Ho trascorso gli ultimi minuti
del 2021 contemplando il cielo stellato di Balboutet, un piccolo borgo delle
Alpi Cozie.
Anche quest’anno non era
opportuno invitare conoscenti per brindare.
La frenesia di festeggiare il
tempo che passa devo dire che non ce l’ho e forse non l’ho mai avuta. Da
piccola mi piaceva ritrovarmi con i parenti e giocare a tombola e allo scoccare
della mezzanotte accendere le stelline. Mi piaceva assistere ai fuochi
artificiali, al baccano che si scatenava per le strade romane o napoletane,
quando ci recavamo dai parenti. Mille raccomandazioni su dove parcheggiare
l’auto, su l’orario del rientro per paura di qualche oggetto lanciato dai
terrazzi, sui fuochi pericolosi mi hanno sempre lasciato l’amaro per questa
festa strana di passaggio. Ma passaggio di cosa?
Perché il 31 dicembre? Per me l’anno inizia a settembre, quando si
fanno i buoni propositi, ristorati dalle ferie, pieni di energia: le lingue da
studiare, i viaggi da fare, gli amici da incontrare, i libri da leggere, la scuola
che riprende, il lavoro dopo le ferie.
Comunque è un rito che in
qualche modo ho sempre assolto, prima in famiglia e dopo in coppia e con pochi
amici.
Da due anni siamo rimasti
soli.
Abbiamo cenato e poi speravo
di giocare, ma l’altro da me si è seduto in poltrona ad ascoltare i nostri
coetanei o quasi cantare in TV. Ho capito che lo spettacolo era proprio per i
sessantenni/settantenni e ho provato un po’ di tristezza per la nostra società
di vecchi.
Tristezza per i cantanti che
fingono di essere giovani, cantano, ballano ma sono anziani come noi: cantano e
piroettano al punto che temo che cadano.
Le loro canzoni sono di
un'altra epoca, un altro mondo, che non esiste più o forse solo nei nostri
ricordi.
Meglio leggere, da sola o
ancor meglio contemplare il cielo.
La temperatura esterna mi
avrebbe concesso di stare con il naso in su, ma un leggero raffreddore
improvviso, come sempre succede, ma in questi tempi pandemici un semplice
raffreddore può generare timori e paure mai avute prima, ho preferito contemplarlo
dal velux, che ritaglia un quadratino di cielo, piccolo ma meraviglioso ed
immenso.
Sdraiata sul divanetto al
buio, le luci intermittenti poste sul balcone della casa a me confinante, mi
impedivano di godere appieno della magnificenza e della bellezza di quelle
stelle che come diamanti incastonati stavano appese e si lasciavano ammirare
come una star che scende le scale dell’Ariston.
Le luci natalizie
intermittenti posizionate a festone lungo tutto il lungo balcone alteravano la
visione e mi infastidivano.
Sono qui, a 1550 mt, mio marito ed io, soli,
in tempi pandemici, e l’umanità porta anche qui le luminarie delle città.
Qui basta alzare gli occhi al
cielo e se le nuvole sono state spazzate dal vento la festa è apparecchiata
senza fatica, con enorme risparmio energetico e le stelle sono mille volte più
belle delle lampadine elettriche.
Non è però questo che voglio
raccontarti cara lettrice, caro lettore ritrovato in questi primi giorni del
2022.
Voglio raccontarti che
guardando le stelle ho pensato che stavo ammirando dei morti, o meglio che
quelle stelle non esistono più, così ci dicono i fisici quantistici ed io gli
credo, loro sanno cose a me ignote o forse sono gli astrofisici a dircele, ma io le stelle le vedo anche se loro non
esistono più, ancora possono donare bellezza e mistero a chi le guarda, a me
che le guardo. E’ vero che non esistono più o è vero che esistono per me e per
te?
Io le vedo e sono bellissime, le vedo proprio adesso e mi
regalano una gioia infinita per la loro bellezza.
Cosa pensare dell’uomo, che è
fatto della stessa materia delle stelle?
Quando sparisce dal palcoscenico della vita,
quel che resta di lui è ciò che ha fatto nella vita. Dante, il nostro sommo
poeta, ce l’ha cantato chiaramente. La sfilata dei personaggi storici danteschi
sono immortalati nelle loro azioni, le migliori o le peggiori, per sempre.
Si resta. Le stelle ce lo
dicono chiaramente. Si resta e si può lasciare luce e incanto o buio e
inquietudine. Tocca a noi decidere.
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