domenica 13 dicembre 2020

GIORNATA MONDIALE DEI DIRITTI UMANI

 

 

Sottotitolo: Diario dalla zona gialla.

Questa mattina il Piemonte, la Lombardia, la Calabria e Basilicata diventano per legge zona gialla. Se leggi da queste Regioni lo sai, diversamente ti informo.

Qualche giorno fa  eravamo già stati riconosciuti come arancioni, ma la vita delle persone comuni cambiava così poco che non  ho sentito un gran cambiamento. Molti sono subito corsi in centro, affollando le vie natalizie, mentre io ho continuato a solcare le stesse strade. I negozi di abbigliamento hanno riaperto, gli unici ad essere stati costretti a chiudere nel periodo in cui eravamo rossi.

I dati dei contagiati rispetto ai tamponi effettuati pare che indichino un miglioramento della curva pandemica, per cui da oggi il cittadino piemontese  potrà viaggiare, spostarsi, andare al ristorante, troverà i negozi aperti. Le attività commerciali ne beneficeranno.

Bisogna essere prudenti, perché i morti sono tanti, troppi. Siamo il primo paese europeo per numero di morti, che si sommano a tutti i morti per altre malattie, che purtroppo continuano ad esistere.

I cinema, i teatri, i musei, le scuole medie e superiori, le Università e le palestre continueranno a rimanere chiusi.

La malattia pandemica non è finita.

In Gran Bretagna hanno iniziato a vaccinare la popolazione: il primo vaccinato si chiama William Shakespeare ed è un novantenne. Il vaccino è stato preparato e validato in un tempo record, se pensiamo che la malattia si è presentata con tutta la sua evidenza nel mese di gennaio del 2020, anche se da molti studi risulta che fosse presente già nei mesi precedenti.

I russi hanno chiamato il vaccino Sputnik e chiedono ai cittadini di non bere alcolici per non inficiare l’esito sul sistema immunitario.

Non so come si chiami il vaccino cinese, ma se i cinesi si vaccinano pur non avendo più casi, pur isolando i viaggiatori positivi in arrivo, come è successo al giornalista Filippo Santelli, corrispondente della Repubblica dalla Cina, rimasto per 40 giorni in una stanza di 18 metri quadri di un ospedale di Nanchino,allora forse non basta l’isolamento per sconfiggerlo.

In Europa i vaccini arriveranno a Gennaio.

Negli Usa inizieranno la campagna di vaccinazione domani, lunedì 14.12.2020.

Dovremmo essere contenti, in realtà alcuni sono preoccupati per la velocità con cui sono stati prodotti e testati.

In Italia si discute. Si discute sempre. I politici cercano sempre le luci della ribalta su di loro. I progetti da proporre all’Europa per la ricostruzione post pandemica sono pochi, dicono gli intervistati in ogni talk, e poco significativi per sanità, scuola, cultura e turismo. Grave, molto grave. Paghiamo esperti, i morti aumentano, i progetti non sbocciano.

Oggi sono in zona gialla, potrei viaggiare, invece credo che andrò a fare la solita camminata nei dintorni. Per fortuna c’è il sole. Anche se è inverno.

Ciò che ti ho raccontato in questi mesi di malattia pandemica è completamente diverso da ciò che ti ho raccontato negli anni precedenti.

Vorrei raccontarti come è cambiata la mia scrittura, la priorità delle cose da raccontarti, ma mi accorgo che ho un’altra priorità: c’è il sole e ho voglia di uscire a camminare. Buona domenica a te, in qualsiasi zona tu sia, spero che tu stia bene, che tu possa uscire da casa, con la mascherina, mi raccomando.







Ecco, sono tornata al mio scrittoio.

Oggi sul Lungo Po eravamo in tanti. Chi correva, chi andava in bici, chi camminava. Tanti sono partiti verso la montagna per ciaspolare o praticare sci di fondo, gli unici sport concessi in questo periodo. Ironia della sorte sulle Alpi c’è quella neve che tante volte negli scorsi anni era scarsa se non assente del tutto.

I miei brevi racconti sono molto cambiati. Non recensisco più i libri che leggo e che ritengo meritevoli di essere conosciuti dai miei lettori, né i film che vedo né i festival che seguo online. La cultura, in cui continuo a credere, mi pare che non sia argomento prioritario e pubblico, bensì intimo e privato, in questi mesi. Attori, musicisti, scrittori, registi ci stanno accompagnando, così come la prima volta, in questo tempo di solitudine e di intensa riflessione, con garbo, con delicatezza, offrendoci mille spunti e mille occasioni di incontro con i grandi di ogni tempo e lo fanno sapendo che loro stessi sono in grandi difficoltà, ma credendo al loro ruolo.

Non riesco a non scrivere  che se vuoi puoi entrare nel Teatro dell’Opera di Roma oppure al San Carlo di Napoli o alla Scala di Milano oppure al Regio di Torino e chissà in quanti altri teatri di cui non so, e ascoltare la musica e il canto lirico. Sì, puoi entrare al teatro Baretti di Torino, per esempio.

Non posso non dirti che i festival sono stati organizzati on line, così il TFF, così il festival della tecnologia o il Salone del Libro autunnale e mille altri.

Eppure non ti racconterò nulla di ciò che ho visto, pensato, rimuginato.

 Solo qualcosa di molto frivolo, che mai mi ha interessato. Ti puoi vestire bene, metterti gli orecchini e persino il rossetto, sederti nella comoda poltrona di casa e stare in prima fila. In attesa di tornare nelle solite file, quelle più economiche, almeno io, insegnante in pensione, a godere del pensiero creativo dell’umanità, un’umanità che appare sempre diversa e sempre uguale a quella nella quale viviamo.

