venerdì 27 giugno 2025

LA MADRINA DI NATI PER LEGGERE

 



 

Cara lettrice e caro lettore,

Oggi ti racconto la storia di una donna che ha saputo convertire la sua passione personale in passione professionale, contribuendo in modo significativo a dar vita in Italia ad un progetto che continua a vivere nelle nostre comunità.

La incontrai qualche anno fa, poco prima che la pandemia del 2020 ci costringesse a casa e cambiasse alcune nostre abitudini. I nostri incontri erano legati al piacere di ritrovarsi e di leggere insieme.

Solo qualche settimana fa ho deciso che ai miei lettori, molti dei quali sono genitori e molti nonni, potesse interessare conoscere la storia della madrina del progetto Nati per Leggere e la genesi del progetto stesso.

Rita Valentino Merletti mi accoglie nella sua casa con Kuma, un meraviglioso cane di razza Akita, pelo bianchissimo, desideroso di carezze e immagino splendido compagno nelle giornate di Rita.

Kuma è anche desideroso dei salatini che troneggiano sul tavolino tra me e Rita. Viviamo così un primo momento dedicato esclusivamente a lui.

Non ci vediamo da cinque anni, quindi prima di iniziare l’intervista nasce spontaneamente un breve aggiornamento delle nostre vite.

Qualsiasi argomento si affronti, quasi subito la lettura e in particolare la lettura ad alta voce balza in  pole position dandomi il “la” per iniziare a porre qualche domanda.

Rita deve il suo grande amore per la lettura ad alta voce e la lettura tout court a sua madre, che leggeva molto volentieri ed era anche una notevole narratrice, aveva una vera passione per le parole, per il teatro e per il melodramma.

 L’ascolto integrale di Pinocchio intorno ai cinque, sei anni fu una prima esperienza importante: Rita ricorda che la mamma lesse e rilesse tante volte per lei, tanti capitoli del capolavoro di Collodi, tutte le volte che la sua piccola glielo chiedeva.

Non ti nascondo che a questo punto ho avuto un piccolo balzo al cuore: quando il mio primogenito aveva cinque anni, io gli lessi integralmente Pinocchio. Lessi e rilessi, perché Stefano, mio figlio, mi chiedeva di rileggere e se saltavo qualche parola, per velocizzare, mi fermava e mi diceva la parola mancante. Fu un’esperienza indimenticabile anche per noi. Tanto da confermarmi nell’idea che la relazione che si crea tra chi legge e chi ascolta sia qualcosa di magico. Ho sempre amato la lettura ad alta voce e da mamma ho potuto sperimentarmi, ho potuto regalare le mie serate ai miei figli, seduta accanto ai lettini a leggere o raccontare. Sono ancora oggi dei dolcissimi ricordi della mia maternità.

Esperienza di cui feci tesoro anche per la mia vita da docente di lettere alla scuola secondaria di primo grado. Ma questa è un’altra storia.

Naturalmente non basta l’ascolto di Pinocchio e di altre fiabe per indirizzare un individuo a trasformare la passione per la lettura in un lavoro.

Ci sono stati altri fattori nella vita di Rita, dovuti al benessere che l’ascolto produce in una bambina e poi adolescente costretta per ragioni di salute a qualche limitazione nella sua vita, ma accompagnata sempre dalle storie lette dai suoi cari. Rita ricorda per esempio con grande riconoscenza la lettura che nei momenti più difficili fratello e sorella le offrivano: l’intera epopea di Via col vento, in un caso, e le fresche cronache famigliari popolate di animali di Brunella Gasperini, nell’altro.

La lettura ad alta voce va al di là del contenuto ed è un nutrirsi di qualcosa di vitale, e per chi la effettua, è donare qualcosa di sé. Non a caso si comincia fin dalla primissima infanzia con canti, tiritere, nonsense, filastrocche, scioglilingua. Oggi purtroppo questa catena di trasmissione orale si è un po’ interrotta.

Sorprende scoprire che il libro preferito di Rita a dodici anni fosse L’idiota di Dostojescki, benché lei stessa riconosca in piena onestà di essere rimasta abbagliata dalla grandezza del personaggio, senza tuttavia comprenderne la complessità.

