Film sulle madri
Sono tornata a cinema, una
delle mie grandi passioni, come già sai, amico, amica lettrice.
Oggi ho visto in lontananza la fila di persone
fuori dal cinema, forse a causa del tempo piovigginoso.
Nei primi giorni autunnali,
nella sala cinematografica dove mi piace recarmi e che ha riaperto da poco, vi
erano pochissime persone, ora c’è la fila per pagare alla cassa.
Ho visto recentemente due
film, entrambi sulla “madre”: l’Arminuta e Madres Paralelas.
La parola madre richiama i
culti antichi legati alla Terra, alla fecondità, all’abbondanza e potremmo continuare
con accoglienza (la terra accoglie il seme), dono, gratuità (i frutti spontanei
della terra), calore, nutrimento.
Una madre “sufficientemente
buona”, come scrisse il pediatra e psicoanalista inglese Donald Winnicott, “è
capace di rispondere ai bisogni del figlio fin dalla nascita” (Sviluppo
affettivo e ambiente, pag.68).
Tutti noi siamo figli, tutti
noi abbiamo avuto una madre biologica. Non esiste un tema più universale di
questo. Una madre ci segna. Ogni donna sa bene, se madre a sua volta, la
responsabilità e la gioia di essere mamme.
L’Arminuta è la trasposizione
cinematografica di un libro omonimo scritto dalla bravissima scrittrice
Donatella di Pietrantoni, di cui scrissi qui.
Il regista Giuseppe Bonito
racconta la storia di una adolescente, la “ritornata”, Sofia Fiore, che improvvisamente
scopre il disorientamento dell’abbandono e il dolore del tradimento da parte di
chi considerava da sempre madre.
Nel momento dell’abbandono da
parte di una madre, che madre non sa e non può più essere, ritrova una madre, quella
che la abbandonò pochi mesi dopo la nascita a causa dell’estrema povertà in cui
viveva. Questa madre, una bravissima
Vanessa Scolera, al ritorno di sua
figlia non è in grado di gesti o parole di amore, di accoglienza, di tenerezza
o comprensione, ma solo di sguardi ansiosi e di silenzi.
La giovane sente di essere una
bocca in più da sfamare in una famiglia che vive in condizioni di estrema
povertà, lei che aveva conosciuto l’agiatezza nella sua precedente vita da
figlia. Sa di non essere gradita, di essere di peso.
L’amore, in questo deserto
affettivo, sboccia tra lei e la sorellina: diversissime e complici. Adriana,
rappresentata da una talentuosa Carlotta De Leonardis, accoglie “la ritornata”
nel suo letto, dove dormono capo e
piedi, la cerca quando fugge da casa, l’abbraccia, sono complici di brevi fughe
da un mondo angusto. Tra loro non solo
sguardi, ma anche corpi che si toccano, progetti e racconti.
La madre sufficientemente
buona è una certezza, un riparo. La ritornata non è più figlia, è sola, da sola
deve trovare la forza di essere, negli sguardi trovare se stessa. Non
conosciamo il suo nome né nel libro né nel film: una ragazza senza identità, perché
non figlia, abbandonata e riabbandonata, non voluta, non sognata. Un pacco,
come si definisce lei stessa.
Molto diverso il film di Pedro
Almodovar, che da sempre indaga sull’universo femminile.
Due madri, due madri single
che vivono le loro storie in una Spagna che si interroga sul periodo
franchista, che scava alla ricerca dei corpi dei suoi martiri.
Sono due madri che accolgono,
anche se sole, sono madri che amano, piangono, ridono, accanto e per la figlia
nata.
Come un archeologo ricerca i
segni del passato, così Janis, una bravissima Penelope Cruz, cerca la verità
sulla figlia che non le assomiglia e scopre una amara verità.
Due film che consiglio.
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