Se leggi la storia di Augusto ( John Williams, Augustus), il primo Imperatore romano, scopri che non è cambiato molto nel modo di esercitare il ruolo pubblico: contornarsi di amici fidati, eliminare gli ipotetici nemici, senza tanti distinguo e attenzioni, stringere alleanze con chi fino a poco prima credevi nemico, solo per combattere chi è ancora più nemico.

Se ascolti il Grande Inquisitore (Dostoevsckij) recitato dal grande Orsini, (Rai Play) ti accorgi che tutti coloro che seguono le parole di Gesù, che voleva gli uomini liberi di scegliere, liberi dai miracoli e dal mistero (le tentazioni), sono ancora oggi disattese proprio da chi le avrebbe dovute custodire e celebrare, mentre chi le celebra viene condannato, ancora oggi, anche se con forme diverse dal rogo.

Tutto mi appare futile, non solo ciò che lo è veramente, il gioiello o il rossetto, il vestito o un piatto raffinato, ma anche ciò in cui credevo veramente, la cultura.

Tutte le speranze, tutte le promesse, come in una famosa canzone di Gianni Morandi, per un mondo d’amore, dove sono finite?

Il 10 dicembre abbiamo celebrato la giornata mondiale dei diritti umani.

Abbiamo saputo come hanno torturato Giulio Regeni, uno studente, un ragazzo, un figlio, una speranza, una vita. Non ho letto, non voglio conoscere i dettagli, ricordo solo le parole della mamma che disse che lo aveva riconosciuto dal naso. Avevo già capito.

Ho creduto che la storia dell’umanità, iniziata con disuguaglianze ed ingiustizie terribili, atroci, camminasse speditamente negli ultimi 70 anni verso la conquista della giustizia e dell’uguaglianza dei diritti di tutti gli uomini nati su questa comune terra. Inoltre le conquiste tecnologiche, che ci permettono di conoscere in tempo reale ciò che capita lontano da noi, avrebbero dovuto essere la garanzia che nulla e nessuno più potesse nuocere all’essere umano.

Non perché controllati, ma perché visibili, a tutti. Non come quei polacchi o quei tedeschi che hanno potuto ignorare ciò che capitava vicino alla loro casa negli anni del genocidio degli ebri.

Noi sappiamo.

Sappiamo ciò che sta accadendo agli Armeni e ai Rohingya o ai popoli indigeni brasiliani.

E non possiamo fare nulla.

La tecnologia arma i robot che sferrano attacchi mortali mirati, ma non protegge il singolo giovane, come non ha protetto Giulio Regeni,  o lo studente Zaky o mille e mille altri, imprigionati o uccisi ingiustamente in tutte le dittature ancora esistenti.

Chiediamo giustizia. Firmiamo appelli.

Sappiamo che vengono bruciati ettari ed ettari del polmone verde del mondo, lo sappiamo, ne parliamo, ci ritroviamo, convegni, libri e nulla cambia, anzi sì, il verde diminuisce ogni ora, ogni minuto, ogni secondo.

Nel 2019 avevo delle speranze: i ragazzi di Greta e le sardine. Giovani pieni di ideali, pacifici e concreti. Sapienti per la loro giovane età.

Poi è arrivato il “coso”. 

Oggi vivo in una zona gialla, che gialla di fatto non è se non per motivi economici, gli stessi che permettono che si brucino le foreste pluviali e che si imprigionino gli esseri liberi.

 

 

giovedì 10 dicembre 2020

SCONTI NATALIZI un anno dopo


Lo racconto proprio a te

Riflessioni, spunti, appunti

 puoi acquistarlo con lo sconto del 30%

ordinando sul sito della casa editrice

www.ilpenninodinoaloi.it

 Roma, Fondazione Paolo Murialdi


Un anno dopo. Un bellissimo ricordo di due serate.Il 10 dicembre, a Torino, presso Casa Aita, con gli amici ad ascoltare la voce di Bruna Parodi leggere brani tratti dal libro e commentati da Franca Balsamo, autrice della postfazione.

Un anno dopo. il 15 dicembre ero in viaggio verso Roma, dove presentai il giorno dopo il libro presso la Fondazione Murialdi davanti a molti amici e familiari. Ero emozionatissima. Per esempio ho rivisto con gioia la mia compagna di banco al liceo, che non vedevo da 45 anni. 



 


Torino, Casa Aita 





di  seguito un aggiornamento dei commenti dei lettori e delle lettrici del libro


Cosa ne pensano i lettori

Inviaci le tue impressioni. Le inseriremo in questa pagina.

roberta.isastia@gmail.com

 

Il libro si può acquistare anche 

 presso l’autrice (inviare una mail a roberta.isastia@gmail.com) con il medesimo sconto

3.     

Andrea Donna giornalista

Il libro ha una forte carica civile e sociale con una connotazione intimista, un forte impegno per l’ambiente.

Anna

Il tuo libro è semplicemente un dono. L’amore nei confronti dei tuoi figli, la gratitudine verso la tua Professoressa, la gratitudine di poter cogliere l’immenso quando cammini in montagna, la delicatezza con la quale hai parlato della malattia e tanta romanità celata con molta ironia.

Pietro Tartamella, scrittore, poeta, lettore ad alta voce e molte altre cose

Non possiamo dire che sia un libro di letteratura. Piuttosto una raccolta di “lettere”, con taglio giornalistico, che Roberta Isastia dal 2016 ha pubblicato sul suo blog “lo racconto proprio a te”.