Mentre lo diceva, pensavo ai dodicenni di oggi o ai miei alunni, ora adulti, e ai libri che proponevo loro a scuola, alcuni dei quali mi sembravano  impegnativi. No, l’Idiota è chiaramente una lettura per giovani adulti e la nostra preadolescente era decisamente matura per la sua età, sicuramente grazie alla lettura e alla sua particolare vita.

A questo punto della stesura del mio racconto ho deciso di interrogare le mie compagne di liceo, ormai siamo tutte donne mature, sulla loro lettura preferita a dodici anni. Le risposte sono state legate alla nostra generazione: L’incompreso, Cuore, La tigre della Malesia, I tre moschettieri, Piccole donne, Alice nel paese delle meraviglie, Il piccolo principe. Una modesta (in termini di campione statistico) conferma della precocità di Rita.

Se ti sei stupito di leggere quale scrittore e quale libro fossero i preferiti di un’adolescente degli anni ‘60, ora preparati al commento di un compagno di liceo della nostra giovanissima ragazza, che durante una festa di compleanno, la sua, per i sedici anni riceve come regalo Le Sinfonie di Beethoven e il commento è: Tu sei come la V sinfonia.

Indubbiamente i giovani degli anni 60 avevano gusti ed interessi diversi dai contemporanei, non voglio commentare in questa sede la distanza abissale anche tra gruppi omogenei per potere economico e culturale delle famiglie. Il padre di Rita l’aveva avvicinata all’ascolto della musica. Innamorata del padre, come quasi tutte le bambine, a cinque anni rimase colpita dall’emozione che il suo papà provava ascoltando il preludio al terzo atto della Traviata e non lo dimentica neanche oggi, commuovendosi a sua volta ogni volta che lo ascolta.

Torno alla quinta sinfonia di Beethoven. Rodolfo Venditti definisce questa sinfonia come un poema umanissimo in cui ciascuno ritrova qualcosa della propria vicenda umana. Continua affermando che è un documento altissimo, la quinta sinfonia, dove si sente la lotta per affermare la forza della ragione sull’irrazionalità del male e della necessità. È stata denominata la sinfonia del destino.

Credo che il compagno di studi di Rita avesse compreso benissimo la forza della sua compagna di classe.

Rita si sposa giovanissima con un altrettanto giovane ingegnere, che ben presto diventerà molto famoso per le sue ricerche in bioingegneria; si trasferiscono insieme negli USA, dove suo marito consegue il dottorato di ricerca e successivamente inizia una prestigiosa carriera come docente universitario. In particolare, fu importante per lei il periodo in cui vissero a Boston, culla culturale americana, sede di Università prestigiose quali Harvard, in questi giorni agli onori delle cronache per le decisioni di Trump nei confronti degli studenti stranieri, e il Mit.

È infatti a Boston che Rita respira una grande attenzione per la lettura e per la sua diffusione e nota grandi investimenti e progetti destinati a scuole e biblioteche. Dopo la laurea italiana in Lingue e Letterature Straniere, prosegue quindi a Boston il suo cammino universitario nel campo della letteratura per l’infanzia, disciplina che in quegli anni lontani nelle Università italiane muoveva i primi passi.

Proprio in quegli anni si aprivano in Italia le prime librerie per ragazzi, quella di Milano di Roberto Denti e di sua moglie, seguita poco dopo a Torino dalla Libreria dei Ragazzi di via Stampatori. Iniziative pionieristiche che diffondevano libri molto belli, sconosciuti in Italia, nella stragrande maggioranza in traduzione, grazie a intraprendenti e coraggiose case editrici, quali ad esempio la EMME di Rosellina Archinto. Libri belli, per l’appunto, ma riservati a una nicchia di lettori piuttosto ristretta. Ci sono voluti molti anni perché alcuni autori di allora venissero pienamente riconosciuti e apprezzati da un pubblico di lettori più ampio. Si pensi agli ormai famosi Mostri selvaggi di Maurice Sendak, pubblicati nelle edizioni EMME, ripubblicati negli anni 2000 da Babalibri e attualmente ripresi da Adelphi. Negli USA mi sono letteralmente innamorata della letteratura per l’infanzia e al momento del mio rientro in Italia ho portato con me quasi un intero container di volumi e materiali diversi sui libri per bambini e sulle modalità per una loro più ampia diffusione.

