...sono le azioni che contano. i nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintantoché non vengano trasformati in azioni. sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo. Mahatma Gandhi.
NO, i bambini no
E piange. Io le accarezzo il braccio, lei si gira e si
allontana. Non la ritrovo più nelle stanze e davanti alle foto che raccontano
storie.
Dieci spazi espositivi dislocati nel centro di Lodi dove
immergersi in un affresco del mondo contemporaneo attraverso le foto di tanti
fotografi.
Si tratta del Festival della fotografia etica. Non so perché
abbiano deciso di usare l’aggettivo “etico”. Io avrei preferito “sociale”.
Dei dieci spazi ne ho visitati cinque e ti assicuro che ho
ben presto iniziato a sentirmi svuotata.
Ogni foto è una storia: alcune le conosco altre no. Tutte
insieme queste storie di sofferenza mi annientano.
Incrocio gli occhi di una giovane donna dietro di me: piange.
Le tocco il braccio in segno di condivisione della sua sofferenza e lei dice: No, i bambini no.
Le foto in questione provengono da Mariupol, Ucraina. Una in
particolare fece il giro del mondo in pochissime ore: una donna sdraiata su una
barella con una mano sul pube insanguinato a cercare di trattenere il suo
bambino, a cercare di salvarlo con un gesto materno. Intorno a lei e ai
militari che la trasportano, distruzione, fumo e morte. Altri sanitari, di un
altro ospedale provano a salvare il bimbo con un cesareo, ma il bimbo nasce
morto e anche lei dopo poco muore. Il
fotografo si chiama Evgeniy Maloletka, vincitore del Concorso Internazionale
del Festival della fotografia etica di Lodi con “The siege of Mariupol”. Io non
ho fotografato né questa foto, né le altre, tutte intorno alla battaglia di
Mariupol (24.02.2022-20.5.2022). Per i Russi l’ospedale era un covo di
combattenti ucraini e non presidio medico. Nella città in quei giorni non c’era
l’elettricità, non arrivavano i viveri e i corridoi umanitari erano chiusi.
Una fila di persone in silenzio sfila in coda rispettosamente
davanti alle immagini di nonni abbracciati ai nipoti morenti, alle fosse
comuni, alle città fantasma. I visi che ho accanto esprimono dolore. Io cammino
silenziosamente e in raccoglimento.
Difficile non collegare questa situazione bellica ad un’altra
che vede il mondo sospeso in questi giorni e milioni di persone soffrire
indicibilmente.
Anche in questa nuova e vecchissima guerra dei bambini sono
stati uccisi barbaramente.
Difficile non pensare che la guerra in Ucraina non è
terminata, che di Mariupol ce ne sono state tante e che i focolai di guerra
sono aumentati.
No, i bambini no.
Dovrebbe diventare un mantra da ripetere casa dopo casa, via
dopo via, ufficio dopo ufficio, di piazza in piazza.
No, i bambini no.
La mostra si trova a Palazzo Barni e tutte le altre foto, gli
altri progetti, per quanto interessanti, perdono ai miei occhi di interesse.
Lodi è inondata dal sole dalle persone che vagano, come noi,
con la cartina in mano, da luogo a luogo. I ristoranti in Piazza della Vittoria
sono al completo.
Nell’ex-Chiesa dell’Angelo mi ricreo a contemplare fotografie
di maestri della fotografia naturalistica. Una boccata di ossigeno, “La Natura
è il nostro rifugio”, così si intitola la mostra e così è, spesso.
La crisi climatica, come un colpo al cuore, viene mostrata in
tutta la sua terribile realtà presso il Palazzo della Provincia, nel chiosco
del Monastero di San Cristoforo.
Foto di incendi, di
inondazioni, di ghiacciai ridotti al nulla, di invasione di plastica si
susseguono implacabilmente in un affresco della distruzione del nostro pianeta.
Ancora un luogo, la Banca Popolare di Lodi, per la mostra ufficiale
World Press photo. In questi giorni è visitabile anche a Torino.
E qui, tra le centinaia di foto, ne scelgo una: una donna
iraniana.
Non aggiungo altro sui contenuti delle storie che emergono dalle foto, che documentano, interrogano, scuotono. Ti invito ad andare a Lodi.
Due parole è doveroso aggiungerle sui fotografi: fotografare durante i combattimenti o durante un incendio, immortalare una donna senza velo al tavolino di un bar in Iran tra altre completamente coperte dai loro veli neri, è estremamente rischioso per ogni fotografo. Rischiano di morire o di essere incarcerati.
La fotografia è molto di più del semplice scattare foto: è uno stile di vita.
E' quello che senti, quello che vuoi esprimere, è la tua ideologia e la tua etica.
E' un linguaggio che ti permette di cavalcare l'onda della storia.
Sebastiao Salgado
Chi di noi legge e ascolta le testimonianze sa ciò che è accaduto e ciò che sta accadendo, giorno dopo giorno.
Una domanda per me e per te lettore e lettrice: a cosa serve sapere?
Il festival della fotografia di Lodi sarà visitabile anche il
prossimo weekend.
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