Le lettere normalmente hanno un destinatario. Infatti i destinatari sono i lettori del suo blog e, nel momento in cui gli articoli vengono raccolti in un libro cartaceo, i destinatari diventano coloro che leggono il libro. Le parole “mi rivolgo proprio a te lettrice/lettore” – “caro lettore/lettrice” sono disseminate con dovizia lungo tutte le 295 pagine, segno di un bisogno grande di comunicare, di raccontare, di rendere partecipe gli altri delle proprie esperienze e delle proprie riflessioni.

La scrittura è scorrevole, vivace, e man mano svela le grandi passioni di Roberta, prima fra tutte, mi è sembrato di capire, la voglia di mostrare cosa vuol dire fare il “mestiere di cittadino”.

Da sola, o in compagnia di amiche, Roberta esplora la città come se fosse una casa, con la sua consueta curiosità creativa si informa, frequenta appuntamenti, manifestazioni, partecipa a dibattiti alla ricerca di voci che possano insegnarle qualcosa. La vediamo al Circolo dei Lettori, a Torino Spiritualità, al Salone del Libro, alla Giornata internazionale dello Yoga, al Torino Film Festival, alla ricerca di stimoli e momenti che possano suscitare in lei riflessioni e approfondimenti.

È stata un’insegnante delle scuole Medie Inferiori, ora in pensione, e ha sempre cercato di trasmettere ai suoi allievi, con l’esempio, questa sana curiosità per la cultura e il senso di essere “cittadini consapevoli”.

I luoghi in cui ha vissuto ha cercato di sentirli sempre come “casa”. La prima città-casa è Roma, l’amatissima città in cui è nata. Poi Torino, la città adottiva. Già me la vedo Roberta, nell’ipotesi che debba trasferirsi in un’altra città, esplorare curiosa le vie e le piazze, alla ricerca di angoli suggestivi, alla ricerca di eventi, realtà curiose, nascoste, a scovare manifestazioni e appuntamenti, finché il nuovo luogo non diventi per lei la sua nuova “casa”, tanta profonda è la sua passione e tanto irrinunciabile il suo impegno civile.

L’arte, la cultura, la bellezza come prevenzione. Un concetto che esprime spesso.

Prevenzione di che? Forse non è importante definire quel “di che”. Prevenzione, da sola, è parola sufficiente, lasciando aperte tutte le mille direzioni: arte, cultura, bellezza = prevenzione.

Emergono dal libro la sua vocazione per il lavoro di giornalista, la sua visione ecologista, il suo amore per la nonviolenza.

“Non so se siano incendi dolosi, so che vorrei più interesse verso quello che sta succedendo in molti luoghi boschivi del Piemonte. Penso che ora sia il momento di agire e vigilare, e dopo di giudicare e punire un gravissimo crimine verso la natura e quindi verso tutta l’umanità.

Io umilmente chiedo, a chi è famoso, di scrivere, di usare la pacifica penna per sensibilizzare, e a te di credere che cambiare sia possibile, anzi, che cambiare sia necessario, urgente. Di trovare il tuo secchio di acqua. Ognuno ha il suo”. (pag.18)

Roberta, pur se non è famosa, è pur sempre stata insegnante, ed ora anche blogger con la sua penna, ed è stata a contatto con i giovani, ed ecco che svela perché scrive: per sensibilizzare, per portare il suo secchio d’acqua.

A pag. 20 cerca di spiegare a se stessa che cos’è questo suo libro, il perché lo ha scritto:

Non è facile recensire questo libro, che non è un romanzo, non è un saggio, non è un diario, non è un’autobiografia. È un grido di aiuto, è un provare a svegliare i pigri e gli addormentati, tutti noi insomma, ed è un tentativo di parlare ai giornalisti, prima ancora che ai politici”.

È un grido di aiuto dunque, tanta è la preoccupazione per questa nostra casa comune che è il mondo! Tante cose condivisibili ho trovato.

Non posso che fare gli auguri a Roberta, affinché continui a scrivere sul suo blog. 

            Vanda Bouc

Musica, suoni e spiritualità, sono alcuni degli argomenti trattati da Roberta, sono spunti su cui mi sono soffermata a riflettere: molti ascoltano la musica, ma pochi sanno come ascoltarla.

Roberta nei suoi racconti mi ha spinto ad attivare in me alcuni centri spirituali permettendomi di proiettarmi nello spazio, di godere appieno della bellezza che le onde sonore sanno trasmettere. Durante la lettura io ho ascoltato la mia voce interiore e, guidata dalla sua scrittura, ho appreso a guardare il mondo che mi circonda con occhi diversi.

Ho imparato ad apprezzare nella vita di tutti i giorni le vibrazioni che il suono produce, se non avessi letto il libro di Roberta di certo non mi sarei soffermata a riflettere, la musica è una forza, ogni suono produce delle vibrazioni che, a seconda della loro natura, scatenano degli impulsi che bisogna imparare a servirsi!

Anch’io come Roberta nella stagione estiva abito nella casa di famiglia a Balboutet e nel leggere i suoi racconti così descrittivi ho imparato ad apprezzare la bellezza della natura.

Molte volte si dà per scontato ciò che abbiamo senza amarlo veramente.

Roberta ha passione per la cultura e amore per la conoscenza, giocando fra insegnante e allievo, nella scrittura si evince il suo desiderio di trasmetterli al mondo, ha sete di giustizia e vorrebbe vivere in una comunità più equa: “non dove il sistema rende il povero sempre più povero e il ricco sempre più ricco”.

Consiglio la lettura di questo libro a chi come me è curiosa/o di conoscenza, sono racconti pieni di spunti di varia natura dove la lettrice/lettore può decidere se approfondire l’argomento oppure tenere la notizia come semplice informazione. 

 

Gabriella Antonielli  Insegnante di musica

Lo racconto proprio a te. Partiamo di qua: un titolo efficace e che ti chiama, ti coinvolge fin dalla copertina.  

