domenica 22 dicembre 2019

GRAZIE



Torino-Roma



Ho presentato il mio libro, nato dal blog, nei luoghi della mia vita il 10 a Torino e il 16 dicembre a Roma. 
La prima foto è stata scattata a "Casa Aita", la seconda e la terza alla "Fondazione Murialdi"di Roma.



Ho invitato amici e parenti.
Amici e parenti hanno accettato l’invito. Ho visto le sale riempirsi, le persone in piedi, i libri che avevo portato con me, esauriti.
Ho condiviso la mia gioia, come ad una festa, perché realizzare un sogno è sempre una grande gioia.
Franca Balsamo e Luisa Cappuccio hanno presentato il libro sorridendo, soddisfatte di averlo letto e di raccontarlo.
Bruna Parodi e Maria Grazia Casale, amiche chi da pochi anni, chi da una vita, hanno saputo leggere le mie storie  con passione.
Passione, questa direi che è la parola giusta.
Passione per la scrittura, passione per la parola che crea atmosfere, che commuove, che vivifica, che sostiene, che rincuora, che scuote, che stupisce, che descrive, che fa sognare.
Passione per la lettura ad alta voce, che abbraccia gli altri, che ci fa sentire per pochi minuti uniti dalla conoscenza di una storia.
C’è un’altra parola ed è gratitudine.
Gratitudine per la bellezza della natura.
Gratitudine per la bellezza dell’arte.
Gratitudine per la ricchezza di esperienze che possiamo avere solo se leggiamo.
Gratitudine per chi lavora con passione.
Gratitudine per la musica ,che, come acutamente ha scritto Franca Balsamo, è sempre presente nella mia vita.
Gratitudine per la scienza, quando rende la nostra vita migliore.
Grazie quindi a tutti voi, lettori.




sabato 30 novembre 2019

IL BLOG DIVENTA UN LIBRO





In questi due mesi in cui non ho scritto neanche un articolo, un racconto, un' intervista  sono successe moltissime cose nel mondo e nel mio piccolo mondo, qui, a Torino.
Ho continuato ad osservare, partecipare, pensare ma sono stata molto impegnata nella scrittura di...
Ho una novità per te, lettore e lettrice del mio blog, che mi leggi ogni tanto o spesso.
La novità è che il progetto del blog si è trasformato, è cresciuto, è diventato un libro, da sfogliare, da leggere in modo tematico e non cronologico, un libro con tutto quello che questa parola rappresenta. Unità del pensiero di chi scrive, per esempio.
In anteprima, solo per te, copio ed incollo l'introduzione.
Il libro, che ha lo stesso nome del blog, ma che contiene dei miei scritti inediti di eventi che considero importanti, lo presenterò a Torino, la mia città adottiva il 10.12 e a Roma, la mia città natale e  ideale il 16.12.2019.
Vi aspetto, amici, o a Torino o a Roma.



Introduzione

Scrivo da quando avevo 12 anni.
Ho sempre provato soddisfazione fisica nel lasciare scorrere la penna sul foglio di carta, soddisfazione mentale a dare forma a pensieri ed emozioni.
 A volte sentivo l’urgenza e il bisogno di scrivere, ovunque e in qualsiasi momento. Nella mia borsa ci sono sempre  un taccuino e una penna. Ero capace di fermarmi ovunque, per esempio sulle scale di una chiesa e scrivere, interrompere un’attività, per esempio mentre stiravo o cucinavo e scrivere.
Nella mia vita ho insegnato Lettere ai ragazzi delle Scuole Secondarie di primo grado e ho cercato di trasmettere ai miei allievi la passione di scrivere: ho dedicato molto tempo ed energie a questo obiettivo.
Oggi è arrivato il tempo per dedicarmi totalmente alla mia passione giovanile e  improvvisamente ho avuto una gran fretta. Sono stata così impulsiva da scegliere, in una notte, dopo aver visto un film dolorosissimo, di curare un blog “Lo racconto proprio a te”. Ho scritto e pubblicato. Senza dubbi e subito. Man mano che scrivevo i miei articoli sul blog mi rendevo conto che stavo appagando anche un altro sogno: quello di essere una giornalista.
Nascono così le mie interviste.
Il sogno di pubblicare un libro continuava ad accompagnare le mie giornate: apprezzo e uso le nuove tecnologie, ma niente è paragonabile ad un libro.
In questo libro vi racconto qualche storia vera e qualche storia verosimile, vi porto spesso a passeggio per Torino, la mia città adottiva, tra vari eventi culturali locali e alcuni nazionali. Troverete riflessioni, spunti, appunti, come in un taccuino. Il taccuino di una Prof.
I racconti qui raccolti contengono anche alcune storie scritte prima di aprire il blog.
Mi auguro che i lettori del blog, dopo la lettura del libro, aumentino, confermando in questo modo l’idea che il libro non morirà mai e che la rete è solo uno dei tanti mezzi di comunicazione, ma non esclude, anzi esalta il piacere di ritrovare nell’unità del libro il dipanarsi delle storie e degli autori.

