Molti giorni fa, passeggiando sul Lungo Po Antonelli con
una mia amica, notai dei foglietti di carta incollati alla spalliera delle
panchine. Mi fermai e lessi frasi tratte da canzoni italiane, canzoni d’amore. Su uno c’era scritto:
Mi
sei scoppiato
Dentro
al cuore
All’improvviso
Sarà
perché m’hai
Guardato
come
Nessuno
m’ha guardato
Mai
Mina
Franca ed io pensammo che a lasciare questi pensieri fosse
una donna, giovane e molto innamorata.
Arrivate all’incrocio tra
Lungo Po e Corso Belgio, sull’ultima panchina vedemmo due quadernini (dentro
una busta di plastica con annesso il disinfettante) con su scritto:
“Scrivi una tua storia o semplicemente qualcosa che vuoi lasciare andare".
Aprimmo e leggemmo qualche frase scritta da viandanti come
noi due.
Immediatamente nacque in me il desiderio di intervistare la
creatura che aveva avuto questa idea: un quaderno a disposizione di chi cammina
sulle sponde del fiume più lungo d’Italia, per raccontarsi.
Capita sempre più spesso di “incontrare” dei libri lasciati
in regalo a sconosciuti: all’inizio ne gioivo, poi con il passare del tempo mi
congratulavo, ora lo trovo normale.
Non mi era ancora successo di trovare una raccolta di
pensieri, riflessioni, poesie su una panchina, di tutti e per tutti,
semplicemente per comunicare.
Siamo soliti trovare dei quaderni nei luoghi della cultura,
delle mostre, persino nei rifugi o negli agriturismo, per segnalare il
gradimento delle opere esposte o del servizio.
Mai un quaderno per raccontare di noi.
L’ho trovato geniale, oltre che gentile e poetico, anche
terapeutico.
Grazie a fb e al gruppo “Sei di Vanchiglietta se..” ho
rintracciato la giovane donna che ha ideato tutto ciò.
Mi ha raccontato che purtroppo due giorni fa i due quaderni
sono scomparsi, ma che in questo mese lei ha raccolto ringraziamenti e storie,
che le sono rimaste impresse nel cuore. C’è chi ha scritto di storie di amore,
chi del tempo della guerra, chi semplicemente ha descritto la propria giornata,
chi ha scolpito su un foglio di carta la propria solitudine.
Se ne deduce che le persone hanno tanto bisogno di
raccontarsi e appena qualcuno tende una mano, ecco che si aprono, seppur ad una
persona sconosciuta. Molti si sono firmati, una sigla, un nome di battesimo.
Serena, la giovane donna, è rimasta impressionata dal
racconto di un anziano che, paragonando la guerra al virus alla Seconda Guerra
Mondiale, sottolineava come oggi per lui è più difficile perché manca il
contatto tra le persone, l’aiuto reciproco, il sostegno.
La giovane, in realtà non so esattamente quanti anni abbia
ma non più di venti, al telefono si mostra timida e schiva, e fatico a ottenere
risposte alle mie domande, ma quando le chiedo se è una donna innamorata la risposta è immediata: “ Sono innamorata della vita”. Non avrei
potuto ricevere una risposta migliore oggi come oggi, con l’aumento dei casi di
depressione tra i giovani o in generale di disturbi psicologi a causa della
pandemia, sentire che lei è innamorata della vita, che ha fiducia nel prossimo,
che ama Vanchiglietta, ritienendola una delle più belle zone di Torino e per
questo ha lasciato proprio lì il suo quaderno, quindi oltre che ottimista è
anche piena di iniziativa, ecco, da Professoressa e da mamma ho provato gioia.
Serena sarebbe potuta essere una mia allieva: ha
frequentato una Scuola secondaria di primo grado dove ho insegnato anche io, la
sua Professoressa di italiano, Amelia, era stata una mia collega. Mi ha confidato di esserle molto grata, anche
se gli anni delle medie tende a rimuoverli dai suoi ricordi, come molti
d’altronde.
Qual è la motivazione che ha spinto Serena a depositare un
quaderno bianco su una panchina verde?
E’ forse anche lei sola, come molti, pur se giovane e
coccolata dalla famiglia e dagli amici? La solitudine non è forse uno stato
dell’essere, che prescinde da quante persone intorno abbiamo? La solitudine non
è anche sentire la propria unicità, capire che l’intensità con cui ciascuno di
noi sente e vive la vita, difficilmente si riesce a condividerla realmente,
difficilmente si incontra un altro che sappia leggere il nostro cuore?
Spero che i quaderni tornino presto sulla panchina verde, se non
quelli già scritti, uno nuovo, magari lasciato da un’altra persona, così che la
magia del raccontarsi possa continuare.
“Sarà perché mi hai guardato come nessuno mi
ha guardato mai” Mina
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