Per fortuna che esistono i librai indipendenti, quelli che
leggono per sé e per te, cliente affezionata e a volte amica, quelli che quando
gli esponi una curiosità ti indicano il libro per colmarla.
Io regalo molti libri: a Natale sicuramente, ma anche per i
compleanni. Ai miei figli, ai miei nipoti, regalavo ai miei alunni, regalo ai
miei amici.
Quindi a Natale mi sono recata più volte presso la “mia”
libreria e parlando di Ilva e di Palazzina Laf mi è stato consigliato di
leggere “Fumo sulla città”di Alessandro Leogrande.
Tu che leggi sai bene che se scopro un cammeo, devo
comunicarlo anche a te.
Prima di ogni cosa ti presento Alessandro Leogrande,
giornalista e scrittore, prematuramente scomparso. Lo faccio con le parole di
C. Raimo, scrittore e giornalista, scritte su Internazionale del 25.11.2018:
“Nella notte
tra il 25 novembre e il 26 novembre del 2017 è morto lo
scrittore e giornalista Alessandro Leogrande. Il suo funerale è
stato un momento impressionante: all’improvviso ci siamo resi conto di
un’evidenza che era di fronte ai nostri occhi. Leogrande era il migliore tra
gli intellettuali, i giornalisti e gli attivisti della sua generazione. Nicola
Lagioia, scrittore e direttore del Salone internazionale del libro di Torino,
mi disse: “Dobbiamo fare di tutto adesso per proseguire il lavoro che ha fatto,
per provare a colmare quel vuoto”. Gli risposi che era materialmente
impossibile.
Nessuno di noi avrebbe avuto né il tempo di formarsi sulle
migliaia di testi di storia, sociologia, filosofia, letteratura che lui aveva
letto, mentre noi ci eravamo persi nelle mode letterarie e politiche del
momento. Né la capacità e la voglia d’intrecciare le centinaia di relazioni che
Leogrande ha intrecciato per scrivere i suoi articoli, le sue inchieste,
cercando e conoscendo le persone giuste, quelle che non avevamo avuto
l’intelligenza di riconoscere come le voci più interessanti per capire il nostro
tempo e i nostri luoghi, le ultime generazioni degli operai dell’Ilva, le
famiglie delle vittime del caporalato, i sindacalisti di origine straniera, i
maestri imprevedibili.
Ma non era solo questo. Leogrande non è stato soltanto il
recettore e il traduttore della migliore cultura che l’Italia ha visto nascere:
il meridionalismo di Gaetano Salvemini, il socialismo di Giuseppe Di Vittorio,
il pacifismo di Danilo Dolci e Aldo Capitini. Goffredo Fofi, che gli ha fatto
da fratello maggiore, fino ad ammettere il proprio di debito – la sua
prefazione al libro postumo Dalle macerie è
un colpo al cuore – è colui che di più sta portando quest’eredità dolorosa di
cui avremmo voluto davvero fare a meno.”
“Il migliore degli
intellettuali”: io onestamente non lo conoscevo e ora colmerò questa lacuna.
Il saggio “Fumo sulla città” racconta della bellezza della
città di Taranto, per duemila anni arroccata su l’isola, bagnata e difesa da
due mari, ricca per la bellezza del suo mare e per la pesca, poi per la
costruzione di navi militari ed infine sede della più grande acciaieria d’Europa,
l’Italsider oggi Ilva.
Ti consiglio di leggere questo saggio, perché racconta le vicende politiche di Cito,
sindaco e successivamente parlamentare italiano, condannato per diversi reati,
che puoi trovare in rete, che di onorevole hanno ben poco: dal concorso esterno
in associazione mafiosa a concussione, abuso d’ufficio, falso ideologico,
corruzione, violenza privata. Non potendosi ricandidare, candida suo figlio per
ben due volte come sindaco di Taranto.
Mentre leggevo trovavo surreale che si possa candidare un
figlio per poter poi governare di fatto e che questo sia concesso.
Una storia che parla
di televisioni private locali usate come megafono per campagne elettorali volte
solo a screditare e infangare gli avversari. Insomma la politica nazionale a
cui ci siamo abituati nella Seconda Repubblica in anticipo di un paio di anni
nella città di Taranto. Negli stessi anni l’Italsider produce tonnellate di
acciaio, di fumi e fanghi inquinanti, la città si espande in quartieri operai
troppo vicini alla fabbrica, molti si trasferiscono a Taranto in cerca del
lavoro sicuro, i cittadini iniziano ad ammalarsi, a morire e nessuno ha in
mente un progetto che coniughi il lavoro, la produzione con la salute umana e
del territorio.
Leogrande ricorda che:
“a Duisburg, tra il 2000 e il 2003 sono state sostituite tutte le
cokerie con batterie di nuova generazione. Le emissioni di benzopirene si sono
abbattute e il costo della trasformazione è stato di soli 800 milioni di euro…..
A Linz l’inquinamento è stato ridotto in venti anni. I modelli da seguire ci
sono, ma in Italia sembrano un miraggio.” [1]
I risultati dello studio “Sentieri” sulla mortalità e le
malattie contratte dalla popolazione di Taranto e di Statte per l’esposizione
all’inquinamento industriale nel periodo 2003-2009 sono impressionanti. Siamo nel
2024: cosa è stato fatto?
In questi giorni sui quotidiani si scrive dell’Ilva e del
mancato accordo tra il governo e gli attuali proprietari ArcelorMittal. Siamo
nel 2024 e a Taranto si continua a morire di cancro, gli operai continuano a
lottare per un posto di lavoro, la città non offre alternative, salute e lavoro
continuano a sembrare in opposizione e continua a mancare una politica
industriale nazionale che bonifichi l’area, salvi la produzione e i lavoratori.
Sulla Stampa di oggi Marco Zatterin scrive:
“ per rendere possibile
questo compito immane (un buon esecutivo) potrebbe far attendere qualche
semestre le riforme istituzionali e anche il Ponte sullo Stretto”.
Sempre in questi giorni nelle sale cinematografiche italiane è
proiettato il film Palazzina Laf. Michele Riondino, regista e attore, impersonifica
un operaio addetto alle batterie, intossicato dai fumi, senza scrupoli morali, che
viene usato dalla proprietà come spia all’interno della palazzina Laf dove erano
isolate persone scomode, per lo più impiegati, che erano costrette a
trascorrere otto ore senza fare nulla se non erano disposti ad accettare
compiti e lavori dequalificanti rispetto al loro ruolo.
In altre parole spero che i riflettori accesi sull’Ilva
portino ad una soluzione di un problema che risale ai tempi della proprietà
Riva e che ancora non ha trovato delle soluzioni.
Molto interessante la presentazione di questo saggio; il mio pensiero va a un altro libro, un romanzo questa volta, della scrittrice Silvia Avallone, una delle mie penne preferite, ambientato nella città di Piombino e intitolato per l’appunto ACCIAIO
RispondiEliminaGrazie, lo leggerò
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