                                                        














lunedì 30 settembre 2019

EMILIANO TOSO


EPIGENETICA E MUSICA

Non c’è limite a quello che ci può insegnare la musica, se siamo disposti a conoscerla nel profondo e a non segregarla al di fuori della nostra sfera intellettuale. La musica è stata confinata per lunghi anni in un regno remoto di piacere e di evasione, partendo dal presupposto che non avesse niente da dire alle nostre aree cerebrali preposte ai pensieri”…”La musica è parte essenziale della fisicità dello spirito umano” Daniel Barenboim
Comprai “La musica è un tutto” del grande direttore d’orchestra argentino perché la musica rientra nei miei interessi e qualche giorno fa ho cercato il libro nella mia libreria, perché sono tornata da tre giorni di musica e non solo musica, molto di più, di cui lettore, lettrice voglio raccontare.
In un luogo magico, Villa Piazzo, sita nel comune di Pettinengo a 10 km da Biella, Villa donata dalla Famiglia Pavia al Comune per farne un luogo di incontri e di pace, oggi  sede dell’associazione Pace e Futuro, nata all’indomani dell’11.09.2001, con lo scopo di progettare e realizzare percorsi di pace, accoglienza e solidarietà, ho seguito il seminario di  Translational  Music.






A condurre il seminario uno scienziato, biologo cellulare con dottorato in Biologia umana, basi molecolari e cellulari dell’Università di Torino.
Per 16 anni ha lavorato come ricercatore e successivamente come Associate Director  del gruppo di biologia molecolare presso la sede di Ivrea della Merck.
Se mi conosci o hai imparato a conoscermi dai miei scritti ti starai chiedendo come mi sia venuto in mente di iscrivermi, pagare e frequentare un corso su un tale argomento scientifico.
Ti confesso che ero preoccupata: ho cercato i manuali di scienze dei miei figli, i miei ovviamente non sono aggiornati (sì, ho conservato qualche manuale del Liceo), ho letto il capitolo sulla cellula e poi ho chiesto ad una mia cara amica, Prof.ssa di biologia presso un Liceo linguistico di Torino, da poco in pensione, di aggiornarmi.
Non ti ho ancora detto il motivo di questa scelta stravagante per un’insegnante di lettere, meno per un’insegnante di yoga, ma al termine del racconto ti sarà chiaro.
Sono entrata giorno dopo giorno nel magnifico mondo della cellula, non ci crederai, lo so, ma al liceo ero affascinata dalla biologia. Cosa ci può essere di più affascinante di studiare la vita, bios? Nulla direi. Tutto il resto è derivazione, l’arte, la letteratura, la filosofia, la tecnologia, la scienza, tutto deriva dal fatto che  qui, su questo pianeta azzurro che Parmisano ci mostra ogni tanto nel suo girovagare nel vuoto, qui e per ora per ciò che sappiamo solo qui, si è sviluppata la vita in miriadi di forme diverse.
Ma la musica?
Emiliano Toso, lo scienziato, non è solo biologo molecolare è anche o forse soprattutto un pianista e compositore a 432 herz. Un terapeuta delle cellule.
L’effetto che la sua musica ha sulle persone, sulle piante e in generale sugli esseri viventi, lo ha convinto a dedicare la sua vita a comporre e contemporaneamente a divulgare le scoperte scientifiche dell’epigenetica.
Insomma si è licenziato dalla Merck! Ci vuole coraggio.
Scrivevo che suona con pianoforti acustici accordati a 432 Hz, perché tale accordatura produce armoniche che risuonano con il battito del cuore e con la doppia elica del DNA.
Sto arrivando al cuore del mio racconto: la translational music produce effetti benefici, terapeutici in chi l’ascolta.
Non è sufficiente accordare il piano e registrare con sistemi speciali, come l’audio Binaurale 3D, è necessario che il pianista ci metta la sua intenzione.
Al Maestro Emiliano Toso non basta l’evidenza dei fatti, i racconti delle persone, lui, ricordatelo, è uno scienziato e quindi per tre giorni ci ha spiegato cosa succede alla nostra cellula, alle nostre cellule quando si ascolta questa musica.
Ci ha mostrato esperimenti, interviste di altri scienziati nel mondo, spiegato le ultime scoperte della biologia molecolare a suffragare l’esperienza dell’uomo comune.
Mi fa girare la testa pensare che noi siamo abitati da 50.000 miliardi di esseri viventi, la cellula, che ogni cellula legge il suo spartito (il suo libretto di istruzioni o DNA, il suo pezzettino), che ogni cellula è in relazione con le altre e crea un uomo e che ogni uomo può essere la cellula dell’umanità.
Mi gira la testa a pensare che questo stia accadendo adesso, accade in continuazione a tutti noi: cellule che nascono, che si sviluppano sapendo esattamente di diventare la cellula del fegato o dell’omero, che muoiono.
Tutto cambia. Non saremo mai gli stessi. Fantastico. Eppure le mie cellule sanno perfettamente cosa fare e quando e come.
Mi fa girare la testa pensare a tutti quegli ormoni che entrano ed escono dalla membrana cellulare, chiedono la fotocopia dell’informazione al nucleo dove c’è il DNA e producono materia.
Come in una fabbrica. E smaltiscono i rifiuti.
Mi da un’enorme speranza aver capito che l’epigenetica ha dimostrato che le nostre cellule, meglio i nostri ormoni, decidono quale spartito leggere e quindi, anche se sappiamo che nel nostro DNA c’è scritto tutto di noi, fattori esterni, tra cui la  Translational Music possono facilitare la lettura di un altro punto dello spartito. Ed essere sani. Forse felici. Sicuramente grati. Di tanta bellezza, magia, perfezione. Insomma della Vita.
Si è scoperto che non solo l’informazione è importante, ma il movimento  e la forma delle proteine diventano fattori fondamentali all’interno della cellula per la sua salute e quindi la nostra. Ciò che succede è che la nostra cellula vibra ed entra in risonanza.
Gli effetti della musica sul corpo sono noti da tempo, sulla riduzione dell’ansia e dello stress, ma oggi, grazie a recenti studi, si usa in sala operatoria o in sala parto, per diminuire per esempio le dosi di anestetico.
Ricordo bene la sentenza di    “Ognuno è artefice del proprio destino” “ Faber est suae quisque fortunae” attribuita a Appio Claudio il Cieco, che oggi trova un riscontro scientifico.
Quanti filosofi, quanti saggi ci hanno indicato la strada e quanto è importante da sempre per noi esseri umani la musica, in tutte le sue forme.
Come non collegarmi al versetto di Giovanni “In principio era il Verbo”, la parola, insomma il suono.
Come non riflettere sul suono usato da tutti i meditanti orientali, l’Om.
E i riti sciamanici di guarigione?
In principio c’è stata una vibrazione? Queste sono mie deduzioni, un biologo molecolare mi ha ascoltato mentre riflettevo ad alta voce sulla potenza dei suoni nella vita dell’umanità. E prima? Il silenzio.

