Ti parlerò di un film
straziante, ma necessario, persino benefico se serve a svegliarci da questo
torpore che ha avvolto il nostro cuore e le nostre menti.
Parlerò a te, giovane donna occidentale
emancipata e libera, a te, giovane uomo che stai cercando di trovare un nuovo
posto nel mondo accanto alla tua compagna, in questa rivoluzione di ruoli che
ti ha coinvolto dopo millenni di strapotere sulle donne.
Uomini e donne state
cercando un nuovo equilibrio, tra errori e paure: alcuni non ce la fanno e si
separano. La sfida è affascinante, si tratta di vivere entrambi nella libertà.
La libertà è difficile, ma fondamentale per vivere pienamente la propria vita e
vale la pena provarci a vivere in due nella libertà.
Parlo a te coetanea: quante
marce, quante fatiche, quanto lavoro in casa e fuori casa, quanta soddisfazione
nel vivere a testa alta la propria vita.
Parlo a te coetaneo: quanto
stupore per le nostre richieste, quanta difficoltà a fare i padri. Nessuno te
lo ha insegnato. Conoscevi solo il lavoro e la partita di calcio. Il diritto al
divano, tornando a casa e le pantofole pronte e il cibo in tavola. I calzini
nel cassetto. I bimbi a letto.
Allora abbi pazienza,
lettore e segui questo piccolo excursus prima di arrivare alla recensione del film.
Gli Stati o, meglio, coloro
che amministrano per scelta (in quanto si candidano volontariamente) la Res Pubblica
su delega dei cittadini, dovrebbero contribuire alla felicità del genere umano.
Così recita la Dichiarazione di indipendenza americana del 4 luglio 1776.
Noi riteniamo che sono per se
stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che
essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi
diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per
garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i
loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi
forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o
abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di
organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare
la sua Sicurezza e la sua Felicità.
A seguire la Rivoluzione
francese, che distrusse nel sangue lo strapotere assoluto dei Re.
Lentamente, tra
Restaurazioni e moti, insurrezioni e guerre di indipendenza, si sono formati i
moderni Stati nazionali europei, dove il principio della separazione dei poteri
è stato il cardine sul quale basare la fine della prepotenza del potere.
Ma esistono sempre gli
uomini che amano il potere e ben presto siamo caduti nell’orrore dei
totalitarismi.
La ricerca di una società
giusta, formata da uomini liberi e solidali, si evince dalla nostra stessa
Costituzione entrata in vigore il 1° gennaio 1948. Non avremmo il Servizio
Sanitario Nazionale, oggi seriamente a rischio, non avremmo la Scuola pubblica per
tutti e gratuita, oggi a rischio. Non avremmo avuto la riforma del diritto di
famiglia, la legge sul divorzio e sull’aborto, lo Statuto dei lavoratori. Tutti
figli della nostra Costituzione. Tutti a rischio. Non avremmo libertà di culto.
Senza avremmo ancora i roghi delle streghe, le donne morte per aborti
clandestini, donne prigioniere dei mariti o dei padri, pochi colti e molti
analfabeti, avremmo ancora un’aspettativa di vita bassa, un’alta mortalità
infantile.
Tutte le Riforme a cui
alludo, tutte le leggi sono figlie dello spirito dei nostri Padri Fondatori e
conseguenza degli orrori perpetrati dai totalitarismi. Tutti. Neri e rossi. Ma
in Italia quegli orrori sono stati neri.
La ricerca di una società
giusta si evince dalla Dichiarazione Universale dei Diritti umani del 1948.
Universale: per tutti!
Entrambi questi documenti
sono stati scritti dopo l’orrore delle due guerre mondiali (ci sarà un perché,
per chi non conosce a fondo la storia, consiglio un ripasso).
Mentre scrivo ho ben
presente quanto ci sia ancora da fare per rendere giusta la nostra società
occidentale, specialmente in questo momento storico, ma ora è altrove da qui
che voglio portare il tuo sguardo e il tuo cuore.
La vita è di per sé
meravigliosa e terribile. Lo scoprono ben presto anche i bambini: la malattia e
la morte entrano nel loro mondo infantile già dalla tenera età, attraverso le
fiabe, i film (Bambi, Nemo.), le vicende reali quali la morte di parenti
anziani, i racconti degli adulti distratti, un telegiornale incautamente acceso
mentre mangiano a tavola, i telefoni mobili lasciati nelle mani di bimbi
innocenti. (siamo sempre in Occidente, quello ancora libero dalle guerre e
dalle dittature)
Quindi, almeno noi, uomini e
donne, consapevoli della complessità della nostra storia personale e
collettiva, dovremmo adoperarci per rendere la vita migliore possibile grazie
all’empatia, alla condivisione del nostro stare al mondo, alle conquiste
scientifiche e tecniche.
