Sono stata un po’ silenziosa
in questo ultimo mese, torno per raccontarti ancora una volta che sono molto
soddisfatta della mia visita al 31° Salone del Libro di Torino, che si colloca tra
i grandi momenti culturali annuali della città e mi fa piacere
sapere che quest’anno ha superato il numero dei visitatori dell’anno scorso,
anno record. Non posso proprio non recarmi al Lingotto. Mi sembra di mancare ad
un appuntamento con un amico.
Quello che mi piace del
Salone del Libro è l’atmosfera di festa intorno al libro, intorno agli autori e
agli editori.
Quello che mi piace è
l’entusiasmo che provo a scoprire nuovi autori, nuove case editrici, a tornare
a casa sempre più ricca.
Quello che mi piace è
incontrare amici, uniti dalla stessa passione e osservare questo movimento
continuo di sala in sala e farne parte.
Quello che mi piace è il
cuore del Salone: la Piazza dei lettori,
nel padiglione 1, gestita da CoLTI, i librai torinesi indipendenti e il loro
stand con le cinque domande del Salone, poste in bella mostra, al di sopra dei
libri che hanno scelto per provare a rispondere alle domande. Uno stand
tematico: 10 e lode!
Le domande:
Chi sono io?
Perché mi serve un nemico?
Cosa voglio dall’arte.
Libertà o rivoluzione?
Dove mi portano spiritualità
e scienza?
A chi appartiene il mondo?
Domandine facili, facili e
libri di notevole impegno, troneggiavano sulle mensole. Mi sono divertita a
curiosare tra gli autori prescelti e a scoprire quanti di loro conosco.
Quello che non mi piace è la
concentrazione della presenza in poche ore di tanti scrittori che mi piacerebbe
conoscere e che non riesco a conoscere. Impossibile. Troppi.
Quello che non mi piace è il
rumore, in alcuni momenti e giorni eccessivo, tanto da coprire le parole di
chiunque.
Quest’anno ho scelto di
recarmi al Salone l’ultimo giorno: lunedì.
La scelta è stata felice:
nessuna coda all’entrata, poche code per la Sala Rossa, per lo Spazio Duecento
e per lo Spazio Autori.
Ho avuto la possibilità di
ascoltare, riflettere, incontrare e anche comprare, ma non è certo per quello
che io mi reco al Salone.
Ti racconto, lettore,
lettrice quello che ho ascoltato, se vuoi continuare a leggere.
Nella Sala Rossa ho
ascoltato parte del dibattito sulle fake news a cura dell’Ordine dei
giornalisti. Il tema è di grande attualità per tutti noi. Per esempio è molto
importante sapere che l’Ordine dei medici ha stimato che 8,8 milioni di
italiani è vittima di notizie false circa la salute. Tantissimi e soprattutto è molto grave.
Il Direttore Molinari ha
riassunto gli effetti delle fake news:
1. Vengono
lesi i diritti delle persone
2. Viene
danneggiata la vita pubblica
3. Viene
messa in pericolo la sicurezza nazionale
Tra
le soluzioni, ripensare alle modalità di accesso alla professione, oggi chiunque può dare notizie.
La
libertà di parola, di pensiero e di opinione va sempre difesa, ma va anche difesa
la correttezza con la quale vengono lanciate in rete le notizie.
E’
il vecchio problema delle fonti: molte volte a scuola ho ripetuto ai miei
allievi che quando si cercano informazioni, si deve essere certi
dell’attendibilità della fonte. Per esempio, un professore universitario di
diritto costituzionale che scrive una voce di un’enciclopedia, un articolo di
giornale su un articolo della Costituzione è più attendibile di chiunque altro.
Sembra ovvio, ma oggi non lo è.
Molinari
ha osservato che nella storia dell’umanità ogni qual volta si crea un danno
alla comunità, la comunità stessa crea un diritto. Speriamo.
Nello spazio Duecento ho
ascoltato Cristina Comenicini e Donatella Di Pietrantonio ragionare intorno a
ciò che succede quando finisce l’amore, tema oggetto dei loro ultimi libri, Da soli e Bella mia.
Non ho ancora letto i due romanzi, ma posso
raccontare qualche riflessione di entrambe.
L’affermazione “per sempre”
è un’illusione che non possiamo più permetterci: viviamo in un’epoca di
individui che con difficoltà dividono la loro vita con altri e il modo di
formare una coppia è cambiato. “Il modo di amare non riguarda solo l’individuo,
ma tutta la società”. L’ho sempre pensato.
“Le voci nella case non ci
sono più”: verissimo e tristissimo.
Ho concluso la serata al Salone
con la scoperta di una scrittrice Nicoletta Travaini, psicologa e del suo libro “Il dono delle persone
sensibili”, che riempie un vuoto nella eterna ricerca dell’uomo di trovare
definizioni, nomi alle varie personalità umane. Lei ha reso, con il suo libro,
accessibile a tutti il lavoro di Elaine N. Aron sulle persone altamente
sensibili.
Non sono riuscita a comprare
il libro, le cui copie sono terminate subito. Quindi per ora posso solo
raccontarti che mi piace molto l’idea che essere molto sensibili sia un dono
per tutti, invece che un problema. E’ semplice: basta cambiare punto di vista,
riconoscere le differenze individuali, imparare alcune azioni per la propria igiene mentale e ognuno può dare il proprio grande
contributo nella nostra mega tribù, senza sentirsi diverso, sbagliato. Evviva.
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