Non più condannati a contrarre quella tal malattia a quella età, così come la prima fase della ricerca sul DNA mostrava con chiarezza, ma, capaci di orientare le scelte.
In altre parole non deleghiamo più la nostra salute alla medicina, ma torniamo ad essere responsabili della nostra vita.
Non è mio compito allegare le ricerche scientifiche, a me basta averti suggerito questo affascinante campo di studio, di indagine, di ricerca, di esperienza, perché ciò che mi ha affascinato di più è stato ascoltare il Maestro Emiliano suonare.
La sua musica mi rimescola completamente.
Ti auguro di incontrarlo, di ascoltarlo.
La fisica quantistica e l’epigenetica stanno rivoluzionando le conoscenze scientifiche, avvicinando, mettendo in relazione l’arte, la filosofia e la scienza.
E’ un fatto epocale. Magico.



venerdì 27 settembre 2019

SCIOPERO PER IL CLIMA












Allora a Torino i giovani ci sono!
Questa è già una notizia. Siamo una delle città con più anziani, i giovani sono scappati all’estero, ma non è vero.
Oggi sono tantissimi, sorridenti, leggeri, colorati, allegri, pieni di vita.
Pacifici.
Che gioia e che emozione ho provato questa mattina ad incamminarmi lungo via Cernaia per raggiungere Piazza Statuto dovrei avrei dovuto incontrare i miei amici.
Arrivavano in gruppo da ogni via.
Ho scritto che avrei dovuto incontrare i miei amici perché eravamo così tanti che in corso san Martino mi sono fermata, mi mancava l’aria, io sono alta come Napoleone, ero letteralmente circondata da giovani con i loro cartelli colorati per mostrare al mondo che loro hanno recepito il grido di Greta, ci sono, sono pronti ai sacrifici necessari per vivere e far vivere la nostra unica casa.
Sicuramente non tutti questi giovani sanno esattamente la situazione attuale e quali scelte dovremo fare per ridurre i danni fatti: sono qui, in piazza, perché è l’unico modo per farsi sentire. Alcuni di loro sono elettori e hanno capito che solo questo conta. Votare e comprare. Usiamo la nostra forza di elettori e di consumatori.
Intanto io allungavo il collo per respirare.
Che emozione incamminarmi verso la manifestazione con un ex alunno e scorgerne altri tra la folla e chissà quanti non ne ho visti e chissà quanti oggi avevano un esame oppure una lezione imperdibile, ma so che il loro cuore batteva con noi, che in formato sardine in scatola, aspettavamo pazienti e speranzosi che il corteo si incamminasse per liberarci da quella scomoda posizione e anche pericolosa.
Io marcio per i miei figli, per i miei nipoti, per i miei alunni, per tutti coloro che hanno il sacrosanto diritto a vivere in un mondo dove si respiri aria profumata, si goda del fresco e dell’ombra degli alberi, dei colori dei fiori, della limpidezza del mare, dell’armonia della Natura nella sua enorme e incomprensibile perfezione, bellezza e mistero.
Io marcio perché voglio un mondo che non rischi il collasso.
Patrizia mi ha raggiunto e insieme a lei ho iniziato a camminare: gli altri adulti presenti erano in parte professori come noi, persone che hanno gettato dei semi e che sono felici di vedere sbocciare dei fiori.
E’ vero, scioperare vuol dire non andare a scuola. Ma siate sinceri: quanti ragazzi siedono sui banchi e sono altrove con la loro mente? Oggi non hanno perso un giorno di scuola, tranquilli, oggi hanno imparato che la partecipazione è il sale della democrazia.
Erano gli anni 70, i magnifici e terribili anni 70, quelli in cui i primi scienziati si riunirono a Roma per annunciare al mondo che era necessario e URGENTE ridurre le emissioni di CO2.
Il libro che lessi da giovane liceale fu “I limiti dello sviluppo” e da qualche parte ho ancora gli appunti che presi.
Fui profondamente impressionata ed fui sicura che presto avrei visto pale eoliche, macchine elettriche, tram, pannelli solari ovunque.
Invece abbiamo comprato condizionatori per il caldo torrido, abbiamo iniziato a viaggiare per un weekend, abbiamo deciso di far viaggiare una carota dalla Sicilia, dove nasce, alla Germania, dove la impacchettano e dalla Germania alla Sicilia, dove la vendono grattugiata.
Noi mangiamo carote grattugiate da altri, carote che viaggiano in aereo.
Cosa mangiamo?
Quanto abbiamo inquinato per la nostra pigrizia?
Abbiamo scelto di comprare abiti nei centri commerciali dove le porte sono sempre aperte e una lama di aria fredda o calda ci rinfresca o ci riscalda a secondo delle stagioni.
Tanto difficile aprire una porta?
Abbiamo scelto di abolire i tram!
Di non potenziare le auto elettriche.
Di criticare coloro che si recano al lavoro in bici, invece di fargli un monumento e ringraziarli.
Impacchettiamo tutto mille volte.
Buttiamo tutto ovunque.
D’inverno non ci bastano 20 gradi.
Contate per favore quanti anni abbiamo perso, per colpa di interessi personali di pochi e per la nostra abitudine alla comodità.
Ciò che proprio non capisco è la rabbia che sento da parte di alcuni adulti verso questo movimento di giovani nato da una ragazza svedese, che ha saputo incanalare le caratteristiche della sua malattia, il bisogno di ritualità per esempio, la fissazione su un aspetto della vita, in una denuncia collettiva.
Solo una persona che ha poco da perdere, perché sofferente, perché esclusa per la sua diversità, solo una persona così può avere la forza per opporsi, per denunciare.
E chi la segue non è “pecora” come amano dire gli immancabili critici, ma coglie la forza che proviene da lei: è giovane e i giovani la seguono.
C’è che dice che la denuncia è compito degli scienziati: vero. Qualcuno li ha ascoltati?
Sono tornata a casa con gli occhi pieni della bellezza dei giovani, seduti ovunque in un centro senza auto, erano in mezzo alla piazza, seduti sul ponte, sulle sue sponde, sui marciapiedi a sognare, a progettare la loro uscita serale, il prossimo appuntamento, cosa raccontare alla mamma e quale giustificazione scrivere al Preside.
Tutto questo è possibile solo se il Pianeta azzurro avrà la sua dose di ossigeno e di anidride carbonica come previsto dall’inizio della Vita.