Le rive del Po, i sentieri alpini, il Circolo dei lettori, il Duomo di Torino, il Teatro Regio, Piazza e Teatro Carignano, il cortile del Maglio.

Mostre di pittori, esperienze sulla Musica, storie di donne e di uomini importanti, storie di gente comune, riflessioni sulla propria storia personale di donna e di docente …

Torino …. Roma … l’Europa …. il mondo intero …

Si passa da un luogo all’altro, da una situazione all’altra, da un evento all’altro, da un personaggio all’altro con grande leggerezza in tua compagnia Roberta, carissima amica,e mi sembra di non essere più solo semplicemente lettrice ma protagonista attiva. Almeno a me è successo questo. Non ho letto il libro dall’inizio alla fine ma saltellando qua e là e, fra un racconto e un viaggio, fra uno scritto sull’ambiente e una riflessione sul mondo della scuola o della musica, sono rimasta coinvolta in una significativa esperienza  perché in ognuno di questi scritti mi sono ritrovata a camminare con te Roberta nel vero senso della parola, con te  che rifletti e partecipi con il cuore, che accogli e condividi con generosità  tanti tasselli della tua vita quotidiana sempre vissuta con grande curiosità e  intelligenza. Mi sono immersa e sono riemersa dalla lettura peraltro sempre piacevole e scorrevole, provando sensazioni positive, percependo una bella  carica di entusiasmo, provando stimoli nuovi, belle emozioni su argomenti che amo come per esempio la Musica, e vedendo riaffiorare qua e là  ricordi forti  particolarmente sentiti negli argomenti sulla Musica e ripercorrendo Torino,  la mia città di nascita.

Un piccolo tesoro da custodire nella mia libreria, da diffondere tra le mie relazioni, da riprendere per ritrovare la mia amica. Un’ultima sensazione, mentre leggevo ho proprio sentito attraverso lo scritto la tua voce, il tuo modo di esprimerti, la tua modalità nel porti verso gli altri e verso le varie situazioni della vita …. mi è sembrato averti di fronte, cara Roberta e di sentirmi in profonda sintonia.


Maria Teresa Matera psicologa

Leggere Roberta è immergersi in un armonico accordo tra il suo sguardo sincero, acuto e la realtà. Diventa una comunione naturale, con cui ti fondi e ogni cosa si rivela così com'è. E' come un viaggio in macchina con la testa fuori dal finestrino in un momento di fame d'aria. Ti concede libertà in movimento.

Maria Grazia Trigolo 

Ho letto il tuo libro e devo dirti che è stato molto piacevole, proprio come se ti avessi incontrata e se ci fossimo fermate a parlare. Ho trovato spunti per leggere nuovi libri e vedere alcuni film che non sono più in programmazione.

Barbara

Hai un modo magico di scrivere e di catturare l’attenzione. Spero che lo leggano in molti, perché fai riflettere.

Franca Balsamo Docente Sociologia della Famiglia

I suoi testi che “rivolge a noi, proprio a noi” con quel tu che ci chiama, ci accoglie e ci fa entrare subito in relazione con lei, hanno, nella loro semplicità e linearità, un ritmo musicale….La musica orchestrale diventa non solo la metafora ma il modello del vivere umano nell’incontro armonico tra le differenze dei diversi strumenti di ciascuno….Fare delle relazioni umane un’orchestra vivente, questo è il suo invito.

Maria Nella

Mi stai regalando tante pillole di bellezza e di consapevolezza. Spero siano in tanti a leggerlo.

Laura Gambarelli

Dopo aver letto il suo libro "Lo racconto proprio a te", mi sembra di conoscere e di essere amica di Roberta da una vita.

 

Patrizia Natali Docente di scienze

Una lettura scorrevole, diretta, semplice; piacevolmente condividi luoghi ed eventi della tua Città di adozione! Un racconto e una narrazione che assumono la funzione del diario in cui ritrovo i miei ricordi! Da quasi 40 anni a Torino, arrivata o forse potrei dire “immigrata” dal Centro Italia come Roberta. Dico “immigrata” perché una torinese DOC all’epoca mi definì “Terroncella” e mi fece capire che proprio ben accetta non lo ero! Comunque come Roberta mi detti da fare e tutte e due abbiamo cresciuto i nostri “figlioli” in questa Città alla quale sentiamo a pieno diritto di appartenere!

Roberta riesce a descrivere la natura della Città nei suoi aspetti mutevoli nelle stagioni e si assapora con delicatezza  il passaggio e il trascorrere inevitabile del tempo cadenzato da avvenimenti a cui tutti hanno preso parte, ma che Lei ci aiuta a riportare alla memoria!

È come un “incipit “. Ogni lettore poi va al suo vissuto!

Il diario di Roberta è un compagno che tieni sul comodino e quando desideri coccolarti con i tuoi ricordi, puoi aprire a caso e scoprire dove la sorte ha deciso di portarti!

 

Daniela  Medico

Mi piace molto il suo modo di scrivere, è come Lei., diretto e delicato al tempo stesso, scorrevole  e ti fa sentire a casa, leggerlo è un po’ come ascoltare un amico che ti parla.

 

Gabriella Inglese Attrice

Ho appena terminato di leggere il tuo libro ed è stato proprio come conversare con un'amica. E’ stato tutto un ripercorrere gli eventi della nostra città di adozione degli ultimi anni, dal Salone del Libro, al Circolo dei lettori, al raduno degli Alpini, alla mostra di Renoir, al concerto del "nostro" coro. Ed ho scoperto una affinità di pensieri, sensazioni, e punti di vista che già avevo intuito, ma forse non ancora focalizzato.

