Sottotitolo: Diario dalla zona gialla.
Questa mattina il Piemonte, la Lombardia, la Calabria e Basilicata diventano per legge zona gialla. Se leggi da queste Regioni lo sai, diversamente ti informo.
Qualche giorno fa eravamo già stati riconosciuti come arancioni,
ma la vita delle persone comuni cambiava così poco che non ho sentito un gran cambiamento. Molti sono
subito corsi in centro, affollando le vie natalizie, mentre io ho continuato a
solcare le stesse strade. I negozi di abbigliamento hanno riaperto, gli unici
ad essere stati costretti a chiudere nel periodo in cui eravamo rossi.
I dati dei contagiati rispetto
ai tamponi effettuati pare che indichino un miglioramento della curva
pandemica, per cui da oggi il cittadino piemontese potrà viaggiare, spostarsi, andare al ristorante,
troverà i negozi aperti. Le attività commerciali ne beneficeranno.
Bisogna essere prudenti,
perché i morti sono tanti, troppi. Siamo il primo paese europeo per numero di
morti, che si sommano a tutti i morti per altre malattie, che purtroppo
continuano ad esistere.
I cinema, i teatri, i musei,
le scuole medie e superiori, le Università e le palestre continueranno a
rimanere chiusi.
La
malattia pandemica non è finita.
In
Gran Bretagna hanno iniziato a vaccinare la popolazione: il primo vaccinato si
chiama William Shakespeare ed è un novantenne. Il vaccino è stato preparato e
validato in un tempo record, se pensiamo che la malattia si è presentata con
tutta la sua evidenza nel mese di gennaio del 2020, anche se da molti studi
risulta che fosse presente già nei mesi precedenti.
I
russi hanno chiamato il vaccino Sputnik e chiedono ai cittadini di non bere alcolici
per non inficiare l’esito sul sistema immunitario.
Non so come si chiami il vaccino
cinese, ma se i cinesi si vaccinano pur non avendo più casi, pur isolando i
viaggiatori positivi in arrivo, come è successo al giornalista Filippo
Santelli, corrispondente della Repubblica dalla Cina, rimasto per 40 giorni in
una stanza di 18 metri quadri di un ospedale di Nanchino,allora forse non basta
l’isolamento per sconfiggerlo.
In Europa i vaccini
arriveranno a Gennaio.
Negli Usa inizieranno la
campagna di vaccinazione domani, lunedì 14.12.2020.
Dovremmo essere contenti, in
realtà alcuni sono preoccupati per la velocità con cui sono stati prodotti e
testati.
In Italia si discute. Si
discute sempre. I politici cercano sempre le luci della ribalta su di loro. I
progetti da proporre all’Europa per la ricostruzione post pandemica sono pochi,
dicono gli intervistati in ogni talk, e poco significativi per sanità, scuola,
cultura e turismo. Grave, molto grave. Paghiamo esperti, i morti aumentano, i
progetti non sbocciano.
Oggi sono in zona gialla,
potrei viaggiare, invece credo che andrò a fare la solita camminata nei
dintorni. Per fortuna c’è il sole. Anche se è inverno.
Ciò che ti ho raccontato in
questi mesi di malattia pandemica è completamente diverso da ciò che ti ho
raccontato negli anni precedenti.
Vorrei raccontarti come è
cambiata la mia scrittura, la priorità delle cose da raccontarti, ma mi accorgo
che ho un’altra priorità: c’è il sole e ho voglia di uscire a camminare. Buona
domenica a te, in qualsiasi zona tu sia, spero che tu stia bene, che tu possa
uscire da casa, con la mascherina, mi raccomando.
Ecco, sono tornata al mio
scrittoio.
Oggi sul Lungo Po eravamo in
tanti. Chi correva, chi andava in bici, chi camminava. Tanti sono partiti verso
la montagna per ciaspolare o praticare sci di fondo, gli unici sport concessi
in questo periodo. Ironia della sorte sulle Alpi c’è quella neve che tante
volte negli scorsi anni era scarsa se non assente del tutto.
I miei brevi racconti sono
molto cambiati. Non recensisco più i libri che leggo e che ritengo meritevoli
di essere conosciuti dai miei lettori, né i film che vedo né i festival che
seguo online. La cultura, in cui continuo a credere, mi pare che non sia
argomento prioritario e pubblico, bensì intimo e privato, in questi mesi.
Attori, musicisti, scrittori, registi ci stanno accompagnando, così come la
prima volta, in questo tempo di solitudine e di intensa riflessione, con garbo,
con delicatezza, offrendoci mille spunti e mille occasioni di incontro con i
grandi di ogni tempo e lo fanno sapendo che loro stessi sono in grandi
difficoltà, ma credendo al loro ruolo.