martedì 3 settembre 2019

VINCENZO:UN ESEMPIO



Eccomi! Ho tanta voglia di raccontare.
Oggi una storia vera.

Alcuni anni fa, sulla spiaggia  del Tirrenino, ad Anzio, amena località turistica a sud della capitale, soggiornai nelle ore della calura sotto un ombrellone posizionato vicino a quello di una coppia che presto imparai a conoscere e ad apprezzare.
Lei giovane e comunicativa, lui atletico e sensibile ai problemi altrui, con la naturale  propensione alla comprensione e all'empatia.

Innamoratissimo di Anzio, non c'era giorno che non mi ripetesse che quasi quasi valeva la pena trasferirsi a vivere ad Anzio, il posto più  bello del mondo. Un po’ esagerato, lo so, considerando anche il fatto che il soggetto in questione aveva viaggiato parecchio, come mi raccontò.
Abituato a questa spiaggia fin da bambino, quando sua nonna, Filibeck, lo accoglieva durante l'estate.
Sull'etichetta dell’ombrellone c'è  ancora il cognome della nonna, famiglia famosa nel luogo di vacanza dei romani, alla cui famiglia è persino intitolata una strada cittadina.
Il fatto è  che il nostro nuovo amico, Vincenzo, è  affetto fin da bambino dalla retinite pigmentosa e anno dopo anno, con il peggioramento della malattia ha dovuto modificare la sua  vita.
In realtà  Vincenzo sprigiona una tale vitalità e una voglia di vivere tutto, proprio tutto quello che gli è  consentito dalla malattia e dalla legge, che la sua  vita è  più  ricca di quella di alcuni di noi, cosiddetti normali.
Per iniziare è  un portento con gli ausili informatici: messaggia, ascolta audio libri, ricerca su internet, grazie ai progressi della scienza e della tecnica, di cui lui è  padrone, usando la sua voce al posto dei polpastrelli. Non nego di avergli chiesto aiuto in più  di una occasione, ottenendolo.
Stargli vicino è  un piacere: non si lamenta e non chiede aiuto. È fiero di sé e grato verso i suoi genitori per quello che hanno fatto per lui, per avergli dato coraggio, infuso autonomia, consegnato il regalo più  grande: l'autostima.
Mi racconta che la gente si preoccupa perché  non conosce la realtà: è  l'ignoranza che fa nascere le paure. Come dargli torto?
Mi parla di tutti gli altri sensi di cui ciascuno di noi è dotato, ma ai quali diamo meno importanza: la cecità li acuisce, aiutandolo ad orientarsi.
Non nascondo che io stessa, a volte sono tentata di aiutarlo, quando si muove sulla spiaggia tappezzata di lettini messi nelle posizioni più  fantasiose, che non permettono ai piedi di trovare spazi di deambulazione. Ogni tanto cade, inciampa, sbatte, ma sempre con le spalle aperte, il petto in fuori, la testa alta, lo sguardo fiero di chi non si fa fermare dagli ostacoli che incontra per via.
Un esempio, uno stimolo per la determinazione e il coraggio che ha.
Perché vivere necessita di coraggio, sempre, per chiunque e quando qualcosa non va, quando il nostro meraviglioso corpo ha qualche dolore, qualche malattia, spesso ci sentiamo persi.
Noi non siamo il nostro    corpo, direi, ascoltando Vincenzo.
A volte ci dimentichiamo di questa verità.
Un giorno gli ho chiesto  se gli manchi qualche cosa. La risposta è  stata che gli manca la possibilità di guidare la macchina e di andare in bici per il senso di libertà che questi mezzi ti regalano.
Mi raccontò di quando andava in barca a vela e addirittura partecipò alle regate con i vedenti: la boa non la vedeva, il vento lo sentiva sulla pelle e l’oscillazione della barca la percepiva con il corpo e anche io, mentre mi descriveva quelle esperienze, sentivo il vento sulla pelle e il rullio della barca nel mio corpo.
Ama viaggiare, perché  sente gli odori e i rumori dei luoghi dove è  stato e tutto questo gli restituisce l'identità  del luogo.

