Ho terminato di leggere “Perché è impossibile cambiare il mondo”
e sto salutando con nostalgia la piccola barca Amatillo costruita in
Bangladesh, ancorata nel fiume Lys, a Gént, in Belgio, dove ho trascorso anche
io molte ore in compagnia dello scrittore, che mi ha invitato ad entrare, ad
accomodarmi per ascoltare i suoi pensieri sulla vita, sulla democrazia, sulla
giustizia, sulla poesia per raccontarmi la sua idea di società solidalista, in
un inizio di novembre piovigginoso e freddo.
Il libro prende spunto
dall’esperienza che Pietro Tartamella visse nel 2012 partecipando al progetto
Gent- Bang: vivere una settimana come
tanti in Bangladesh che vivono in piccolissime barche ancorate nel delta del
Gange. Quando arrivano i monsoni e le grandi piogge è strage di annegati. Il progetto mira a
aiutare a riflettere gli occidentali sulle condizioni di queste popolazioni
asiatiche ed è stato concepito da Ip Man, fotografo, fondatore
dell’Associazione senza scopo di lucro “Viadagio”, nato ad Hong Kong e
residente a Gent con sua moglie Denise, che gestisce il Panda, un negozio e
ristorante di prodotti biologici.
Pietro ha usato questa
esperienza di solitudine ed essenzialità (senza cellulare, senza computer,
senza connessione internet, senza libri, né giornali, senza televisione, senza
radio e telegiornali, con un solo pasto alla sera ma con i suoi pensieri,
paure, sogni) per chiedersi perché sia impossibile cambiare il mondo. Pietro
aggiunse a tutto ciò anche lo sciopero della parola: comunicò con parole
scritte su un foglio o con gesti. A Torino fece scalpore il suo sciopero della
parola contro il fisco e quello della vista in favore della liberazione di
Marco Fiora. Azioni non violente per ottenere giustizia.
Giustizia e non legalità:
interessante questo punto, più volte sottolineato e che condivido pienamente e
ho insegnato ai miei alunni. Educare a ciò che è giusto, perché a volte la
legge non è giusta. Un esempio per tutti, che aggiungo io: le leggi razziali.
Molti sono i ragionamenti che
si intrecciano nel libro, “sparpagliati”, secondo il principio tassellare ,
cioè il principio naturale dell’apprendimento secondo il nostro autore. Anche
il tempo sembra una dimensione inusuale: Pietro racconta la sua settimana da
eremita, eppure ci conduce indietro e avanti, con feedback ed anticipazioni, come
se il tempo reale non avesse importanza per lui e il lettore entra ed esce
dalla barca rincorrendo pensieri ed idee.
Si torna sempre nel guscio
dell’Amatillo, si guarda l’ufficio turistico, il fumo delle mille sigarette
fumate da Pietro, le papere e i gabbiani, si ascolta il canto delle vocali di
Pietro e il suono dei coltelli, si accende il lumino, si ascolta il rumore del
mestolo che raccoglie l’acqua a disposizione per lavarsi e lavare oggetti e si
aspetta la cena calda che Ip porta regolarmente tutte le sere.
Il libro è ricco di esperienze,
riflessioni, citazioni, proposte sul come potremmo stare insieme in questo
mondo: tutto è avvolto dal gusto della parola che Pietro Tartamella ha
incarnato in ogni momento della vita. La parola scritta con l’accentazione
ortoèpica lineare, la ricerca di neologismi che rendano esattamente il senso
del suo pensiero, i versi degli haikù
che accompagnano gli incontri, le paure, le scoperte, le proposte.
E’ difficile recensire un
libro così ricco. Narrativa, poesia, filosofia della politica si intrecciano
costantemente.
Preferisco conversare con
l’autore, confrontarmi a distanza con lui.
Pietro Tartamella intitola il
libro “Perché è impossibile cambiare il mondo” e nell’intreccio della
narrazione spiega perché. Ciò che per me è importante sono i suggerimenti dati
via via per poterlo in realtà cambiare il mondo. Questi ultimi sono decisamente
più preziosi dei primi. A volte negando, afferma. Il mondo non si può cambiare
perché non c’è fiducia reciproca: condivido totalmente questo concetto. E’
stata la prima cosa che notai quando iniziai a lavorare, cioè quando divenni
adulta. Da adulta davo per scontato che gli altri adulti si fidassero di me.