Non riesco a non scrivere che se vuoi puoi entrare nel Teatro dell’Opera
di Roma oppure al San Carlo di Napoli o alla Scala di Milano oppure al Regio di
Torino e chissà in quanti altri teatri di cui non so, e ascoltare la musica e
il canto lirico. Sì, puoi entrare al teatro Baretti di Torino, per esempio.
Non posso non dirti che i
festival sono stati organizzati on line, così il TFF, così il festival della
tecnologia o il Salone del Libro autunnale e mille altri.
Eppure non ti racconterò nulla
di ciò che ho visto, pensato, rimuginato.
Solo qualcosa di molto frivolo, che mai mi ha
interessato. Ti puoi vestire bene, metterti gli orecchini e persino il
rossetto, sederti nella comoda poltrona di casa e stare in prima fila. In
attesa di tornare nelle solite file, quelle più economiche, almeno io,
insegnante in pensione, a godere del pensiero creativo dell’umanità, un’umanità
che appare sempre diversa e sempre uguale a quella nella quale viviamo.
Se leggi la storia di Augusto
( John Williams, Augustus), il primo Imperatore romano, scopri che non è
cambiato molto nel modo di esercitare il ruolo pubblico: contornarsi di amici
fidati, eliminare gli ipotetici nemici, senza tanti distinguo e attenzioni,
stringere alleanze con chi fino a poco prima credevi nemico, solo per
combattere chi è ancora più nemico.
Se ascolti il Grande
Inquisitore (Dostoevsckij) recitato dal grande Orsini, (Rai Play) ti accorgi
che tutti coloro che seguono le parole di Gesù, che voleva gli uomini liberi di
scegliere, liberi dai miracoli e dal mistero (le tentazioni), sono ancora oggi
disattese proprio da chi le avrebbe dovute custodire e celebrare, mentre chi le
celebra viene condannato, ancora oggi, anche se con forme diverse dal rogo.
Tutto mi appare futile, non
solo ciò che lo è veramente, il gioiello o il rossetto, il vestito o un piatto
raffinato, ma anche ciò in cui credevo veramente, la cultura.
Tutte le speranze, tutte le
promesse, come in una famosa canzone di Gianni Morandi, per un mondo d’amore, dove sono finite?
Il 10 dicembre abbiamo celebrato la giornata mondiale dei diritti umani.
Abbiamo saputo come hanno torturato Giulio Regeni, uno studente, un ragazzo, un figlio, una speranza, una vita. Non ho letto, non voglio conoscere i dettagli, ricordo solo le parole della mamma che disse che lo aveva riconosciuto dal naso. Avevo già capito.
Ho creduto che la storia
dell’umanità, iniziata con disuguaglianze ed ingiustizie terribili, atroci,
camminasse speditamente negli ultimi 70 anni verso la conquista della giustizia
e dell’uguaglianza dei diritti di tutti gli uomini nati su questa comune terra.
Inoltre le conquiste tecnologiche, che ci permettono di conoscere in tempo
reale ciò che capita lontano da noi, avrebbero dovuto essere la garanzia che
nulla e nessuno più potesse nuocere all’essere umano.
Non perché controllati, ma
perché visibili, a tutti. Non come quei polacchi o quei tedeschi che hanno
potuto ignorare ciò che capitava vicino alla loro casa negli anni del genocidio
degli ebri.
Noi sappiamo.
Sappiamo ciò che sta accadendo
agli Armeni e ai Rohingya o ai popoli indigeni brasiliani.
E non possiamo fare nulla.
La tecnologia arma i robot che
sferrano attacchi mortali mirati, ma non protegge il singolo giovane, come non
ha protetto Giulio Regeni, o lo studente Zaky o
mille e mille altri, imprigionati o uccisi ingiustamente in tutte le dittature ancora
esistenti.
Chiediamo giustizia. Firmiamo
appelli.
Sappiamo che vengono bruciati
ettari ed ettari del polmone verde del mondo, lo sappiamo, ne parliamo, ci
ritroviamo, convegni, libri e nulla cambia, anzi sì, il verde diminuisce ogni
ora, ogni minuto, ogni secondo.
Nel 2019 avevo delle speranze:
i ragazzi di Greta e le sardine. Giovani pieni di ideali, pacifici e concreti.
Sapienti per la loro giovane età.
Poi è arrivato il “coso”.
Oggi vivo in una zona gialla,
che gialla di fatto non è se non per motivi economici, gli stessi che
permettono che si brucino le foreste pluviali e che si imprigionino gli esseri
liberi.