Oggi è  campione nazionale dei non vedenti dei balli standard e dei latini americani. Balla con sicurezza, l'ho visto, è  fantastico. Guida, con sicurezza, la compagna di ballo, non vedente anch’essa.
Supporta come volontario uno psichiatra nella conduzione di gruppi di auto muto aiuto presso la scuola di santo Alessio: è stato scelto perché  infonde agli altri forza con il suo esempio.

Ha un sito internet, www.vincenzoluigimilanesi.it , ha scritto  due libri: “Retinite pigmentosa”, “Sessualità e affettività”.
 Ha partecipato a diverse trasmissioni radiofoniche e televisive, quali, Telethon 2002 e “Siamo noi” su Tv2000.

Vive una normale vita di coppia, si è  sposato con Fabiola un anno fa, è  accompagnato da un bellissimo cane guida  che si chiama Berta.

Per Vincenzo la paura aiuta a vivere, ma non deve impedirci di vivere la vita nel migliore dei modi possibili.

Grazie Vincenzo.

Allego una poesia, scritta dal pronipote di Trilussa, sul "posto più bello del mondo".



mercoledì 14 agosto 2019

FIORI ALPINI



Ho scritto queste righe a fine giugno, quando la terra in montagna regala distese colorate. Posto questi pensieri, solo perché non riesco a non pensare che la natura ci è maestra e da lei dobbiamo imparare a vivere.


Ogni volta che cammino per sentieri alpini, anche se sono trascorsi pochi giorni dall’ultima camminata, mi incanto a scorgere nuovi fiori.
Alcuni si impongono per la loro altezza, per il gambo forte, impettito sormontato dalla corolla colorata, che viene mossa dall’aria. Per esempio le margherite selvatiche in questo periodo dell’anno, l’estate, oppure i narcisi durante la primavera alpina.
Altri sono timidi, si scorgono lungo il cammino tra l’erba, tra le rocce.
Vedo un fiore a forma di piccolissima campana color indaco. Mi avvicino per ammirarlo meglio. La campana si apre in quattro piccoli petali e all’interno ci sono quattro stami bianchi piccolissimi. Vive tra le rocce del torrente Troncea e tra mille altre rocce di mille altri torrenti di montagna, cullato dal fragore dell’acqua, che oggi scende potentemente dopo tante piogge.
A pochissima distanza un altro fiorellino, blu, formato da microscopici petali che sbocciano lungo il fusto esile. Non conosco i loro nomi, mi dispiace.
Poco distante un fiore giallo si erge alto e fiero, a volte isolato a volte in gruppo. Intravedo altri fiori gialli, più bassi, più in gruppo. Continuo ad osservare il terreno davanti ai miei piedi e vedo altri fiori, gialli o rosa, a mazzetti, fiori a forma di stella,  con i petali separati, con i petali che si intersecano, che si accavallano l’uno sull’altro. Cerco con gli occhi il blu della genziana, forse è già sfiorita. Più avanti incontro gli anemoni, raggruppati in ombrelli, bianchi, formati da cinque tépali ovali, gli stami gialli sono numerosi.
Una famiglia gioca a bocce tra i ruderi di un’antica miniera, mentre molte mucche si avviano verso l’alpeggio.
Su un altro sentiero, un altro mattino, si rinnova lo stesso  pensiero: la bellezza di questa distesa di fiori alpini è la loro diversità.
C’è una perfetta armonia nei fiori gialli accanto a quelli blu o a quelli viola,  rosa, alti e bassi, a gruppi o solitari, all’improvviso cespugli di fiori di rosa canina quasi accecano per il loro bianco: sembrano punti luce disseminati lungo la strada.
Vicino alle borgate si incontrano iris viola e bianchi sciupati: la loro bellezza si può ammirare ai primi di giugno. Il caldo degli ultimi giorni di giugno li ha sfioriti.
Si sale verso il rifugio ed iniziano distese di speronella alpina: la pianta è alta e cresce a gruppi, le spighe di fiori azzurro-violetti sono molto ornamentali.
Confermo che così tanta bellezza nasce dalla diversità: mi stupisco di incontrare e ammirare tanti fiori, tutti diversi, ma tutti alimentati dalla stessa terra, dalla stessa acqua, dalla stessa aria.
Ammiro e penso a noi, poveri esseri umani, così stolti da esserci allontanati dalla natura, che ci è maestra di vita.