Invece è iniziata una vita fatta di certificazioni e autocertificazioni, di
dichiarazioni e di giustificazioni: il principio da cui si parte è che l’altro
ti ingannerà, sicuramente e quindi si deve fare di tutto per evitare che
accada. Poi sappiamo tutti che chi vuole ingannare, rubare, frodare, manipolare
lo fa lo stesso, mentre la persona sincera, adulta e responsabile vive una vita
da controllato. Il suggerimento è quello di riscoprire le relazioni umane,
fidarsi e affidarsi, come, e questo è nuovamente un mio contributo, le piante,
che interagiscono e mettono in comune o come gli indiani delle grandi pianure,
come scrive Pietro. Capire che solo insieme si sopravvive, mettendo in comune
le risorse e non appropriandosene a danno degli altri.
Chi commette un reato, sarà
allontanato. Nulla è più pericoloso per la propria sopravvivenza che rimanere
da solo.
Un altro punto che mi vede
totalmente d’accordo nell’analisi sulla nostra società umana è quello in cui
Pietro sottolinea che noi viviamo rubando. Per leggere, per scrivere, per
dipingere, per svolgere qualsiasi attività per noi vitale, noi dobbiamo rubare
il tempo al lavoro, alla burocrazia, ai doveri. Una società adeguata
permetterebbe ai propri cittadini di vivere meno in affanno, di dedicarsi alle
attività che si amano, senza dover vivere la maggior parte del tempo facendo
cose sgradite.
Una società in armonia (definizione
mia) è quella in cui non conta l’abbondanza, la ricchezza per essere potenti. Invece
dovremmo “vivere semplicemente, per
permettere agli altri semplicemente di vivere” Gandhi.
Questo, aggiungo io, non solo
permetterebbe l’azzeramento della rabbia sociale, ma anche il rispetto per
l’ambiente, che noi saccheggiamo come vandali, come se non fosse la nostra casa
comune.
Il mondo può essere cambiato,
cambiando totalmente il modo di pensarlo e questo lo può fare la persona
qualunque “che si metta nella condizione
di farsi rubare le idee” ed è sicura che la propria idea si diffonderà. Pagherà con l’anonimato il privilegio di
cambiare il mondo.
Dopo essere stato cullati dal
fiume per notti e giorni insieme a
Mandela, Gandhi, Rousseau, de Tocqueville, Pericle, Don Milani, L. Einaudi,
Chomsky, Marx, Krishnamurti, Pietro espone il suo progetto di cambiamento della
società capitalistica in società solidalista, che ingloba il significato di
solidale e solido.
La società solidalista sarà composta dai
cittadini che pagano lo stesso ammontare di tasse, quindi i salari dovranno
essere adeguati, anche i bambini dai 7 anni in su dovranno pagare le tasse,
verrà istituito un collegio dei probiviri, ci saranno le case dello scrittore,
si darà uno stipendio agli studenti universitari, si consentirà di donare il
sessanta per mille alle associazioni meritevoli, sarà eliminata ogni tipo di
tassa nascosta, sarà consentita una vera libertà con la sottoscrizione di un
nuovo contratto matrimoniale, si realizzerà il Censeco (Centro Nazionale
Segnalazioni, Consigli, Osservazioni del cittadino).
Gli uomini verranno
considerati uguali nella nascita e nella vecchiaia e sarà sganciata la pensione
dal reddito e soprattutto, aggiungo io, si avrà fiducia nell’altro e nelle
istituzioni.
Al termine di questa settimana
con Pietro, il lettore, lettrice ha potuto
riflettere e ricapitolare con il metodo tassellare anche la propria vita, le proprie
scelte e i propri sogni.
Personalmente spesso mi sono
rivista in riva al mare a ragionare in età adolescenziale, quando si coglie
l’essenza dei problemi e si cercano ingenuamente le soluzioni, certi di essere
i primi a pensarci per poi scoprire di essere uno tra i tanti, che ci hanno
preceduto e con i quali ci sentiamo profondamente uniti, quando lo scopriamo,
in riva al mare con Sergio, l’amico di una vita, scomparso prematuramente.
Ho rivissuto i miei princìpi,
sogni, delusioni, quasi sempre frutto di un rapporto di fiducia tradito.
Forse qualcuno di noi avrebbe”
voluto vivere senza compromessi in modo
limpido e semplice, nel rispetto di sé e degli altri, constatando ogni giorno
come la società in cui è immerso lo impediscano” (Pietro Tartamella).
Credo proprio che molti di noi
siano i saggi che non vogliono sporcarsi in politica, molti siano i delusi
oppure, come uso dire io i “silenziosi, i miti” che non fanno notizia, quei
qualunque a cui rubare l’idea. L’importante è che la buona idea viaggi, si
diffonda e cambi il mondo.
Io ci credo e anche Pietro,
secondo me.
Di “buone idee” ce ne sono in
questo libro che vi consiglio.
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