lunedì 21 maggio 2018

UN POMERIGGIO AL SALTO18



Sono stata un po’ silenziosa in questo ultimo mese, torno per raccontarti ancora una volta che sono molto soddisfatta della mia visita al 31° Salone del Libro di Torino, che si colloca tra i grandi momenti culturali annuali della città  e  mi fa piacere sapere che quest’anno ha superato il numero dei visitatori dell’anno scorso, anno record. Non posso proprio non recarmi al Lingotto. Mi sembra di mancare ad un appuntamento con un amico.
Quello che mi piace del Salone del Libro è l’atmosfera di festa intorno al libro, intorno agli autori e agli editori.
Quello che mi piace è l’entusiasmo che provo a scoprire nuovi autori, nuove case editrici, a tornare a casa sempre più ricca.
Quello che mi piace è incontrare amici, uniti dalla stessa passione e osservare questo movimento continuo di sala in sala e farne parte.
Quello che mi piace è il cuore del Salone:  la Piazza dei lettori, nel padiglione 1, gestita da CoLTI, i librai torinesi indipendenti e il loro stand con le cinque domande del Salone, poste in bella mostra, al di sopra dei libri che hanno scelto per provare a rispondere alle domande. Uno stand tematico: 10 e lode!
Le domande:
Chi sono io?
Perché mi serve un nemico?
Cosa voglio dall’arte. Libertà o rivoluzione?
Dove mi portano spiritualità e scienza?
A chi appartiene il mondo?
Domandine facili, facili e libri di notevole impegno, troneggiavano sulle mensole. Mi sono divertita a curiosare tra gli autori prescelti e a scoprire quanti di loro conosco.
Quello che non mi piace è la concentrazione della presenza in poche ore di tanti scrittori che mi piacerebbe conoscere e che non riesco a conoscere. Impossibile. Troppi.
Quello che non mi piace è il rumore, in alcuni momenti e giorni eccessivo, tanto da coprire le parole di chiunque.
Quest’anno ho scelto di recarmi al Salone l’ultimo giorno: lunedì.
La scelta è stata felice: nessuna coda all’entrata, poche code per la Sala Rossa, per lo Spazio Duecento e per lo Spazio Autori.
Ho avuto la possibilità di ascoltare, riflettere, incontrare e anche comprare, ma non è certo per quello che io mi reco al Salone.
Ti racconto, lettore, lettrice quello che ho ascoltato, se vuoi continuare a leggere.
Nella Sala Rossa ho ascoltato parte del dibattito sulle fake news a cura dell’Ordine dei giornalisti. Il tema è di grande attualità per tutti noi. Per esempio è molto importante sapere che l’Ordine dei medici ha stimato che 8,8 milioni di italiani è vittima di notizie false circa la salute. Tantissimi e soprattutto è molto grave.
Il Direttore Molinari ha riassunto gli effetti delle fake news:
1.  Vengono lesi i diritti delle persone
2.  Viene danneggiata la vita pubblica
3.  Viene messa in pericolo la sicurezza nazionale

Tra le soluzioni, ripensare alle modalità di accesso alla professione, oggi  chiunque può dare notizie.

La libertà di parola, di pensiero e di opinione va sempre difesa, ma va anche difesa la correttezza con la quale vengono lanciate in rete le notizie.
E’ il vecchio problema delle fonti: molte volte a scuola ho ripetuto ai miei allievi che quando si cercano informazioni, si deve essere certi dell’attendibilità della fonte. Per esempio, un professore universitario di diritto costituzionale che scrive una voce di un’enciclopedia, un articolo di giornale su un articolo della Costituzione è più attendibile di chiunque altro. Sembra ovvio, ma oggi non lo è.
Molinari ha osservato che nella storia dell’umanità ogni qual volta si crea un danno alla comunità, la comunità stessa crea un diritto. Speriamo.


Nello spazio Duecento ho ascoltato Cristina Comenicini e Donatella Di Pietrantonio ragionare intorno a ciò che succede quando finisce l’amore, tema oggetto dei loro ultimi libri, Da soli e Bella mia.
Non  ho ancora letto i due romanzi, ma posso raccontare qualche riflessione di entrambe.
L’affermazione “per sempre” è un’illusione che non possiamo più permetterci: viviamo in un’epoca di individui che con difficoltà dividono la loro vita con altri e il modo di formare una coppia è cambiato. “Il modo di amare non riguarda solo l’individuo, ma tutta la società”. L’ho sempre pensato.
“Le voci nella case non ci sono più”: verissimo e tristissimo.

Ho concluso la serata al Salone con la scoperta di una scrittrice Nicoletta Travaini,  psicologa  e del suo libro “Il dono delle persone sensibili”, che riempie un vuoto nella eterna ricerca dell’uomo di trovare definizioni, nomi alle varie personalità umane. Lei ha reso, con il suo libro, accessibile a tutti il lavoro di Elaine N. Aron sulle persone altamente sensibili.
Non sono riuscita a comprare il libro, le cui copie sono terminate subito. Quindi per ora posso solo raccontarti che mi piace molto l’idea che essere molto sensibili sia un dono per tutti, invece che un problema. E’ semplice: basta cambiare punto di vista, riconoscere le differenze individuali, imparare alcune azioni per la propria igiene mentale e ognuno può dare il proprio grande contributo nella nostra mega tribù, senza sentirsi diverso, sbagliato. Evviva.



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