Questa recensione ha avuto
bisogno di tempi lunghi.
Conobbi la storia di Behrouz
Boochani grazie ad un incontro organizzato da Torino Spiritualità. Credo fosse
il 2019.
Una storia incredibile e contemporaneamente una storia che purtroppo ricalca mille e mille storie di tanti
essere umani in ogni luogo e in ogni epoca.
Oggi ho deciso di accennarti
qualcosa, affinché la curiosità di leggere il libro si accenda in te.
R. Flanagan nella sua
prefazione all’edizione australiana scrive:
“ Nessun amico se non le montagne è un libro che, a buon diritto, può
occupare un posto sullo scaffale della letteratura carceraria mondiale accanto
a opere tanto diverse come il De
profundis di O. Wilde, i Quaderni del
carcere di A. Gramsci, L’uomo è morto
di W. Soyinka e Lettere dal carcere di
Birmingham di M. L. King”.
2013: Behrouz Boochani è un
giornalista e dissidente politico iraniano. Decide di partire per l’Australia.
E qui inizia la sua Odissea, il lungo viaggio da profugo, prima in Indonesia
poi in nave verso l’Australia alla ricerca della libertà. Affronta un drammatico
naufragio e quando arriva “quel fazzoletto di terraferma rappresenta una terra
di libertà. Qualche istante dopo, ricevo il mio primo regalo da parte
dell’Australia. Un paio di infradito, posto dinnanzi ai miei piedi feriti e al
mio corpo malandato”
“Un
uomo scheletrico dagli occhi chiari
Con
un libro di poesie inzuppato
I
piedi stretti in un paio di infradito
Non
c’è altro.
Poche ore dopo apprese che la
politica australiana sulle frontiere era così rigida da stabilire che chi entrava clandestinamente veniva inviato in campi di detenzione. Il nostro autore venne recluso sull’isola di
Manus, sperduta in mezzo nell’Oceano, in Papua Nuova Guinea.
Behrouz crede nella forza trasformatrice
delle parole e decide di inviare messaggi di testo e messaggi vocali in persiano al suo amico Omid Tofighian,
attivista per i diritti dei profughi.
Messaggio dopo messaggio si
forma il libro, che è stato tradotto e letto in tutto il mondo prima della liberazione
del suo autore e grazie al quale ha vinto dei prestigiosi premi letterari.
Lo scrittore descrive
l’utilizzo strategico di fame, sete, insonnia, malattia, pressione emotiva e
psicologica come strumenti di tortura. Descrive il sistema Kyriarcale, cioè
l’intersecare sistemi sociali che si rafforzano e si moltiplicano allo scopo di
punire, soggiogare e reprimere.
“Immaginate una comunità di
quattrocento persone abbandonate in una gabbia rovente e sudicia, traumatizzate
dal rumore spaventoso delle onde che risuona nelle loro orecchie e dalla
visione di un barcone fatiscente fissa davanti agli occhi……non c’è alcuna
possibilità di avere un quaderno e una penna…il caldo è debilitante. A
mezzogiorno i nostri corpi cominciano a dare segni dell’effetto dei raggi del
sole, che penetrano attraverso i passaggi aperti della prigione.”
Un piccolo assaggio dello stile dell'autore, testimone attento e lucido.
La domanda di asilo politico di
Boochani è stata accolta dalla Nuova Zelanda il 23.07.2020.
Ho cercato delle foto di
questo uomo che è riuscito in un’impresa apparentemente impossibile e ho visto
occhi che mi hanno scavato dentro, mi hanno interrogato, ho visto un corpo magro che ha lottato per sopravvivere.
Vorrei sapere di più di lui, oggi.
La sua denuncia non cerca di
commuoverci, ma ciò che racconta ha lo scopo di mostrarci la tortura
sistematica e l’industria delle frontiere. Una testimonianza storica per onorare coloro che sono stati uccisi e
coloro che stanno ancora soffrendo.
Se abolissimo le frontiere,
non ci sarebbe bisogno di permessi di soggiorno e non scoppierebbero le guerre.
Sono la solita inguaribile utopista, ma non vedo altro rimedio.
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