni che
hanno raccontato.
In questo romanzo sento un
passaggio di testimone.
Mi pare di cogliere in questa
giovanissima scrittrice la consapevolezza di dover raccontare ai suoi coetanei
ciò che è stato. Nel suo libro non c’è più l’urlo, la disperazione del
sopravvissuto, ma la tristezza delle perdite, delle sofferenze che la guerra e
la dittatura portano con sé e che si sommano alle sofferenze della condizione
umana.
Consiglio a tutti i miei
lettori e alle mie lettrici la lettura di questo libro, che ho letteralmente
divorato.
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