mercoledì 4 gennaio 2017

IL POSTO DELLE FRAGOLE



Desidero condividere con te, lettore, lettrice, alcune mie considerazioni in merito al film di Ingmar Bergman, “Il posto delle fragole” del 1957.
Ho rivisto questo film in questi giorni e mi interessa confrontarlo con l'ultimo film che ho recensito, Lion. I temi sono diversi, certo, uno tratta dell'infanzia e uno della vecchiaia, ma non è il tema che voglio confrontare, quanto il modo di raccontare.
La storia in questione si dipana lungo il viaggio in auto da Stoccolma a Lund che il Prof. Isak Borg a 76 anni fa per ricevere un'onorificenza accademica.
Il viaggio con la nuora Marianne e successivamente con alcuni ragazzi incontrati per caso è l'occasione per ripercorrere la sua vita tra sogni, incubi e ricordi, soste in luoghi amati quali la residenza estiva della sua famiglia e la casa della mamma.
Incombente è la paura della morte, che stimola il Professore a un esame della propria vita.
Ogni dialogo e il lungo monologo sono occasioni per riflessioni profonde sul modo di stare al mondo.
Ciò che emerge dall'analisi è una profonda solitudine dovuta a egoismo: alla fine il protagonista riuscirà a liberarsi dal proprio egoismo e ad aprirsi agli altri.
Nessuna emozione travolgente, rabbia, commozione, niente che annebbi le facoltà logiche dello spettatore, facoltà che vengono invece sollecitate e stimolate.
Un modo completamente diverso di realizzare film rispetto a quello odierno, che ricorre molto spesso, se non sempre, all'emozione per narrare.
Il film ovviamente è in bianco e nero e molto lento: segna una data nella storia del cinema e pone il suo autore tra i massimi registi di tutti i tempi.
La prima volta che vidi questo film frequentavo il Liceo.
Iniziai allora ad apprezzare il regista svedese, amore che dura tuttora, nonostante i tempi siano cambiati.






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