Quando però sciaguratamente
vengono eletti individui rancorosi, biliosi, aggressivi e con il gusto del potere,
incapaci di ascoltare e incapaci di immedesimarsi, imbibiti di falsi principi,
che usano la religione come fosse un machete, allora non invidio i cittadini
che incautamente li hanno votati e men che meno i cittadini che non li hanno
votati. Sono condannati all’infelicità di stato: sarà uno Stato che legifererà
ciò che è bene e ciò che è male in base solo al desiderio di sottomissione
assoluta attraverso la paura e il terrore.
Quello stato sarà una
dittatura, dalla quale per uscirne servirà versare sangue umano.
Questa lunga premessa era
necessaria, caro lettore ritrovato e cara lettrice ritrovata, perché questo è
il messaggio sotteso alla storia di una giovanissima madre iraniana nel film La
bambina segreta del regista Ali Asgari. Il film ha vinto il primo premio
Medfilm Festival e grazie al premio viene distribuito nelle sale
cinematografiche, non iraniane.
Un film straziante.
Il dolore di una mamma.
Il dolore di una giovane
donna.
La fatica di vivere in uno
Stato teocratico nel quale la donna è schiava assoluta di leggi inumane.
Di norma una giovane mamma
si lamenta di non dormire per i pianti del neonato, per la quantità di pappate
a tutte le ore, per la consapevolezza della grande responsabilità che ha di
accudire una creatura fragile e indifesa.
In questo film, che da
subito ti invito a vedere, seguiamo questa giovane durante una lunga ed
estenuante giornata per le strade della città di Teheran, alla ricerca
disperata di un amico, di un individuo che possa accudire per una sola notta la
figlia illegittima. Lei, studentessa da un anno in città, ha una figlia
illegittima, che nasconde a tutti, persino alla sua famiglia o soprattutto alla
sua famiglia. Lavora in una tipografia per mantenere la figlia, che ha voluto,
contro il parere del giovane che l’ha usata sessualmente, senza alcun senso di
responsabilità verso di lei e della figlia, in una società, quale quella
iraniana, che sono certa che saprai bene come tratta le donne.
I genitori di Fereshteh
hanno deciso di recarsi dalla figlia in serata per dormire da lei una notte.
Dove collocare sua figlia e tutti i suoi giochi e vestitini?
A creare problemi quindi non sono
il pianto della neonata, i suoi bisogni, la fatica di crescerla da sola,
lavorando ed essendo minacciata dal titolare di perdere il lavoro e di pagare i
progetti non riusciti, i problemi sono quelli di una società impregnata di
crudeltà, dal padre della bambina, che
del suo atto sessuale riproduttivo non si assume alcuna responsabilità,
non riconoscendo la piccola, lasciando
la madre senza documenti in balia di una legge retriva e del rischio di perdere
la figlia, che le venga sottratta, a tutte e a tutti coloro a chi si rivolge per un aiuto. Diffidenza, indifferenza, paura.
Per nasconderla agli occhi
delle telecamere e dei controllori, Fereshteh la nasconde dentro un borsone, per
poi piangere disperatamente per timore di averle tolto l’ossigeno.
Una giornata da incubo con
la giovane mamma alla ricerca di un aiuto, di qualcuno che sia compassionevole
e assista per una notte sua figlia di due mesi. Il titolo originale infatti è
Until tomorrow. Fino a domani.
Ma nessuno è compassionevole
tranne una sua amica, Atefeli, che vive nel dormitorio delle universitarie e
cerca di aiutare Fereshteh in tutti i modi. Nel dormitorio non si possono certo
portare neonati e poi neonati senza documenti.
E così, tra un salto al
lavoro dove deve consegnare un catalogo, ma non ne ha avuto il tempo e la
ricerca spasmodica di un aiuto, costretta tra mille bugie e subendo mille ricatti, indifferenza e
diffidenza, noi spettatori assistiamo alla vita da incubo di una donna
iraniana.
Assistiamo anche al
cambiamento della giovane mamma, che da paurosa e timorosa, cresce nella
consapevolezza del suo diritto a restare a fianco della creatura che ama, di
cui è madre, legittimamente madre, anche se la legge non lo contempla e non lo comprendono neanche le
persone, donne e uomini che incontra e che sono stati intimoriti dal regime al
punto da non provare più compassione e solidarietà, ma solo diffidenza.
Da mamma ho sentito tutta la
paura di perdere la figlia.
Da donna tutta l’ingiustizia
di una vita vissuta nella paura, la rabbia verso il padre della bimba che vive nell’agio e
nell’approvazione generale, ho provato rabbia per l’ipocrisia di chi vuole denunciarla, per poi chiedere sesso, proprio gli stessi che
lapidano le donne che hanno rapporti sessuali fuori dal matrimonio.
Straziante ma fondamentale,
per ricordarci le lotte delle donne nel mondo, le conquiste e l’attenzione che
dobbiamo avere sempre sulle leggi che possono nuocerci anche qui, nel nostro
Occidente liberale ma sempre meno liberale, giorno dopo giorno.
Nel 2024 milioni di donne
vivono giornate come quelle di Fereshteh.