Cara lettrice e caro lettore,
Oggi ti racconto la storia di una donna che ha saputo convertire la sua
passione personale in passione professionale, contribuendo in modo
significativo a dar vita in Italia ad un progetto che continua a vivere nelle
nostre comunità.
La incontrai qualche anno fa, poco prima che la pandemia del 2020 ci
costringesse a casa e cambiasse alcune nostre abitudini. I nostri incontri
erano legati al piacere di ritrovarsi e di leggere insieme.
Solo qualche settimana fa ho deciso che ai miei lettori, molti dei quali
sono genitori e molti nonni, potesse interessare conoscere la storia della
madrina del progetto Nati per Leggere e la genesi del progetto stesso.
Rita Valentino Merletti mi accoglie nella sua casa con Kuma, un
meraviglioso cane di razza Akita, pelo bianchissimo, desideroso di carezze e
immagino splendido compagno nelle giornate di Rita.
Kuma è anche desideroso dei salatini che troneggiano sul tavolino tra me
e Rita. Viviamo così un primo momento dedicato esclusivamente a lui.
Non ci vediamo da cinque anni, quindi prima di iniziare l’intervista
nasce spontaneamente un breve aggiornamento delle nostre vite.
Qualsiasi argomento si affronti, quasi subito la lettura e in
particolare la lettura ad alta voce balza in
pole position dandomi il “la” per iniziare a porre qualche domanda.
Rita deve il suo grande amore per la lettura ad alta voce e la lettura
tout court a sua madre, che leggeva molto volentieri ed era anche una notevole
narratrice, aveva una vera passione per le parole, per il teatro e per il
melodramma.
L’ascolto integrale di Pinocchio
intorno ai cinque, sei anni fu una prima esperienza importante: Rita ricorda
che la mamma lesse e rilesse tante volte per lei, tanti capitoli del capolavoro
di Collodi, tutte le volte che la sua piccola glielo chiedeva.
Non ti nascondo che a questo punto ho avuto un piccolo balzo al cuore:
quando il mio primogenito aveva cinque anni, io gli lessi integralmente
Pinocchio. Lessi e rilessi, perché Stefano, mio figlio, mi chiedeva di
rileggere e se saltavo qualche parola, per velocizzare, mi fermava e mi diceva
la parola mancante. Fu un’esperienza indimenticabile anche per noi. Tanto da
confermarmi nell’idea che la relazione che si crea tra chi legge e chi ascolta
sia qualcosa di magico. Ho sempre amato la lettura ad alta voce e da mamma ho
potuto sperimentarmi, ho potuto regalare le mie serate ai miei figli, seduta accanto
ai lettini a leggere o raccontare. Sono ancora oggi dei dolcissimi ricordi
della mia maternità.
Esperienza di cui feci tesoro anche per la mia vita da docente di
lettere alla scuola secondaria di primo grado. Ma questa è un’altra storia.
Naturalmente non basta l’ascolto di Pinocchio e di altre fiabe per
indirizzare un individuo a trasformare la passione per la lettura in un lavoro.
Ci sono stati altri fattori nella vita di Rita, dovuti al benessere che
l’ascolto produce in una bambina e poi adolescente costretta per ragioni di
salute a qualche limitazione nella sua vita, ma accompagnata sempre dalle storie
lette dai suoi cari. Rita ricorda per esempio con grande riconoscenza la
lettura che nei momenti più difficili fratello e sorella le offrivano: l’intera
epopea di Via col vento, in un caso, e le fresche cronache famigliari
popolate di animali di Brunella Gasperini, nell’altro.
La lettura ad alta voce va al di là del contenuto ed è un nutrirsi di
qualcosa di vitale, e per chi la effettua, è donare qualcosa di sé. Non a caso
si comincia fin dalla primissima infanzia con canti, tiritere, nonsense, filastrocche,
scioglilingua. Oggi purtroppo questa catena di trasmissione orale si è un po’
interrotta.
Sorprende scoprire che il libro preferito di Rita a dodici anni fosse L’idiota
di Dostojescki, benché lei stessa riconosca in piena onestà
di essere rimasta abbagliata dalla grandezza del personaggio, senza tuttavia
comprenderne la complessità.
