Ti racconto, lettore e lettrice, la mia giornata alla 35esima
edizione del Salone del Libro di Torino, l’ultima del Direttore Nicola La
Gioia, lui che ha riavviato questo evento culturale che connota la mia città
adottiva, dopo il tentativo di Milano di appropriarsi anche di questa nostra
grande festa.
Piove. La pioggia che a Torino abbiamo tutti desiderato. Sono
mesi, 18 scrivono sui giornali, che non piove, o meglio ci sono stati
pochissimi episodi di pioggerelline brevissime nei lunghi mesi. Abbiamo vissuto
un periodo di siccità. Gli alberi in estate sembravano ingialliti e ingobbiti, come
all’inizio dell’autunno, poi miracolosamente quasi tutti sono tornati a
coprirsi di foglie durante la primavera, alcuni sono seccati e sono morti. La
terra era dura, spezzata, come siamo abituati a vedere solo in alcuni luoghi
del mondo. Mai a Torino, città con clima continentale, le stagioni si sono
alternate senza pioggia. Ogni mattina il
sole era lì, scoperto e noi tutti eravamo sempre più preoccupati. Aspettavo la
pioggia per riordinare vecchie carte e ora che finalmente è arrivata, a Torino
sono i magici giorni del Salone del Libro.
La pioggia è quindi stata accolta come una benedizione che ci
ha liberati dall’incubo della siccità. La pioggia è benedetta.
In Emilia la pioggia è stata così abbondante e violenta che paesi e città contano morti e danni inestimabili a
cose e alle coltivazioni. I torrenti e i fiumi sono straripati, le colline sono
franate. Donne e uomini hanno perso tutto e nulla o poco si può fare contro il
fango e l’acqua che invade ogni angolo di centri abitati, case, cantine,
negozi, uffici. Solo spalare e salvare vite. La pioggia è maledetta.
La realtà è che in Natura non esistono le nostre categorie,
il bene e il male.
Penso a tutto questo mentre attraverso il Lingotto per
avviarmi all’entrata del Salone del Libro, 35° edizione. Le mie scarpe sono già
bagnate, pozzanghere ovunque. L’ombrello non riesce a ripararmi.
La prima cosa che mi colpisce è che ci sono moltissimi
giovani e docenti in fila: inizio la mia giornata al Salone con il sorriso sul volto
e con le orecchie piene delle giovani voci. Mentre entro, esce Erri De Luca: questa
è la festa degli scrittori e delle scrittrici, che incontri mescolati ai lettori.
Cerco la sala blu, mi metto in fila, mostro la prenotazione,
l’unica in mio possesso e per magia entro e il frastuono rimane fuori. La sala
blu è un’oasi del pensiero, del cuore, qui Marco Vannini e Vito Mancuso
affrontano il problema dei problemi: il Male. Mentre li ascolto colgo un
movimento accanto a me, mi volto verso la vicina, che è molto impegnata a
rovistare con il mignolo la sua narice sinistra. Indossa dei bellissimi
orecchini rossi, ma insiste nella ricerca di qualcosa che deve essere
posizionato alla radice del naso, a giudicare dall’insistenza, dal tempo
impiegato e dallo sforzo visibile che compie per liberarsi dall’intruso. Sono molto
disturbata da questa visione, mi chiedo se ormai proprio tutto sia stato
sdoganato e se ogni bisogno si possa tranquillamente soddisfare in qualsiasi
luogo e in qualsiasi situazione. Intanto il teologo e il filosofo si
confrontano su temi eterni, il dolore, il Male, le responsabilità ed io decido
di ignorare la mia vicina e tornare ad ascoltare con la massima attenzione
questo dialogo che è un gran regalo di questo Salone. Vannini entra nella mia
libreria.
Ho trascorso diverse ore, nei giorni precedenti, a leggere il
programma in pdf. Con un taccuino vicino annotavo i molteplici incontri a cui
avrei voluto partecipare, per prenotare e per non accavallare. Una continua
scelta, tra premi Nobel, autori e
autrici che leggo e apprezzo, altri e altre sconosciute e per questo meritevoli
di essere da me scoperte.
La piattaforma informatica di Salto ha deciso per me: ogni
volta che provavo a prenotare, mi inviava al programma e appena digitavo “prenota”
mi inviava a Salto, in un gioco dell’oca dove la regola sembrava quella di
dover sempre tornare alla casella precedente.
Ho quindi proseguito la visita in modo caotico, girovagando
tra gli stand, evitando gli editori che hanno splendide librerie e
soffermandomi tra gli editori per l’infanzia o indipendenti, oppure quelli che
definisco “del cuore”. Erickson, per gli
studenti e Astrolabio con le sue copertine gialle o blu, che mi ricordano le
mie prime letture importanti alla ricerca del senso della vita, quella che
Pirandello e De Filippo mi avevano invitato a cercare nell’anno della maturità
e che solo negli anni universitari ho provato ad approfondire. L’altra casa editrice
del mio cuore è Einaudi, con la pubblicazione di autori che sono delle pietre
miliari della mia formazione, ma è ovvio che quasi tutte le case editrici hanno
pubblicato libri che hanno contribuito alla mia crescita.
Il bello di questa festa è che incontri amici, ma quando poi
incontri una tua alunna, allora la cosa è diversa, provi un pizzico di
soddisfazione, quasi che quella donna, quella lettrice lo è anche un poco per
merito tuo.
Impossibile comprendere l’enorme potenzialità del Salone per
chi ama leggere e chi scrive: ci vogliono giorni di presenza e scelte
ponderate.
Incontro per caso lo stand della Stampa e una giovane scrittrice,
Rosella Postorino, racconta la genesi del libro “Mi limitavo ad amare te”.
Poco dopo, mi rendo conto di aver girato circolarmente, perché
torno allo stand del quotidiano La Stampa ed incontro un attore che adoro: Lo
Cascio. Peccato che avesse appena finito di presentare il suo libro e tutti
volevano l’autografo. Lui, stupito, sì così mi è apparso, gentile, educato e un
po' timido, è scappato in un altro stand, per un altro incontro.
Forse i lettori considerano gli autografi dei trofei da
esibire. Non so.
Io i libri li scelgo nel silenzio, quello della mia libreria
indipendente, oppure grazie ai consigli dei miei amici librai o dopo aver letto
una bella recensione.
Eppure torno sempre dalle mie visite ai Saloni del Libro
carica di nuovi libri, che non saprò dove collocare nella mia libreria che
oltre le due file per piano, ne ha una orizzontale sopra le due verticali.
Sono uscita verso sera decisamente stordita da una overdose
di stimoli, voci e volti di autori. Piove. Non ci sono taxi. Per fortuna c'è la metropolitana. Si va a casa.
215.000 presenze!
Tantissime storie raccontate
Se i muri del Lingotto potessero restituircele, ci vorrebbero
anni e anni per poterle ascoltare tutte.
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