venerdì 21 giugno 2019

LA NOSTRA CASA E' IN FIAMME








Non è facile recensire questo libro, che non è un romanzo, non è un saggio, non è un diario, non è un’autobiografia.
E’ un grido di aiuto, è un provare a svegliare i pigri e gli addormentati,  tutti noi insomma ed è un tentativo di parlare ai giornalisti ancor prima che ai politici.
Un grido di aiuto non si può recensire, si può ascoltare per accorrere in aiuto. Se l’aiuto da prestare è a tutto il Pianeta, ammetto che provo un certo disagio, perché mi rendo conto, ormai da tempo, che la mia personale educazione civica, il mio evitare imballaggi inutili, camminare o usare mezzi pubblici, chiudere sempre il rubinetto dell’acqua mentre mi lavo i denti, la luce nelle stanze vuote, ridurre drasticamente il consumo di carne e via così, è troppo poco. Provo inadeguatezza, frustrazione, rabbia per essere arrivati fino a questo punto di non ritorno. Il cambiamento nella mia vita dovrebbe essere maggiore, radicale e con me dovrei poter contare molti altri, milioni, miliardi disposti a cambiare vita. I cambiamenti riguardano viaggi, alimentazione, uso degli elettrodomestici. Riguarda ciò che dovrei chiedere ai miei governanti e ai giornalisti.
La famiglia Thunberg, autrice del libro, ha toccato tantissimi problemi semplicemente raccontando la propria vita degli ultimi 5 anni, dalla preadolescenza di Greta ad oggi ed intrecciandola con il problema di tutti, quello che tutti sappiamo e nessuno vuole affrontare, ovvero quello del cambiamento climatico.
Chi, tra chi legge, non conosce Greta? L’adolescente svedese con le treccine, che iniziò lo sciopero della frequenza scolastica sedendosi con cartelli esplicativi sui problemi ambientali davanti al Parlamento svedese fino alle elezioni legislative dell’autunno del 2018? E che ha continuato viaggiando questo inverno per tutta l’Europa in treno?
Chi non ricorda il movimento di giovani che si è innescato grazie allo sciopero di Greta? Gli scioperi del clima del venerdì? # fridaysforfuture. Chiedere conto ai politici delle loro non – azioni, questo è ciò che vogliono tutti i giovani che chiedono conto anche a noi, cittadini adulti, del perché del nostro silenzio.
Greta si stupisce, a ragione, che i problemi della Terra non siano affrontati tutti i giorni in tv.
E ha ragione quando afferma che “quelli strani siamo noi”, non lei che è autistica, “in quanto le cose o sono bianche o sono nere”, ovvero noi stiamo temporeggiando, ignorando il problema per procrastinare la nostra personale comodità a scapito di chi verrà dopo di noi.
E’ vero o non è vero che stiamo vivendo un cambiamento climatico dovuto ai nostri sconsiderati comportamenti?
Cosa stiamo facendo per ridurre, fermare tutto ciò?
Da quanti anni gli scienziati ci hanno avvisato?
Io ricordo, ed ero un ‘adolescente romana, il libro del Club di Roma, I limiti dello sviluppo, che avvisava negli anni 70 di ciò che sarebbe successo negli anni successivi.
Da allora ad oggi abbiamo letto relazioni, visto film e documentari, ascoltato climatologi, i Grandi della Terra, se grandi si possono chiamare coloro che non sanno governare i cambiamenti, si sono riuniti, hanno preso decisioni a cui non sono seguite azioni. Cito solo il Protocollo di Kyoto, 1992, e i recenti accordi di Parigi.
Noi cittadini? Silenzio. Ognuno di noi fatica a vivere la propria vita, molto spesso, tra lavori saltuari, lavori estenuanti, problemi di salute, problemi affettivi. E su questo contano coloro che speculano irresponsabilmente sul destino dell’ecosistema terreno. Veri e propri crimini contro l’umanità, contro gli animali e i vegetali. Insomma contro tutte le creature viventi.
La crisi ambientale si intreccia con la crisi dell’umanità. Non potrebbe essere diversamente.
Ormai è certo, è storia che la Rivoluzione Industriale fu la causa di un aumento delle malattie mentali: oggi quindi affrontiamo una nuova emergenza che non si chiama più nevrosi o schizofrenia, bensì autismo, disturbi ossessivi-compulsivi, mutismo selettivo, ADHD.
Nel libro i dati riportati sono relativi alla Svezia, patria di Greta. “I disturbi psichici nei ragazzi tra i 10 e i 17 anni sono aumentati di oltre il 100 per cento in dieci anni. Il 100 per cento…..e le diagnosi di Adhd e autismo sono più che raddoppiate negli ultimi 5 anni”.[1]
Apprendo con stupore che anche nella civile Svezia, quella che per noi è da sempre un mito, chi è “diverso” fatica moltissimo ad essere accettato, istruito, seguito, curato. A Stoccolma si può trovare un reparto chiuso per ferie, una medicina non disponibile, insegnanti impreparati e burocrazia cieca che vuole licenziare l’unica insegnante disposta ad aiutare Greta, che per un periodo non ha potuto seguire le lezioni scolastiche. Non è consolante, ma noi che amiamo denigrarci, capiamo che è proprio l’uomo storto e non l’italiano.
L’analisi della famiglia Thunberg approfondisce le motivazioni di questo disastro: in una società dove il successo, la competitività e la fretta sono elementi fondamentali, chi è lento è destinato ad essere emarginato.
“Il mondo intorno a noi sta sempre peggio. I ghiacci si sciolgono. Gli insetti muoiono. I boschi vengono saccheggiati e i mari e gli ecosistemi sono in ginocchio. Proprio come molte persone intorno a noi. Gente che è andata in pezzi proprio come noi, gente che è ancora devastata. Nostri amici.
Chi non è riuscito a stare al passo con questa velocità.
Chi non è riuscito ad adattarsi al modello.
Chi non ha avuto la fortuna di trovare il medico giusto.
Chi non ha nemmeno avuto un posto nelle statistiche.
Persone esaurite in un pianeta esaurito”[2]
C’è speranza? Sì, è la crisi stessa ad essere la soluzione della crisi. Nella crisi siamo capaci di qualunque cosa[3]….. Il nostro destino è nelle mani dei Media. Nessun altro ha il raggio di azione necessario per il tempo che abbiamo a disposizione[4]….Dobbiamo incominciare a parlare di come stiamo. Di bocca in bocca, di città in città, di paese in paese”[5]
Velocemente. Il tempo è scaduto.
Ti consiglio di vedere i seguenti documentari:
Una scomoda verità di Al Gore
Una scomoda verità sequel  di Al Gore
Punto di non ritorno
O di seguire Luca Mercalli.
“L’unica cosa che resterà di noi saranno quei gas serra che più o meno consapevolmente abbiamo immesso nell’atmosfera, andando al lavoro, al supermercato, a fare shopping”[6]