Mentre lo diceva, pensavo ai dodicenni di oggi o ai miei alunni, ora
adulti, e ai libri che proponevo loro a scuola, alcuni dei quali mi sembravano impegnativi. No, l’Idiota è chiaramente una lettura per
giovani adulti e la nostra preadolescente era decisamente matura per la sua
età, sicuramente grazie alla lettura e alla sua particolare vita.
A questo punto della stesura del mio racconto ho deciso di interrogare
le mie compagne di liceo, ormai siamo tutte donne mature, sulla loro lettura
preferita a dodici anni. Le risposte sono state legate alla nostra generazione:
L’incompreso, Cuore, La tigre della Malesia, I tre moschettieri, Piccole donne,
Alice nel paese delle meraviglie, Il piccolo principe. Una modesta (in termini
di campione statistico) conferma della precocità di Rita.
Se ti sei stupito di leggere quale scrittore e quale libro fossero i
preferiti di un’adolescente degli anni ‘60, ora preparati al commento di un
compagno di liceo della nostra giovanissima ragazza, che durante una festa di
compleanno, la sua, per i sedici anni riceve come regalo Le Sinfonie di
Beethoven e il commento è: Tu sei come la V sinfonia.
Indubbiamente i giovani degli anni 60 avevano gusti ed interessi diversi
dai contemporanei, non voglio commentare in questa sede la distanza abissale
anche tra gruppi omogenei per potere economico e culturale delle famiglie. Il
padre di Rita l’aveva avvicinata all’ascolto della musica. Innamorata del padre,
come quasi tutte le bambine, a cinque anni rimase colpita dall’emozione che il
suo papà provava ascoltando il preludio al terzo atto della Traviata e non lo
dimentica neanche oggi, commuovendosi a sua volta ogni volta che lo ascolta.
Torno alla quinta sinfonia di Beethoven. Rodolfo Venditti definisce
questa sinfonia come un poema umanissimo in cui ciascuno ritrova qualcosa della
propria vicenda umana. Continua affermando che è un documento altissimo, la
quinta sinfonia, dove si sente la lotta per affermare la forza della ragione sull’irrazionalità
del male e della necessità. È stata denominata la sinfonia del destino.
Credo che il compagno di studi di Rita avesse compreso benissimo la
forza della sua compagna di classe.
Rita si sposa giovanissima con un altrettanto giovane ingegnere, che ben
presto diventerà molto famoso per le sue ricerche in bioingegneria; si
trasferiscono insieme negli USA, dove suo marito consegue il dottorato di
ricerca e successivamente inizia una prestigiosa carriera come docente universitario.
In particolare, fu importante per lei il periodo in cui vissero a Boston, culla
culturale americana, sede di Università prestigiose quali Harvard, in questi
giorni agli onori delle cronache per le decisioni di Trump nei confronti degli
studenti stranieri, e il Mit.
È infatti a Boston che Rita respira una grande
attenzione per la lettura e per la sua diffusione e nota grandi investimenti e
progetti destinati a scuole e biblioteche. Dopo la laurea italiana in Lingue e
Letterature Straniere, prosegue quindi a Boston il suo cammino universitario
nel campo della letteratura per l’infanzia, disciplina che in quegli anni
lontani nelle Università italiane muoveva i primi passi.
Proprio in quegli anni si aprivano in Italia le prime
librerie per ragazzi, quella di Milano di Roberto Denti e di sua moglie,
seguita poco dopo a Torino dalla Libreria dei Ragazzi di via Stampatori.
Iniziative pionieristiche che diffondevano libri molto belli, sconosciuti in
Italia, nella stragrande maggioranza in traduzione, grazie a intraprendenti e
coraggiose case editrici, quali ad esempio la EMME di Rosellina Archinto. Libri
belli, per l’appunto, ma riservati a una nicchia di lettori piuttosto
ristretta. Ci sono voluti molti anni perché alcuni autori di allora venissero
pienamente riconosciuti e apprezzati da un pubblico di lettori più ampio. Si
pensi agli ormai famosi Mostri
selvaggi di Maurice Sendak, pubblicati nelle edizioni EMME, ripubblicati
negli anni 2000 da Babalibri e attualmente ripresi da Adelphi. Negli USA mi sono
letteralmente innamorata della letteratura per l’infanzia e al momento del mio
rientro in Italia ho portato con me quasi un intero container di volumi e
materiali diversi sui libri per bambini e sulle modalità per una loro più ampia
diffusione.
Rita diventa mamma e dopo diversi anni di vita americana, a causa della
sua salute, decide con suo marito di tornare in Italia.