Inutile dirti che la poesia di Gabriele Corsi, riportata nella recensione del film "La terra buona", mi ha scatenato una tempesta emozionale che è durata almeno un paio di giorni...

Ma, potrai capire, complice è senza dubbio la fragilità sensoriale per me del periodo personale vissuto, oltre al coinvolgimento degli eventi mondiali in corso.

La cosa, comunque, maggiormente inaspettata, è stata lo scoprire quante similitudini abbiano avuto le nostre vite. Dal lasciare la nostra città di nascita, amata,( e con lei famiglia amici lavoro/studio) per un amore conosciuto durante le vacanze, all'arrivo a Torino nello stesso anno 1978, con la difficoltà di inserirsi in un ambiente ben diverso da quello conosciuto. E poi l'immersione totale nella famiglia, alla quale ci siamo date senza il minimo risparmio. Fino al momento in cui siamo riuscite a perseguire qualcosa di solo nostro: tu l'insegnamento, io il teatro. Entrambe le scelte, sottolineo, hanno a che fare con l'educazione, sia essa da mamma (e ora nonna!), insegnante, scrittrice, attrice o corista.

Grazie quindi per avermi fatto conoscere questo fil-rouge che ci unisce, perché mi sembra che questo libro, tu l'abbia scritto anche un po' per me. 

Anita Felici Insegnante di italiano in Gran Bretagna

Il titolo di questo libro coglie perfettamente quello che l’autrice vuole comunicare. I suoi pensieri, le sue riflessioni, la sua visione del mondo, la speranza che il nostro pianeta venga in qualche modo salvato lei ce li racconta.

Così come ci racconta gli eventi culturali a cui partecipa e che mi hanno fatto scoprire una Torino e dintorni stimolanti e vibranti.

Io che ho vissuto sia a Roma che a Londra, ho raramente approfittato di ciò che offrivano. Forse sono megalopoli più dispersive, forse Torino è più compatta ed è quindi più facile partecipare a tutto ciò che può farti crescere culturalmente e spiritualmente. O forse è Roberta che con la sua passione per tutto ciò che può arricchirla ci fa scoprire la sua città adottiva in tutte le sue sfaccettature.

Ci continua a raccontare di persone per lei importanti ed interessanti che hanno attraversato la sua vita dal 2016 al 2019 e ci comunica le sue impressioni su libri  che ha letto e che le sono rimasti nel cuore.

Di qualsiasi cosa lei scriva, l’ambiente o le vittime dell’immigrazione, gli eventi musicali o culturali, le persone intervistate o i libri recensiti, le riflessioni sulla scuola o i viaggi fatti, ci comunica sempre la sua passione, la sua voglia di arricchimento e di dare a sua volta.

Lei ci racconta queste sue esperienze perché forse arricchiranno anche noi, come hanno arricchito lei.

 

 

mercoledì 25 novembre 2020

GIORNATA CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

 










Domenica su Repubblica ho letto il diario di Marianna Manduca, nata a Palagonia il 14.02.1975. Uccisa il 3.10.2007 dal padre dei suoi tre figli, uomo che aveva ottenuto in affidamento i figli e non le permetteva di vederli, anzi, peggio, li aveva convinti a odiarla, ad insultarla, a rifiutarla. Lui tossicodipendente e violento. Lei lo aveva denunciato tante volte. 12 denunce. Inutilmente. Ora lo Stato chiede ai tre orfani di essere risarcito.

I figli hanno autorizzato la pubblicazione delle querele e del diario.

Ho partecipato ad un progetto locale, quello del quartiere dove vivo, la Circoscrizione 7 di Torino,  dove ho insegnato, dove ho visto crescere i miei due figli maschi, che si intitola "Siamo tutte farfalle". 

 Vorrei non fossimo più noi donne a dover parlare agli uomini violenti: vorrei che fossero gli uomini, quelli che molte donne per fortuna incontrano e amano, a parlare ai violenti. 

Vorrei che non dovessimo più parlarne, come della guerra, della povertà, della tortura, dell'inquinamento.

Il mio messaggio si intitola "Quelle che". 



mercoledì 18 novembre 2020

EMILIANO TOSO SUONA MENTRE UN BIMBO DI 10 ANNI VIENE OPERATO


Car*lett*,
ho già scritto di Emiliano Toso e per chi dei miei lettori non lo conoscesse, ho copiato ed incollato di seguito il primo mio articolo su di lui.
Oggi però devo aggiornarvi, se non lo avete saputo dalla Tv.
E' successo un fatto epocale. In un ospedale, esattamente ad Ancona, un 'equipe medica ha chiesto ad Emiliano di suonare mentre operavano un bimbo per un doppio tumore al midollo spinale.
Operazione delicatissima.
Ora una cosa è ascoltare la musica di Emiliano da spotify e una cosa è ascoltarla mentre lui suona.
Un pianoforte a coda vicino al tavolo operatorio.
Emiliano ha dimostrato di crederci profondamente alla sua musica e anche i medici.
Sapremo presto l'esito della analisi mediche, ma intanto i medici hanno già notato che l'encefalogramma del bimbo sedato in anestesia generale rispondeva in modi diversi quando Emiliano suonava.
Un esperimento che fa parte della storia.