[1] Greta Thunberg, la nostra casa è in fiamme, Mondadori,GEDI, 2019, pag. 101
[2] Greta Thungerg, la nostra casa è in fiamme, Mondadori,GEDI, 2019, pag. 97
[3]  Idem pag. 197
[4] idem, p. 196
[5]   idem p. 231
[6] Idem, p. 217

venerdì 24 maggio 2019

SIMONE CAMPA



Lo vedo entrare al Circolo dei Lettori, quello che io considero il “mio” Circolo, come per altri potrebbe essere  il circolo del tennis o il circolo Arci, dove gli ho dato appuntamento.
Ha un trolley che lo segue fedelmente, un’aria sempre un po’ sognante, quasi fosse immerso nel suono, sorride.
Il suo mestiere è resuscitare i suoni dentro di noi, quelli armonici, quelli buoni, quelli che fanno bene, che guariscono.
Intorno a noi gente che legge e che scrive. In mezzo a loro sto bene.
A Torino, una mattina di fine estate dell’anno scorso, sperimentai, presso il “mio” circolo, l’essere abbracciata dai suoni, direi l’essere rapita dai suoni al punto da vivere un’esperienza che non esito a definire estatica. Non lo scrivo tanto per scriverlo, mi sono laureata in Storia delle Religioni, esattamente in Psicologia del Misticismo religioso e ho qualche conoscenza teorica di stati alterati di coscienza. Per quanto riguarda la pratica, faccio riferimento all’antica arte del pranayama.
Può sembrare esagerato, lo capisco, ma arrivai per partecipare ad un laboratorio nell’ambito di Torino Spiritualità, senza aspettative, se non la voglia di mettermi alla prova, di giocare.
Da allora ho nuovamente sperimentato l’abbraccio dei suoni e la sua valenza positiva su di me, nello studio di questo giocoliere dei suoni prodotti da ciotole sonore, gong, didjeridoo, flauti, tamburelli, tamburi e molti altri strumenti.
Qui vi racconto la storia di Simone Campa, musicista polistrumentista e sound therapist. E’ stato lui a permettermi di scoprire questo altro modo di stare con i suoni: desidero sapere da lui come sia arrivato a questa scelta di usare le sue conoscenze musicali per curare l’altro e forse se stesso con il suono e raccontartelo.
La musica fa bene, lo sappiamo tutti: cantare, suonare uno strumento, ascoltare i suoni prodotti e riprodotti ci aiutano in mille situazioni diverse, accompagnano i nostri gesti quotidiani, segnano le date memorabili della nostra vita, ci rilassano o ci elettrizzano, ma ci possono anche rapire in un'altra dimensione, quando diventano ritmici, ipnotici.
Lo sanno bene coloro che studiano i riti sciamanici, gli antropologi che hanno studiato le danze tribali nelle popolazioni ( l’effetto estatico di ritmi e riti con strumenti che pulsano come la madre terra.)
Simone non è figlio d’arte, ci tiene subito a comunicarmelo, ma è cresciuto ascoltando la musica amata da sua madre. Un musicista in particolare ha segnato la sua infanzia: Antonio Vivaldi ed in particolare il suo capolavoro “ Le quattro stagioni”, che possiamo definire la colonna sonora della sua infanzia. Sorrido, ripensando ai miei pomeriggi romani, quando, molto giovane, fui rapita dalla musica, ascoltavo proprio Vivaldi e ballavo sulle note della morte del cigno di Chaikovsky.
Simone,  da Vivaldi in poi ha percorso molta strada musicale, ha incontrato culture mediterranee e subsahariane, sempre alla ricerca.
Il nostro terapeuta del suono, mentre ricorda i pomeriggi ad ascoltare “le quattro stagioni”, ha gli occhi che si illuminano: mi racconta del potere espressivo e descrittivo del musicista, della sua capacità di trasmettere immagini della natura.
Iniziò a scuola e non solo a suonare tutti gli strumenti che gli fu possibile suonare, dai cinque anni ai venti imparò a suonare il pianoforte, l’organo, la chitarra, la batteria, le percussioni, il sax, il flauto, le percussioni etniche.  Usò anche la sua voce, cantando in un coro.
E’ evidente la sua  curiosità e versatilità, che lo portò a provare ogni strumento possibile, ma non era ancora soddisfatto, a 16 anni si appassionò alle percussioni etniche per nutrirsi di ritmi e suoni originali, antichi, iniziò a frequentare le feste rituali del Sud Italia quando ancora parteciparvi non era un fenomeno di massa. Per questo si ritiene un pioniere del folk, ascoltò le tradizioni vesuviane e calabresi. Fu affascinato dalla ritualità e dagli elementi simbolici, che ci ricordano i nostri legami con la Madre terra. Imparò a suonare tamburi e cornici e nel 1999 fondò la Paranza del Geco, compagnia musicale che opera su tutto il territorio nazionale e all’estero per tenere acceso un fuoco sacro.
Per diciassette anni osservò i vecchi dei paesi dell’area vesuviana e i Sufi del Marocco e capì che in quei canti e in quei balli vi era una matrice mistica comune.
Curò l’uso di uno strumento come il tamburello, così mediterraneo, è intriso di influenza benefica, il suo suono pulsa, culla e ti porta in una dimensione cosmica permettendo all’individuo di vivere una condizione che rigenera.
Simone ha proseguito ancora nella sua ricerca musicale e ha iniziato a dedicarsi al Sound Healing da tre anni.
Ha studiato presso il Peter Hess Institut in Germania, https://www.peter-hess-institut.de/das-peter-hess-institut/, conseguendo il relativo diploma di operatore olistico del suono.
Sempre negli stessi anni ha conseguito il diploma presso la British Accademy of Sound Therapy presso l’Università di Chichester.
Attualmente Simone offre sessioni di gruppo di sound therapy e trattamenti individuali come operatore Peter Hess, il cui scopo è di ritrovare il benessere attraverso il suono. Il corpo viene nutrito di vibrazioni armoniche e riequilibrato.
Dopo una sessione di gruppo è interessante ascoltare le esperienze individuali, tutte diverse, tutte affascinanti, accumunate dallo star bene.
Simone è pieno di progetti: in Italia i metodi di medicina olistica non sono accolti dalla sanità pubblica a differenza dell’Europa del centro e del Nord, dove questi trattamenti sonori sono riconosciuti e praticati negli ospedali. Ci sono molte cose da fare, contatti, incontri, sessioni. Far conoscere questa terapia ed io sono qui per farla conoscere a te, lettore, lettrice.
Tra i mali di questi nostri tempi possiamo annoverare la fretta, forse il male più diffuso e devastante.
Molte patologie nascono da questi comportamenti, da questo modus vivendi.
La terapia del suono ci permette di rallentare e di operare un’introversione, un ritorno a casa.
Per ogni altra curiosità, vi invito a visitare il suo sito
Saluto il mio giovane amico, che riparte con la sua valigia piena di magie.