Il rientro a Torino non è scevro da difficoltà per la giovane famiglia:
il figlio, di cultura anglosassone, deve iniziare la prima media senza un’adeguata
conoscenza della grammatica e dell’ortografia dell’italiano, il marito insegna
al Politecnico, lei stessa deve decidere come spendere le sue conoscenze e la
sua esperienza. È un nuovo inizio per tutti e tre.
Non ti ho detto finora che Rita ha sempre avuto problemi di salute
legati alla vista, motivo per cui per lei “ascoltare” è stata la chiave che le
ha aperto mondi e spalancato orizzonti.
Nessuno meglio di lei può spiegarci quanto sia importante ascoltare,
quanto la voce possa accoglierci, calmarci, regalarci doni preziosi.
La voce umana e la musica. Nella sua vita l’ascolto è ascolto di suoni,
in senso lato, che regalano sempre storie, drammi, emozioni.
La sua esperienza di vita e di studio è diventata esperienza per suo
figlio, a cui lei leggeva e raccontava storie, figlio che a sua volta ora che è
padre, racconta al suo bambino.
Questo passaggio spontaneo che di
generazione in generazione trasmette il piacere e il bisogno dell’ascoltare e
del raccontare, purtroppo oggi sappiamo essere molto in crisi. Molti genitori
non dedicano il tempo necessario alla lettura, la sera, per addormentare il
proprio bambino o in altri momenti della giornata. La vita è una corsa tra
mille impegni: c’è chi si chiede se siano tutti necessari? C’è chi si chiede:
questi impegni rispondono a quale bisogno e di chi soprattutto, dei genitori o
dei figli?
Molti adulti non conoscono le fiabe, oppure le temono perché contengono
elementi di crudeltà, ovvero contengono nozioni fondamentali di vita, che si
teme di trasmettere perché si teme di turbare, perché si vuole preservare dal
male i propri figli, male che esiste e di cui sono pieni i quotidiani e i
telegiornali, tutti i giorni, male agito da giovani e adulti, male che va
conosciuto per essere riconosciuto, quando si incontra.
A Torino un coraggioso oculista decide di operare Rita. È un’operazione
molto rischiosa: altri oculisti avevano decretato la cecità totale.
L’operazione va benissimo e Rita per venti anni vive la sua vita con i suoi
occhi, con la sua vista. Una rivoluzione totale, disorientante: il mondo e lei
stessa le appaiono diversi. Deve imparare a prendere le misure del nuovo mondo.
Tutto le appare diverso, tutto è grande, più grande.
Dovevo guarire dall’essere guarita. Avevo vissuto fino ad allora una
vita piena di limitazioni, nessuna attività fisica, non dovevo stancare la
vista, addirittura mi era stato detto che sarebbe stato meglio che io non mi
fossi sposata e non avessi avuto figli.
In questa nuova fase della sua vita Rita decide di mettere a frutto le
sue conoscenze: scrive a diversi editori, inviando il suo curriculum vitae.
Le risponde la Mondadori, precisamente l’editor dell’intero settore
ragazzi e le viene proposto di scrivere un libro sulla Lettura ad alta voce. È
il 1996 quando esce la prima edizione di Leggere ad alta voce (ripubblicato
in varie edizioni successive) a cui seguiranno Raccontar
storie e Racconti (di)versi
ancora per Mondadori e, in anni successivi, Leggimi
forte, con Bruno Tognolini, edito da Salani, Nati sotto il segno dei libri, con Luigi Paladin, riedito proprio
in questi ultimi mesi da edizioni Accademia dei Perseveranti.
Rita era meravigliata dal successo di Leggere ad alta voce. In Italia vi erano diverse
esperienze virtuose della pratica della lettura ad alta voce in contesti
educativi istituzionali, ma tutte locali: si pensi ad esempio ai laboratori di
lettura istituiti con molto anticipo sui tempi dalla Città di Torino, alle
rinomatissime scuole dell’infanzia dell’Emilia-Romagna e alle mille iniziative
delle singole biblioteche sparse sul territorio nazionale.
Nel 1998 cominciò a circolare in ambienti accademici italiani, più
medici che pedagogici, l’iniziativa Reach out and Read (ROR) nata negli USA nel 1989 presso il Boston City
Hospital grazie a due medici Robert Needlmann e Barry Zuckermann.