EPIGENETICA E MUSICA

Non c’è limite a quello che ci può insegnare la musica, se siamo disposti a conoscerla nel profondo e a non segregarla al di fuori della nostra sfera intellettuale. La musica è stata confinata per lunghi anni in un regno remoto di piacere e di evasione, partendo dal presupposto che non avesse niente da dire alle nostre aree cerebrali preposte ai pensieri”…”La musica è parte essenziale della fisicità dello spirito umano” Daniel Barenboim
Comprai “La musica è un tutto” del grande direttore d’orchestra argentino perché la musica rientra nei miei interessi e qualche giorno fa ho cercato il libro nella mia libreria, perché sono tornata da tre giorni di musica e non solo musica, molto di più, di cui lettore, lettrice voglio raccontare.
In un luogo magico, Villa Piazzo, sita nel comune di Pettinengo a 10 km da Biella, Villa donata dalla Famiglia Pavia al Comune per farne un luogo di incontri e di pace, oggi  sede dell’associazione Pace e Futuro, nata all’indomani dell’11.09.2001, con lo scopo di progettare e realizzare percorsi di pace, accoglienza e solidarietà, ho seguito il seminario di  Translational  Music.






A condurre il seminario uno scienziato, biologo cellulare con dottorato in Biologia umana, basi molecolari e cellulari dell’Università di Torino.
Per 16 anni ha lavorato come ricercatore e successivamente come Associate Director  del gruppo di biologia molecolare presso la sede di Ivrea della Merck.
Se mi conosci o hai imparato a conoscermi dai miei scritti ti starai chiedendo come mi sia venuto in mente di iscrivermi, pagare e frequentare un corso su un tale argomento scientifico.
Ti confesso che ero preoccupata: ho cercato i manuali di scienze dei miei figli, i miei ovviamente non sono aggiornati (sì, ho conservato qualche manuale del Liceo), ho letto il capitolo sulla cellula e poi ho chiesto ad una mia cara amica, Prof.ssa di biologia presso un Liceo linguistico di Torino, da poco in pensione, di aggiornarmi.
Non ti ho ancora detto il motivo di questa scelta stravagante per un’insegnante di lettere, meno per un’insegnante di yoga, ma al termine del racconto ti sarà chiaro.
Sono entrata giorno dopo giorno nel magnifico mondo della cellula, non ci crederai, lo so, ma al liceo ero affascinata dalla biologia. Cosa ci può essere di più affascinante di studiare la vita, bios? Nulla direi. Tutto il resto è derivazione, l’arte, la letteratura, la filosofia, la tecnologia, la scienza, tutto deriva dal fatto che  qui, su questo pianeta azzurro che Parmisano ci mostra ogni tanto nel suo girovagare nel vuoto, qui e per ora per ciò che sappiamo solo qui, si è sviluppata la vita in miriadi di forme diverse.
Ma la musica?
Emiliano Toso, lo scienziato, non è solo biologo molecolare è anche o forse soprattutto un pianista e compositore a 432 herz. Un terapeuta delle cellule.
L’effetto che la sua musica ha sulle persone, sulle piante e in generale sugli esseri viventi, lo ha convinto a dedicare la sua vita a comporre e contemporaneamente a divulgare le scoperte scientifiche dell’epigenetica.
Insomma si è licenziato dalla Merck! Ci vuole coraggio.
Scrivevo che suona con pianoforti acustici accordati a 432 Hz, perché tale accordatura produce armoniche che risuonano con il battito del cuore e con la doppia elica del DNA.
Sto arrivando al cuore del mio racconto: la translational music produce effetti benefici, terapeutici in chi l’ascolta.
Non è sufficiente accordare il piano e registrare con sistemi speciali, come l’audio Binaurale 3D, è necessario che il pianista ci metta la sua intenzione.
Al Maestro Emiliano Toso non basta l’evidenza dei fatti, i racconti delle persone, lui, ricordatelo, è uno scienziato e quindi per tre giorni ci ha spiegato cosa succede alla nostra cellula, alle nostre cellule quando si ascolta questa musica.
Ci ha mostrato esperimenti, interviste di altri scienziati nel mondo, spiegato le ultime scoperte della biologia molecolare a suffragare l’esperienza dell’uomo comune.
Mi fa girare la testa pensare che noi siamo abitati da 50.000 miliardi di esseri viventi, la cellula, che ogni cellula legge il suo spartito (il suo libretto di istruzioni o DNA, il suo pezzettino), che ogni cellula è in relazione con le altre e crea un uomo e che ogni uomo può essere la cellula dell’umanità.
Mi gira la testa a pensare che questo stia accadendo adesso, accade in continuazione a tutti noi: cellule che nascono, che si sviluppano sapendo esattamente di diventare la cellula del fegato o dell’omero, che muoiono.
Tutto cambia. Non saremo mai gli stessi. Fantastico. Eppure le mie cellule sanno perfettamente cosa fare e quando e come.
Mi fa girare la testa pensare a tutti quegli ormoni che entrano ed escono dalla membrana cellulare, chiedono la fotocopia dell’informazione al nucleo dove c’è il DNA e producono materia.
Come in una fabbrica. E smaltiscono i rifiuti.
Mi da un’enorme speranza aver capito che l’epigenetica ha dimostrato che le nostre cellule, meglio i nostri ormoni, decidono quale spartito leggere e quindi, anche se sappiamo che nel nostro DNA c’è scritto tutto di noi, fattori esterni, tra cui la  Translational Music possono facilitare la lettura di un altro punto dello spartito. Ed essere sani. Forse felici. Sicuramente grati. Di tanta bellezza, magia, perfezione. Insomma della Vita.
Si è scoperto che non solo l’informazione è importante, ma il movimento  e la forma delle proteine diventano fattori fondamentali all’interno della cellula per la sua salute e quindi la nostra. Ciò che succede è che la nostra cellula vibra ed entra in risonanza.
Gli effetti della musica sul corpo sono noti da tempo, sulla riduzione dell’ansia e dello stress, ma oggi, grazie a recenti studi, si usa in sala operatoria o in sala parto, per diminuire per esempio le dosi di anestetico.
Ricordo bene la sentenza di    “Ognuno è artefice del proprio destino” “ Faber est suae quisque fortunae” attribuita a Appio Claudio il Cieco, che oggi trova un riscontro scientifico.
Quanti filosofi, quanti saggi ci hanno indicato la strada e quanto è importante da sempre per noi esseri umani la musica, in tutte le sue forme.
Come non collegarmi al versetto di Giovanni “In principio era il Verbo”, la parola, insomma il suono.
Come non riflettere sul suono usato da tutti i meditanti orientali, l’Om.
E i riti sciamanici di guarigione?
In principio c’è stata una vibrazione? Queste sono mie deduzioni, un biologo molecolare mi ha ascoltato mentre riflettevo ad alta voce sulla potenza dei suoni nella vita dell’umanità. E prima? Il silenzio.