martedì 16 aprile 2019

NINETTA





Non scriverò dell’incendio di Notre Dame e neanche dello sversamento nel meraviglioso Mare Ligure di combustibile per permettere l’atterraggio di un aereo e neanche delle prossime elezioni europee e dei mille fatti che accadono e che vorrei commentare, ma, ci sono moltissimi altri che lo fanno.
Io continuo a scrivere di storie lette sui libri o ascoltate dalla voce di chi intervisto.
Sono tanti i libri che attendono di finire qui, sulle pagine del mio blog, per te lettore, lettrice.
Oggi ti racconto la storia di una donna di nome Ninetta.
La sua storia è raccontata sicuramente meglio di me da Andrea Camilleri nel suo libro “Donne” nel quale ci presenta 39 donne, alcune famose nella letteratura, altre nella storia, altre incontrate da lui.
Io ho scelto la storia di Ninetta per te. Unica figlia di genitori agricoltori, si innamorò di Giacomo, che passava, ai lati del campo dove  lei lavorava, con la sua mula per recarsi a vendere frutta e verdura in paese.
“Si parlarono  solo con gli occhi, si intesero e si scambiarono un’intesa solenne. Fu un lungo dialogo segreto che durò un attimo.”
Qualche tempo dopo la promessa, Giacomo passando con la mula, senza carico, scese, si avvicinò al muretto a secco del campo di Ninetta e nuovamente si parlarono con gli occhi.
Dopo poco Giacomo uccise Anselmo, il quale, oltre ad aver impedito al ruscello di scorrere liberamente ed irrigare i suoi campi, aveva ucciso Giuseppe, suo fratello, che era andato a protestare per la chiusa costruita sul ruscello e che comportava l’obbligo di pagamento per l’acqua, bene pubblico.
Giacomo fu arrestato e condannato all’ergastolo, a differenza di Anselmo anni prima che fu rimesso in libertà (se la giustizia fosse stata giusta, Anselmo non sarebbe morto e Giacomo non sarebbe diventato un assassino, ma la storia non si fa con i se).
Ninetta si prese cura della madre di Giacomo e si divise in due per lavorare entrambi i campi. Non si lamentò mai. Rifiutò tutti i pretendenti.
Nel 1961 Giacomo venne rimesso in libertà, dopo la richiesta di grazia e nel 1962 Ninetta e Giacomo si sposarono.
Ecco, non so voi, ma in questa storia ci sono tante cose, ma lascio a voi i commenti.



giovedì 21 marzo 2019

GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA



Ieri, 20.03.2019, si celebrava la giornata mondiale della felicità.
La festeggio con una poesia, una delle tante da me amate, perché oggi è la giornata mondiale della poesia ed è anche il primo giorno di primavera e infine, non certo per importanza, la giornata contro le mafie.
Anni fa a Torino, insieme a Libera e ai miei alunni, ascoltai i nomi di quasi 1000 morti a causa della delinquenza organizzata. Oggi in Tv da Padova, Luigi Ciotti ha parlato di più di 1100 morti.  Non sono trascorsi tanti anni da allora, ma il numero è aumentato. Ha aggiunto che sono “163 anni che parliamo di mafia”. Non sono capace di collegare l’inizio della primavera, l’amore per il lato poetico del mondo con la giornata in cui commemoriamo la morte di persone giuste, sperando di non dover aggiungere neanche un nome all’elenco. Forse è l’augurio di una nuova primavera per tutti.
Sperando che quel giorno arrivi presto, copio qui una poesia, perché le poesie, questo è certo, aiutano a capire come vivere più consapevolmente.



Ode alla Vita

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge, chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli si chiede qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.
Pablo Neruda