Allora a Torino i giovani ci sono!
Questa è già una notizia. Siamo una delle città con più anziani,
i giovani sono scappati all’estero, ma non è vero.
Oggi sono tantissimi, sorridenti, leggeri, colorati, allegri,
pieni di vita.
Pacifici.
Che gioia e che emozione ho provato questa mattina ad
incamminarmi lungo via Cernaia per raggiungere Piazza Statuto dovrei avrei
dovuto incontrare i miei amici.
Arrivavano in gruppo da ogni via.
Ho scritto che avrei dovuto incontrare i miei amici perché eravamo così tanti che in corso san
Martino mi sono fermata, mi mancava l’aria, io sono alta come Napoleone, ero
letteralmente circondata da giovani con i loro cartelli colorati per mostrare
al mondo che loro hanno recepito il grido di Greta, ci sono, sono pronti ai
sacrifici necessari per vivere e far vivere la nostra unica casa.
Sicuramente non tutti questi giovani sanno esattamente la
situazione attuale e quali scelte dovremo fare per ridurre i danni fatti: sono
qui, in piazza, perché è l’unico modo per farsi sentire. Alcuni di loro sono
elettori e hanno capito che solo questo conta. Votare e comprare. Usiamo la
nostra forza di elettori e di consumatori.
Intanto io allungavo il collo per respirare.
Che emozione incamminarmi verso la manifestazione con un ex
alunno e scorgerne altri tra la folla e chissà quanti non ne ho visti e chissà
quanti oggi avevano un esame oppure una lezione imperdibile, ma so che il loro
cuore batteva con noi, che in formato sardine in scatola, aspettavamo pazienti
e speranzosi che il corteo si incamminasse per liberarci da quella scomoda
posizione e anche pericolosa.
Io marcio per i miei figli, per i miei nipoti, per i miei
alunni, per tutti coloro che hanno il sacrosanto diritto a vivere in un mondo
dove si respiri aria profumata, si goda del fresco e dell’ombra degli alberi,
dei colori dei fiori, della limpidezza del mare, dell’armonia della Natura
nella sua enorme e incomprensibile perfezione, bellezza e mistero.
Io marcio perché voglio un mondo che non rischi il collasso.
Patrizia mi ha raggiunto e insieme a lei ho iniziato a camminare:
gli altri adulti presenti erano in parte professori come noi, persone che hanno
gettato dei semi e che sono felici di vedere sbocciare dei fiori.
E’ vero, scioperare vuol dire non andare a scuola. Ma siate
sinceri: quanti ragazzi siedono sui banchi e sono altrove con la loro mente?
Oggi non hanno perso un giorno di scuola, tranquilli, oggi hanno imparato che
la partecipazione è il sale della
democrazia.
Erano gli anni 70, i magnifici e terribili anni 70, quelli in
cui i primi scienziati si riunirono a Roma per annunciare al mondo che era
necessario e URGENTE ridurre le emissioni di CO2.
Il libro che lessi da giovane liceale fu “I limiti dello sviluppo” e da qualche
parte ho ancora gli appunti che presi.
Fui profondamente impressionata ed fui sicura che presto
avrei visto pale eoliche, macchine elettriche, tram, pannelli solari ovunque.
Invece abbiamo comprato condizionatori per il caldo torrido,
abbiamo iniziato a viaggiare per un weekend, abbiamo deciso di far viaggiare
una carota dalla Sicilia, dove nasce, alla Germania, dove la impacchettano e
dalla Germania alla Sicilia, dove la vendono grattugiata.
Noi mangiamo carote grattugiate da altri, carote che viaggiano
in aereo.
Cosa mangiamo?
Quanto abbiamo inquinato per la nostra pigrizia?
Abbiamo scelto di comprare abiti nei centri commerciali dove
le porte sono sempre aperte e una lama di aria fredda o calda ci rinfresca o ci
riscalda a secondo delle stagioni.
Tanto difficile aprire una porta?
Abbiamo scelto di abolire i tram!
Di non potenziare le auto elettriche.
Di criticare coloro che si recano al lavoro in bici, invece
di fargli un monumento e ringraziarli.
Impacchettiamo tutto mille volte.
Buttiamo tutto ovunque.
D’inverno non ci bastano 20 gradi.
Contate per favore quanti anni abbiamo perso, per colpa di
interessi personali di pochi e per la nostra abitudine alla comodità.
Ciò che proprio non capisco è la rabbia che sento da parte di
alcuni adulti verso questo movimento di giovani nato da una ragazza svedese,
che ha saputo incanalare le caratteristiche della sua malattia, il bisogno di
ritualità per esempio, la fissazione su un aspetto della vita, in una denuncia
collettiva.
Solo una persona che ha poco da perdere, perché sofferente, perché
esclusa per la sua diversità, solo una persona così può avere la forza per
opporsi, per denunciare.
E chi la segue non è “pecora” come amano dire gli immancabili
critici, ma coglie la forza che proviene da lei: è giovane e i giovani la
seguono.
C’è che dice che la denuncia è compito degli scienziati:
vero. Qualcuno li ha ascoltati?
Sono tornata a casa con gli occhi pieni della bellezza dei
giovani, seduti ovunque in un centro senza auto, erano in mezzo alla piazza,
seduti sul ponte, sulle sue sponde, sui marciapiedi a sognare, a progettare la
loro uscita serale, il prossimo appuntamento, cosa raccontare alla mamma e
quale giustificazione scrivere al Preside.
Tutto questo è possibile solo se il Pianeta azzurro avrà la
sua dose di ossigeno e di anidride carbonica come previsto dall’inizio della
Vita.
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