Non più condannati a contrarre quella tal malattia a quella età, così come la prima fase della ricerca sul DNA mostrava con chiarezza, ma, capaci di orientare le scelte.
In altre parole non deleghiamo più la nostra salute alla medicina, ma torniamo ad essere responsabili della nostra vita.
Non è mio compito allegare le ricerche scientifiche, a me basta averti suggerito questo affascinante campo di studio, di indagine, di ricerca, di esperienza, perché ciò che mi ha affascinato di più è stato ascoltare il Maestro Emiliano suonare.
La sua musica mi rimescola completamente.
Ti auguro di incontrarlo, di ascoltarlo.
La fisica quantistica e l’epigenetica stanno rivoluzionando le conoscenze scientifiche, avvicinando, mettendo in relazione l’arte, la filosofia e la scienza.
E’ un fatto epocale. Magico.


venerdì 13 novembre 2020

Giornata mondiale della gentilezza: auspichiamo un contagio

 

 

13.11.2020  Giornata mondiale della gentilezza

 

A cosa serve una giornata mondiale della gentilezza? A riflettere su una virtù così importante, così poco allenata e praticata da alcuni umani. Magari a contagiare altri con la nostra gentilezza. Sarebbe un bellissimo contagio. Lo auspico.

Voglio condividere con te alcune riflessioni e magari chiederti cosa sia per te la gentilezza.

Per me è una carezza dei miei nipoti, non chiesta



 

Per me è un sorriso dato e ricevuto

Per me è parlare con voce silenziosa

Per me è accorgermi del bisogno dell’altro

Per me è prendermi cura di me e dell’altro

Per te?

Recentemente sono stati pubblicati due libri sulla gentilezza.

Il primo che devo ancora leggere si intitola “Biologia della gentilezza” di Daniel Lumera e Immaculata De Vivo. Conosco Daniel e penso che sia un libro da leggere. Il secondo di Gianrico Carofiglio “Della gentilezza e del coraggio” .

Molti anni fa lessi il saggio di Norberto Bobbio  “Elogio della mitezza” e mi piacque tantissimo. Cito qualche passo qui di seguito:

“Il mite rifiuta la distruttiva gara della vita per un senso di fastidio, per la vanità dei fini cui tende questa gara, …..non serba rancore, non è vendicativo, non ha astio contro chicchessia….che la mitezza sia un virtù non ho dubbi….il mite può essere configurato come l’anticipatore di un mondo migliore”.

Il mite quindi è un gigante, una persona che non porta rancore, che non è vendicativo, che non è polemico, attaccabrighe, non accende odio nella vita reale e virtuale (chissà Bobbio cosa scriverebbe oggi sugli odiatori da tastiera) è un non-violento per antonomasia. Questa definizione portò ad uno scontro dialettico con il Prof. Giuliano Pontara. Sappiamo tutti che la non-violenza è una dottrina e una prassi anche politica e tutti conosciamo alcuni grandi Maestri che hanno cambiato il mondo con la loro azione non violenta. Affermare che la mitezza è una virtù che in politica non ha alcuna parte, come afferma Bobbio, non significa affermare che i miti in quanto non violenti non agiscano politicamente. 

Con stupore anche Carofiglio prende le distanze dal “mite” di Bobbio:

“la gentilezza a cui ci riferiamo è però assai diversa dalla mitezza di N. Bobbio”(p.16),…. la gentilezza è una virtù marziale (p.17)

“La pratica della gentilezza è una scelta e per esercitarla ci vuole coraggio. Dobbiamo superare la paura, vincere la rabbia, a volte superare la disperazione. Dare senso. Essere umani.” (p. 114)

Non sono una filosofa, non mi azzardo a disquisire sulle somiglianze delle due posizioni, in quanto a mio modesto parere essere miti e gentili è ovviamente una scelta e  ci vuole coraggio a vivere con coerenza, sia che la gentilezza si definisca alla maniera di Bobbio, sia alla maniera di Carofiglio.

Il mite, dice Bobbio, non porta rancore, non è vendicativo e Carofiglio scrive, vince la rabbia.

Credo che nessuno possa credere che il mite di Bobbio sia un alieno: prova sentimenti e cerca di contenerli, a dare un senso, come dice Carofiglio e decide di non essere vendicativo.  Il mite non è remissivo, aggiunge Bobbio e con questa precisazione risponde ai dubbi, sia di Pontara che di Carofiglio, sulla sua definizione di mitezza.

Insomma, le due posizioni, a parte gli esempi diversi nel corso dei due saggi, mi sembrano molto più vicine di quanto non appaia.

