Oggi, caro e cara lettrice del mio blog, ti presento la vita
lavorativa di una giovane donna: lavora nel borgo dove vivo da tanti anni, il
borgo del fum o, come preferisco io, il borgo costruito tra i due fiumi, La
Dora e il Po, il borgo delle lavandaie, il borgo mal sano nell’800, e che oggi
è un luogo dove i torinesi passeggiano godendo il sole e la bellezza del
panorama.
La collina da un lato, i fiumi e gli alberi lungo le sponde,
tutto ciò rende questo luogo uno dei più belli di Torino: ti presento Vanchiglietta.
In questo borgo, lungo corso Belgio, tra i vari negozi ce n’è
uno che, oltre ad avere articoli tradizionali di pelletteria, contiene prodotti
completamente artigianali anche un po’ particolari e ospita manufatti di
numerosi artigiani del territorio che lavorano pelle, cuoio, stoffe e anche
materiali riciclati. Tra i numerosi articoli colorati spiccano le borse
artigianali confezionate riciclando copertoni d’auto, camere d’aria e palloni e
le mini sculture realizzate salvando i libri dal macero e molte altre cose che
ti invito a scoprire.
Da qualche anno a gestire questo negozio colorato c’è
lei,Chiara, una ragazza che conobbi bambina, quasi adolescente quando frequentò
il corso di preparazione alla Cresima presso la Parrocchia Santa Croce e la ritrovai
come compagna di studi universitari di mio figlio Simone, alcuni anni dopo.
La sua storia è interessante per me e spero anche per te
come testimonianza del mondo giovanile a
Torino.
La prima passione di Chiara è scrivere. Passione e sogno. Da
quando frequentava la scuola elementare Muratori lei da grande voleva essere
una scrittrice.
In realtà Chiara è una scrittrice perchè ha già pubblicato.
Ha pubblicato a
Sarajevo il libro “La stagione dell’amore”, traduzione dell’opera Grozdanin Kikot di Hamza Humo tratto
dalla sua tesi triennale. Ed è in attesa di risposte dalle case editrici in
relazione alla sua ricerca sugli stupri etnici avvenuti in Bosnia Erzegovina
durante le guerre degli anni Novanta. Come traduttrice, ha pubblicato dei
racconti di Joseph Conrad, ha tradotto dal serbo l’opera “Sangue impuro”. Già
perché Chiara, di professione commerciante, non ti ho ancora detto che ha tre
lauree.
La prima in Lingue e letterature straniere, come mediatore
linguistico. E le lingue scelte sono state inglese e serbo-croato.
L’amore per il serbo croato nacque quando le sue maestre
(quanto importanti sono i maestri che incontriamo per via!) accolsero in classe
due ragazzi bosniaci scappati da Sarajevo e arrivati a Torino con la famiglia
per permettere ai loro genitori di curarsi (erano stati feriti dalle mine). In
quegli anni purtroppo l’Europa riviveva l’incubo della guerra, quella guerra
fatta di bombe, di distruzione, di fame, di morte. Quella guerra che i popoli
europei avevano giurato di non volere mai più, unendosi intorno al manifesto di
Ventotene di Altiero Spinelli e poi alla successiva Dichiarazione dei diritti
dell’uomo. Per non parlare della nostra Costituzione. Gli Europei avevano
capito che al posto di trincee, bombe, campi di prigionia o peggio di
sterminio, si dovevano stilare trattati, riunirsi per legiferare per il bene
comune, costruire ponti, ferrovie, permettere a tutti di viaggiare e di
sentirsi tutti cittadini europei. Ed invece ogni giorno in quegli anni il
bollettino di guerra raccontava stragi, fratricidi, vicini di casa contro i
vicini di casa, parenti contro i parenti, amici che diventano nemici, in un escalation di morte. Proprio ai confini della
nostra Italia.
In questo contesto Chiara incontra due bambini, Ajla e Ammar,
che diventeranno suoi amici, che furono i suoi primi insegnanti di quella che
diventerà la sua lingua del cuore: il bosniaco. Si perderanno di vista di lì a
poco, ma i loro insegnamenti sarebbero rimasti con lei negli anni a venire.