Si tratta di proporre ai genitori la lettura nei primi mille giorni di
vita del proprio figlio, di aiutarli con libri in dono, libri presso i
pediatri, molte iniziative nelle biblioteche e nei nidi al fine di avvicinare i
più piccoli alla lettura.
Rita, come autrice di un libro specifico sull’argomento, fu invitata a
partecipare al Congresso Nazionale dei pediatri ad Assisi, nel settembre 1999,
insieme al Presidente dell’associazione culturale pediatri, Giancarlo Biasini e
al Presidente dell’associazione italiana biblioteche Igino Poggiali, durante il
quale si decide di lanciare il progetto Nati per leggere.
Nel suo intervento al Congresso, Rita delineò le principali linee guida
e le metodologie più adatte nel rapporto con il bambino. Annunciano la loro
adesione i direttori di biblioteche pubbliche di numerose città,
amministratori, intellettuali, insegnanti, giornalisti. Le modalità operative
per la diffusione dell'iniziativa e la sensibilizzazione degli interessati sono
già state collaudate in iniziative analoghe in paesi quali gli Stati Uniti e la
Gran Bretagna con ottimi risultati.
Ho viaggiato per tutta l’Italia per facilitare l’avvio di questa
preziosa iniziativa, che avrebbe facilitato la lettura ad alta voce in famiglia,
in particolare con i bambini piccolissimi.
Importantissime furono le realtà
regionali che aderirono al progetto e i relativi finanziamenti alle biblioteche
Piemonte, Friuli, Emilia-Romagna, Puglia furono tra le prime Regioni a organizzare una
rete completa comprendente biblioteche, nidi, scuole per l’infanzia e studi
pediatrici per la diffusione della pratica della lettura ad alta voce in
famiglia. Ne seguirono molte altre.
Purtroppo ancora oggi alcune Regioni italiane non dispongono di una rete
completa ma crescono di anno in anno le realtà singole che aderiscono al
progetto, spesso con l’aiuto di volontari.
La Regione Piemonte si è fatta
carico economicamente anche del mio personale progetto, quello del Premio Nazionale
Nati per Leggere, nato nel 2010, esattamente dieci anni dopo il lancio del
progetto madre.
Una giuria di esperti premia ogni anno il miglior libro in concorso per
le fasce di età 6-18 mesi, 18-36 mesi e 3-6 anni. Inoltre, la giuria seleziona
e premia ogni anno le migliori realtà territoriali dedicate al progetto NpL e
il pediatra che più si è adoperato per la diffusione del progetto. Di
particolare rilevanza è inoltre il premio per la sezione Crescere con i libri
assegnato in questo caso da una giuria composta da bambini tra i 3 e i 6 anni. In
quest’ultimo anno, più di 24000 bambini di scuole dell’infanzia sparse su quasi
tutto il territorio nazionale hanno esercitato il loro diritto di voto
scegliendo il libro più gradito, tra i dieci pre-selezionati da una giuria di
esperti. Come si vede, il premio richiede una macchina organizzativa imponente
per raggiungere i suoi obiettivi ed è ormai una realtà consolidata, essendo
giunto alla soglia della diciassettesima edizione. Il premio nazionale NpL è stato
inoltre il primo in assoluto in Italia a occuparsi di editoria per la
primissima infanzia, spezzando addirittura in due diverse sezioni le
candidature dei libri per bambini tra 6-18 mesi e 18-36 mesi.
Sono stata Presidente per molti anni del Premio Nati per Leggere e ora
sono Presidente onoraria.
In questi anni sono stata felice del mio contributo, di aver
collaborato, di aver divulgato, lavorando accanto a pediatri, bibliotecari,
insegnanti e amministratori pubblici.
Sì, leggere produce mille emozioni, dipende ovviamente dal contenuto del
libro e dall’autore: sapere di aver aiutato generazioni di genitori e di
bambini ad avvicinarsi ai libri e alla loro inesauribile ricchezza deve essere
una grande soddisfazione.
Bussano alla porta: è il vicino di casa ed è tempo che Kuma torni a casa
sua.
Guardo l’orologio e mi accorgo di aver trascorso molto tempo in
compagnia di Rita. È ora anche per me di tornare a casa. Ci salutiamo parlando
di musica e torno a casa con un compito che non ho ancora svolto: ascoltare il
Don Giovanni e ovviamente con due libri per i miei nipoti.
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