Rita diventa mamma e dopo diversi anni di vita americana, a causa della sua salute, decide con suo marito di tornare in Italia.

Il rientro a Torino non è scevro da difficoltà per la giovane famiglia: il figlio, di cultura anglosassone, deve iniziare la prima media senza un’adeguata conoscenza della grammatica e dell’ortografia dell’italiano, il marito insegna al Politecnico, lei stessa deve decidere come spendere le sue conoscenze e la sua esperienza. È un nuovo inizio per tutti e tre.

Non ti ho detto finora che Rita ha sempre avuto problemi di salute legati alla vista, motivo per cui per lei “ascoltare” è stata la chiave che le ha aperto mondi e spalancato orizzonti.

Nessuno meglio di lei può spiegarci quanto sia importante ascoltare, quanto la voce possa accoglierci, calmarci, regalarci doni preziosi.

La voce umana e la musica. Nella sua vita l’ascolto è ascolto di suoni, in senso lato, che regalano sempre storie, drammi, emozioni.

La sua esperienza di vita e di studio è diventata esperienza per suo figlio, a cui lei leggeva e raccontava storie, figlio che a sua volta ora che è padre, racconta al suo bambino.

 Questo passaggio spontaneo che di generazione in generazione trasmette il piacere e il bisogno dell’ascoltare e del raccontare, purtroppo oggi sappiamo essere molto in crisi. Molti genitori non dedicano il tempo necessario alla lettura, la sera, per addormentare il proprio bambino o in altri momenti della giornata. La vita è una corsa tra mille impegni: c’è chi si chiede se siano tutti necessari? C’è chi si chiede: questi impegni rispondono a quale bisogno e di chi soprattutto, dei genitori o dei figli?

Molti adulti non conoscono le fiabe, oppure le temono perché contengono elementi di crudeltà, ovvero contengono nozioni fondamentali di vita, che si teme di trasmettere perché si teme di turbare, perché si vuole preservare dal male i propri figli, male che esiste e di cui sono pieni i quotidiani e i telegiornali, tutti i giorni, male agito da giovani e adulti, male che va conosciuto per essere riconosciuto, quando si incontra.

A Torino un coraggioso oculista decide di operare Rita. È un’operazione molto rischiosa: altri oculisti avevano decretato la cecità totale. L’operazione va benissimo e Rita per venti anni vive la sua vita con i suoi occhi, con la sua vista. Una rivoluzione totale, disorientante: il mondo e lei stessa le appaiono diversi. Deve imparare a prendere le misure del nuovo mondo.

Tutto le appare diverso, tutto è grande, più grande.

Dovevo guarire dall’essere guarita. Avevo vissuto fino ad allora una vita piena di limitazioni, nessuna attività fisica, non dovevo stancare la vista, addirittura mi era stato detto che sarebbe stato meglio che io non mi fossi sposata e non avessi avuto figli.

In questa nuova fase della sua vita Rita decide di mettere a frutto le sue conoscenze: scrive a diversi editori, inviando il suo curriculum vitae.

Le risponde la Mondadori, precisamente l’editor dell’intero settore ragazzi e le viene proposto di scrivere un libro sulla Lettura ad alta voce. È il 1996 quando esce la prima edizione di Leggere ad alta voce (ripubblicato in varie edizioni successive) a cui  seguiranno Raccontar storie e Racconti (di)versi ancora per Mondadori e, in anni successivi, Leggimi forte, con Bruno Tognolini, edito da Salani, Nati sotto il segno dei libri, con Luigi Paladin, riedito proprio in questi ultimi mesi da edizioni Accademia dei Perseveranti.

Rita era meravigliata dal successo di Leggere ad alta voce. In Italia vi erano diverse esperienze virtuose della pratica della lettura ad alta voce in contesti educativi istituzionali, ma tutte locali: si pensi ad esempio ai laboratori di lettura istituiti con molto anticipo sui tempi dalla Città di Torino, alle rinomatissime scuole dell’infanzia dell’Emilia-Romagna e alle mille iniziative delle singole biblioteche sparse sul territorio nazionale.

Nel 1998 cominciò a circolare in ambienti accademici italiani, più medici che pedagogici, l’iniziativa Reach out and Read (ROR)  nata negli USA nel 1989 presso il Boston City Hospital grazie a due medici Robert Needlmann e Barry Zuckermann.

