Quattro anni fa, il 1 febbraio del 2020 in Italia fu dichiarato lo stato di emergenza sanitaria, a metà febbraio i primi casi in Italia e il nostro modo di percepirci al mondo cambiava radicalmente: un microscopico virus ci ricordava la nostra fragilità e impotenza. Aveva viaggiato dalla Cina, dove da mesi l’epidemia era scoppiata, all’Italia e via via nel mondo. Il Covid bloccò la vita di miliardi di esseri umani, falciandone tanti. Abbiamo vissuto una Pandemia, una tragedia che si ripete ogni cento anni, circa. 774.144.371 casi confermati nel mondo dall’Oms al 14.01.2024 (fonte GIMBE). 7.000.000 di morti nel mondo, ma sono i dati ufficiali. E’ molto probabile che siano molti di più.
Due anni fa, 24.02.2022, uno Stato geograficamente europeo
invadeva un altro Stato geograficamente europeo, con i carri armati. I carri
armati: quelli che osserviamo nei musei e ritenevamo sepolti dalla paura della
guerra nucleare. Il nucleare che doveva essere un deterrente, anche se non si
capisce come gli Stati che si sono dotati di armi atomiche abbiano potuto
rifornirsi di così tante bombe nucleari, quando ne basta una sola a
distruggere.
Abbiamo visto scavare le trincee come nella Prima Guerra
Mondiale, più di cento anni dopo, le persone vivere nelle cantine, patire il
freddo, la fame, la paura, abbiamo visto milioni di ucraini emigrare: due
milioni sono stati ospitati in Polonia. Ricordati questo Stato: la Polonia, perché
ne riparleremo tra poco. Abbiamo assistito, seduti nelle nostre case, a stragi,
a distruzioni di villaggi e paesi, a bombardamenti di ospedali: la guerra in
Ucraina non è finita e un’altra guerra atroce è sopraggiunta, in Palestina.
Il nostro modo di
percepirci è cambiato: l’Europa, la terra abitata da uomini che avevano
compreso l’errore dei padri e ne avevano
fatto tesoro, moltiplicando le relazioni tra Stati, stringendo patti e lavorando
insieme per una pace duratura, elaborando la Dichiarazione dei diritti umani,
come la nostra Legge suprema, era sotto scacco.
Fragili e impotenti biologicamente, fragili e impotenti
davanti ai carri armati di una potenza straniera in fila per entrare nella
capitale ucraina.
Non dimentico le guerre balcaniche della fine degli anni 90
del 1900, ma gli storici le considerano guerre civili: mariti contro mogli,
vicini contro gli altri vicini e via così, è stata un’altra orribile pagina
della storia umana, che ha ridisegnato i confini degli Stati della penisola
balcanica.
26 febbraio 2023: la strage di Cutro. 94 morti accertati, i corpi recuperati. Molti
di nazionalità afgana.
Sto per scrivere del film. Ancora un momento.
Siamo Europei, uniti
dall’eredità dei nostri padri che hanno superato ostacoli e divisioni centenarie,
giurato di non ricorrere più alle armi per risolvere i conflitti tra Stati, con
il sogno di una Federazione Europea. In Europa i diritti umani si rispettano,
molti uomini nati altrove vedono in noi la patria della libertà e della
giustizia. Non deludiamoli. Non deludiamo noi stessi. In realtà questo non è
vero in tutta l’Europa, dipende da chi
governa gli Stati, se si riconosce o no in questi valori sovrani. Ed ecco la
nostra storia. Ci sono arrivata.
La storia che sto per raccontarti avviene al confine con la
Polonia: inverno 2021. I protagonisti sono siriani e afghani.
Ingannare; Deportare; Abbandonare senza acqua, cibo, coperte
Picchiare; Spingere; Urlare in lingue sconosciute; Usare i
cani
La Storia si ripete. Cambiano le date sul calendario,
cambiano i protagonisti, magari lontani parenti di precedenti aguzzini, non
cambiano i luoghi, perché non credo che esista un luogo sulla terra che non
abbia ricevuto sangue e sudore di esseri umani innocenti e perseguitati.