In ogni caso, oggi, giornata mondiale della gentilezza, penso alle infermiere della RSA del Veneto (per estensione a tutte le infermiere e a tutti i medici) che ieri sera ho conosciuto grazie ad un servizio di Piazza Pulita sulla 7. Lavorano sia nei reparti dei positivi sia in quelli dei negativi. Hanno una parola  per tutti e fanno ciò che possono. Sono poche. Credo che siano coraggiose, credo che siano gentili a continuare a lavorare in questa situazione. Non ditemi che è il loro lavoro. Non ditemi che sono pagate per questo.

Io credo che la gentilezza salverà il mondo, insieme alla bellezza e ovviamente alla cultura.

Anche in questi giorni, decisamente drammatici, in cui ci sentiamo impotenti, disorientati dall'impalpabilità del nemico, dalle risorse e mezzi che abbiamo insufficienti e dalla mancanza di organizzazione, anche in questi giorni, soprattutto in questi giorni prendiamo la mano di chi ci è vicino e facciamo compagnia a chi ci è lontano con i potenti mezzi tecnologici che la mente umana ha saputo produrre e mai come oggi benediciamo.



 

 

venerdì 6 novembre 2020

DIARIO DALLA ZONA ROSSA

 

Diario dalla zona rossa


Questo è il secondo lockdown in Piemonte, Lombardia, Val d’ Aosta e Calabria.

Io vivo in Piemonte.

Oggi è il primo giorno del secondo lockdown.

Non so perché, ma da oggi, anzi da ieri, ho voglia di dolci, ho voglia di cucinare più del solito.

Non so perché, o forse lo so, ma da oggi ho voglia di bere un po’ di vino, cosa che per motivi di salute del mio apparato gastrointestinale non faccio mai o quasi mai. In realtà io credo di essere un’astemia, o meglio lo ero sicuramente da giovane. Se bevevo mezzo bicchiere di spumante o di altro vino, iniziavo a ridere a crepapelle. Una volta mio marito o meglio colui che sarebbe diventato mio marito, mi dovette schiaffeggiare, preoccupato dalla risata incontrollata, ma tanto liberatoria, di cui ho ancora memoria tanti anni dopo, che non conosceva e che lo preoccupava. Avrebbe potuto mancarmi il fiato, certo. Però in quel momento mi sentivo leggera e felice. Sì, credo proprio di essere un’astemia che si è abituata a festeggiare feste e ricorrenze con un po’ di vino, che ha per anni bevuto un boccale di birra con la pizza, certa subito dopo di essere ancora più sincera e franca di quanto non lo fosse normalmente. Sì perché ho questo difetto, un tempo chiamata virtù: la sincerità, gentile, ma implacabile.

Quindi oggi a tavola mi sono accorta di non aver bevuto acqua, ma il vino dolce che ieri sera abbiamo aperto per brindare al compleanno di mio marito su zoom con i figli e i nipoti.

Non so perché, ma alle 13 ero ancora in camicia da notte.

Ieri sera ho preso foglio e penna per programmare bene i prossimi giorni. L’ho lasciato bianco e mi sono persa consapevolmente nei post di fb.

Questa mattina mi sono alzata decisa a mettere in ordine la mia giornata, io che non ho mai avuto abitudini se non quelle imposte dalla società. Tante certo, ma imposte. Liberatami dell’obbligo del lavoro, ho abolito le abitudini.

Senza abitudini: non vado al bar, non ho gruppi di amiche con cui ritrovarmi periodicamente, non ho orari precisi per docce e capelli, né per altro, non ho un momento specifico della giornata per leggere o per ordinare la casa. Ah sì, l’orario dei pasti. Un po’ elastico, ma c’è.

Il momento della pratica yoga. C’è. Ma elastico.

Questa mattina quindi mi sono alzata decisa a mettere delle abitudini (sono dei riti e rasserenano) e mi sono ritrovata a conversare in bagno con una vecchia amica di un suo doppio profilo fb, colpa mia, che messaggio ovunque e sempre e poi, sempre in camicia da notte a progettare nuove scritture con una psicologa. Da lì il passo è stato breve e ho continuare a lavorare con il pc e a ritrovarmi all’ora di pranzo ancora in camicia da notte.

Mio marito, quando mi vede così svagata, persa in un’altra dimensione, di racconti, di idee, di pensieri, di progetti a volte mi sostituisce a volte pretende la mia attenzione e cura.

Oggi, ancora sazio delle attenzioni che ha avuto ieri, sono riuscita a farmi preparare da mangiare.

Ho mangiato distrattamente, in terrazzo, anzi balcone. Da sola. Perché sul balcone non arriva la voce concitata, urlata dei conduttori televisivi.

Il balcone sarà nuovamente un luogo importante per molti di noi, però è autunno e non so per quanti giorni potremo sostare sul balcone.

Primo giorno, niente abitudini, una mattinata in camicia da notte, idee nuove per la testa, voglia di cibo e di vino.

Tu lo sai che il primo problema di questo periodo è sanitario, non ne tratto. Secondo me il secondo è progettuale.

Lo stare a casa può impedire la realizzazione dei progetti, ma non l’ideazione.

Ecco, questo è il mio messaggio nel primo giorno di lockdown: progettiamo qualcosa. A breve e lungo termine. I regali di Natale. Un nuovo libro. Un nuovo quadro. Un nuovo lavoro a maglia. Un nuovo libro da leggere. Nuove ricette. Telefonate a vecchi amici. Chissà quante altre cose possiamo fare, sappiamo fare. Restaurare un mobile. Modellare la creta. Organizzare eventi on line. Pensare al dopo, alla ricostruzione.

Poi camminiamo “in prossimità di casa” come dice il nuovo DCPM e proviamo a cercare la bellezza della natura, nelle foglie gialle, nell’albero del viale, nel fiorellino che resiste ancora, nel viso di un bimbo o nello sguardo di un anziano.




 Foglie giallissime del Ginkgo Biloba