Si tratta di proporre ai genitori la lettura nei primi mille giorni di vita del proprio figlio, di aiutarli con libri in dono, libri presso i pediatri, molte iniziative nelle biblioteche e nei nidi al fine di avvicinare i più piccoli alla lettura.

Rita, come autrice di un libro specifico sull’argomento, fu invitata a partecipare al Congresso Nazionale dei pediatri ad Assisi, nel settembre 1999, insieme al Presidente dell’associazione culturale pediatri, Giancarlo Biasini e al Presidente dell’associazione italiana biblioteche Igino Poggiali, durante il quale si decide di lanciare il progetto Nati per leggere.

Nel suo intervento al Congresso, Rita delineò le principali linee guida e le metodologie più adatte nel rapporto con il bambino. Annunciano la loro adesione i direttori di biblioteche pubbliche di numerose città, amministratori, intellettuali, insegnanti, giornalisti. Le modalità operative per la diffusione dell'iniziativa e la sensibilizzazione degli interessati sono già state collaudate in iniziative analoghe in paesi quali gli Stati Uniti e la Gran Bretagna con ottimi risultati.

Ho viaggiato per tutta l’Italia per facilitare l’avvio di questa preziosa iniziativa, che avrebbe facilitato la lettura ad alta voce in famiglia, in particolare con i bambini piccolissimi.

 Importantissime furono le realtà regionali che aderirono al progetto e i relativi finanziamenti alle biblioteche Piemonte, Friuli, Emilia-Romagna, Puglia   furono tra le prime Regioni a organizzare una rete completa comprendente biblioteche, nidi, scuole per l’infanzia e studi pediatrici per la diffusione della pratica della lettura ad alta voce in famiglia. Ne seguirono molte altre.

Purtroppo ancora oggi alcune Regioni italiane non dispongono di una rete completa ma crescono di anno in anno le realtà singole che aderiscono al progetto, spesso con l’aiuto di volontari.

La Regione Piemonte si è  fatta carico economicamente anche del mio personale progetto, quello del Premio Nazionale Nati per Leggere, nato nel 2010, esattamente dieci anni dopo il lancio del progetto madre.

Una giuria di esperti premia ogni anno il miglior libro in concorso per le fasce di età 6-18 mesi, 18-36 mesi e 3-6 anni. Inoltre, la giuria seleziona e premia ogni anno le migliori realtà territoriali dedicate al progetto NpL e il pediatra che più si è adoperato per la diffusione del progetto. Di particolare rilevanza è inoltre il premio per la sezione Crescere con i libri assegnato in questo caso da una giuria composta da bambini tra i 3 e i 6 anni. In quest’ultimo anno, più di 24000 bambini di scuole dell’infanzia sparse su quasi tutto il territorio nazionale hanno esercitato il loro diritto di voto scegliendo il libro più gradito, tra i dieci pre-selezionati da una giuria di esperti. Come si vede, il premio richiede una macchina organizzativa imponente per raggiungere i suoi obiettivi ed è ormai una realtà consolidata, essendo giunto alla soglia della diciassettesima edizione. Il premio nazionale NpL è stato inoltre il primo in assoluto in Italia a occuparsi di editoria per la primissima infanzia, spezzando addirittura in due diverse sezioni le candidature dei libri per bambini tra 6-18 mesi e 18-36 mesi. 

Sono stata Presidente per molti anni del Premio Nati per Leggere e ora sono Presidente onoraria.

In questi anni sono stata felice del mio contributo, di aver collaborato, di aver divulgato, lavorando accanto a pediatri, bibliotecari, insegnanti e amministratori pubblici.

Sì, leggere produce mille emozioni, dipende ovviamente dal contenuto del libro e dall’autore: sapere di aver aiutato generazioni di genitori e di bambini ad avvicinarsi ai libri e alla loro inesauribile ricchezza deve essere una grande soddisfazione.

Bussano alla porta: è il vicino di casa ed è tempo che Kuma torni a casa sua.

Guardo l’orologio e mi accorgo di aver trascorso molto tempo in compagnia di Rita. È ora anche per me di tornare a casa. Ci salutiamo parlando di musica e torno a casa con un compito che non ho ancora svolto: ascoltare il Don Giovanni e ovviamente con due libri per i miei nipoti.

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