Per Chiara Sarajevo è casa sua e la lingua bosniaca è la
lingua amica.
Con questo spirito laurearsi e scrivere una tesi in bosniaco credo che sia un valore
aggiunto e capisco che sia stata pubblicata.
La seconda laurea è quella di traduttrice editoriale e
tecnica dalle lingue serbo-croato e inglese, sempre presso la facoltà di Lingue
e letterature straniere di Torino.
La scuola italiana persevera nel sostenerla in questa strada:
mentre frequenta il Liceo Scientifico Gobetti l’insegnante di lettere organizza
uno scambio culturale con un liceo di Sarajevo. Sarà ospite a casa di Tarik, un
ragazzo molto timido ed educato, che ora ovviamente è un suo caro amico. Quello
scambio fu l’inizio del suo legame con quella città. Grazie a Sarajevo conobbe
Lejla, la sua attuale migliore amica. Molti anni dopo, mentre era a casa della
zia di Lejla, sfogliando l’album di famiglia trovò anche se stessa tra le foto
che la famiglia aveva fatto durante un triste soggiorno a Torino durante la
guerra, quando erano venuti in Italia per curare il marito reso invalido da una
mina. In quel momento tutto ebbe un senso, perché il cugino della sua amica
Lejla non era altri che Ammar, il bambino che molti anni prima le aveva
insegnato le prime parole di bosniaco, insieme ad Ajla.
L’ultima laurea, la terza, l’ha conseguita presso il campus
Einaudi in Scienze Internazionali. Materia scelta: Storia dei crimini di guerra.
Ovviamente, si era iscritta proprio per poter scrivere una tesi sugli orrori
della guerra a Sarajevo e in Bosnia. La tesi è stata molto impegnativa, se
consideriamo anche che è stata scritta in costanza di lavoro, quello di
commerciante.
Molto impegnativa anche per l’argomento. Un argomento
importantissimo ed io non vedo l’ora di leggerla. Sullo stesso argomento ha
anche pubblicato sulla rivista di storia contemporanea Qualestoria, “Novecento
balcanico. Un secolo di guerre”.
Ho precisato il lavoro attuale perché in realtà Chiara ha
sempre lavorato, dopo il liceo. Dog-sitter, baby-sitter, commessa, traduttrice,
insegnante di lingue. Una giornata complicata, intricata di appuntamenti,
impegni e scrittura, la sua cara e amata scrittura, vero rifugio. Tre lavori in
un giorno. Lo so, non scrivo nulla di nuovo. Questo mondo è solcato ogni giorno
da creature giovani che provano ad avere il corrispettivo di uno stipendio
sommando lavoretti. Quanta fatica e quanto spreco di energie ed intelligenze.
Una ragazza così qualificata ed intelligente costretta a scrivere
nei ritagli di tempo perché nessuno le ha offerto la possibilità di dedicare tutto
il suo tempo solo alla ricerca. Pensa a quali vette sarebbe potuta arrivare una
donna, questa donna, se avesse potuto dedicare tutto il tempo alla ricerca.
Credo di aver dimenticato la Scuola di specializzazione per
traduttori editoriali, un Master di secondo livello finanziato dall’UE, lo
stage dal quale è nata la pubblicazione della traduzione del libro “Strane
avventure di Sherlock Holmes in Giappone” da Marcos y Marcos.
Chiara persevera. Aspetta che la sua ricerca sulle violenze
di genere venga pubblicata.
E prepara il suo negozio per Natale, alberi, babbi natali,
tanta pazienza verso i clienti, capacità organizzativa, scelte attente agli
articoli e agli artigiani, un blog in cui racconta la sua vita da commerciante
di borse, cappelli, ombrelli e guanti.
Lei vive in un limbo e ha un grande desiderio: realizzarsi
come ricercatrice, se non ero stata chiara.
Intanto, augurandole di riuscirci, se volete leggere il suo
diario di commerciante, cliccate su www.pelletteriagivogre.it
E mi raccomando, andate a trovarla in negozio.
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