Il film di cui scrivo, caro lettore e cara lettrice, si
intitola “Green Border” della regista polacca Agnieszka Holland. Film
presentato alla Mostra di Venezia e che ha ricevuto il premio speciale della
Giuria.
Eppure nella sala cinematografica in pieno centro a Torino
eravamo solo in tre a vederlo: In Italia è in sala da quindici giorni. Il
bigliettaio mi ha detto che poche persone hanno visto questo film.
Nessun presentatore o presentatrice televisiva ha pensato di
recensirlo?
Immagino di no, diversamente al cinema saremmo stati di più.
Cerco di fare ciò che posso: in rete potrai trovare altre
recensioni, dal Sole XXIV ore alla rivista “Internazionale”, di cui ti
inserisco il link.
Conto su di te per il passaparola: condividi. Ritengo che
questo film vada visto. Certamente tutti o quasi tutti sappiamo dei
respingimenti ai confini con l’Unione Europea, ma la regista settantacinquenne
ha il merito di mostrare il sadico gioco sulla pelle dei migranti.
La storia racconta di una famiglia di siriani, un nonno, un
uomo colto, che parla perfettamente l’inglese, suo figlio con la famiglia
composta dalla moglie e tre figli, di cui uno
lattante. Partono dalla Siria martoriata, con un volo di linea di cui è
previsto lo scalo in Bielorussia. Sono gli accordi tra Stati e loro li
ritengono una gran fortuna: non sarebbero partiti per mare, troppo pericoloso.
In questo modo contano di raggiungere la Polonia e in seguito un parente in Svezia,
che gli ha organizzato il resto del viaggio. Sono molto sereni. Non sanno che
il Presidente bielorusso vuole usare i migranti per destabilizzare l’Europa e
che il governo polacco ha ordinato alle
guardie di frontiera di riportare in Bielorussia i migranti che si trovano
nella foresta.
Con loro sale sul pulmino, già pagato dal parente in Svezia, una
profuga afghana. Il loro viaggio comodo finisce al confine con la foresta di
Bialowieza, l’unica foresta vergine rimasta in Europa, confine naturale tra la
Polonia e la Bielorussia, che diventa dal 2021 il luogo dove i migranti sono
respinti dall’uno e dall’altro, in un macabro gioco che vede le persone
impaurite, spaesate, affamate, assetate, ferite, infreddolite, morire.
Le guardie di frontiera obbediscono perché sono convinte che
questi esseri umani sofferenti e malati siano”proiettili” vaganti. Molto
pericolosi.
Gli attivisti dei diritti umani, ai margini della legalità,
si inoltrano notte tempo nella foresta per dare un poco di conforto con cibo e
acqua, medicine e cure a chi incontrano.
Indicativa un’amica di Giulia, un’attivista, che rifiuta di
aiutarla “perché deve mangiare”, “perché deve lavorare”. Aiutare è un reato, si
tratta di “tratta di esseri umani”, abbandonarli o ucciderli no, non è reato. La
Dichiarazione dei diritti umani è carta straccia in questo angolo di mondo.
Il film termina con un’inquadratura della famiglia, ridotta
ai soli genitori con due figli, sfiniti, seduti per strada in Polonia con alle
spalle un muro dove vi è disegnata la bandiera europea.
Da vedere e da far vedere.
All’uscita dal film ho temporeggiato prima di tornare a casa:
il dolore era troppo grande. E ho aspettato giorni prima di scrivere questa
recensione: sicuramente posso aver dimenticato dei particolari, ma le corse
nella foresta, di notte, il bere l’acqua depositata sugli aghi di pino, gli
sguardi impauriti dalle urla e dai cani rabbiosi che mordevano chi non correva
abbastanza forte, le valigie e le persone buttate al di là del filo spinato, a
costo di buttare anche il bimbo nel grembo di una donna gravida, no, questo non
posso dimenticarlo e so che è successo, che non è finzione, che è tutta realtà.
Anzi forse la realtà è peggiore.
La Polonia oggi ha un altro governo e spero che al confine
con la Bielorussia il filo spinato, le guardie di frontiera e i cani rabbiosi
siano solo un brutto ricordo.
Quanti sono i morti nel Mediterraneo e al confine terrestre
con l’Europa?
https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2024/02/08/green-border-frontiera-agnieszka-holland
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