Oggi è stata una giornata
particolare.
Non come quella “Giornata
particolare” di cui l’omonimo film del regista Ettore Scola o come molte altre
giornate che si ricordano per un evento speciale, bello o brutto e rimangono
nella nostra storia come punti di riferimento.
No, una giornata particolare
da dimenticare.
Il mio programma era molto
ricco: ordine di alcuni armadi, lettura, ascolto del podcast della Città dei
vivi di La Gioia, un po’ di sano movimento con la cyclet.
Invece è successo che il
computer ha risucchiato tutto il mio tempo e mi ha restituito ben poco. Mi sono
seduta alla scrivania dopo pranzo, con l’obiettivo di visitare il sito
dell’Inps per la lettura del cedolino. Lo Spid ce l’ho e sono anche riuscita,
giorni fa, ad aggiornarlo con la nuova carta d’identità, dopo che più volte mi
aveva rifiutato l’identificazione, con mio sconcerto. Fiduciosa e sicura che la
lettura del cedolino mi avrebbe occupato solo pochi minuti, apro il sito,
clicco Spid, clicco il gestore del mio Spid, tutto bene, no, non ricordo la
password, nessun problema, posso inquadrare il Qrcode, cerco il telefono,
inquadro, no, devo aprire l’App dedicata, ma non ho un account, come mai, ho solo l’App,
mi pare strano, allora procedo con la ricerca di una pass che piaccia a lui, al
pc, all’algoritmo, a non so bene chi, perché ho contato le lettere e sono
quelle che mi chiede e anche i caratteri speciali, ma non gli piacciono e
continua a dirmi che è errata la mia password nuova di zecca e allora cambio,
invento, tolgo e metto e alla fine accetta, evviva, ma ancora non ho letto il
cedolino e sono solo su un App di un telefonino e inizio ad innervosirmi, perché
devo anche inventarmi un codice e poi devo inserire dei numeri che mi arrivano
sugli sms, ma non una volta sola, almeno due volte e poi sono sempre sul sito
del gestore del mio Spid, ma a me serve l’Inps! Calma Roberta, è trascorso un
tempo nel quale avrei potuto: leggere 30 pagine, scrivere una recensione di almeno
due o tre pagine, cucinare una torta salata per la cena, fare una passeggiata
salutare, calma, sei tu che vuoi leggere il cedolino della pensione, potresti
farne a meno, certo, perché un tempo, tanto tempo fa, i cedolini, i bonifici, e
altro, arrivavano per posta, ma ora sono
diventata la postina di me stessa. Sono circondata da fogliettini con numeri strani
e devo assicurare il pc di non essere un robot, mentre a me sembra proprio di
esserlo, per rassicurarlo devo scrivere o ascoltare lettere tutte storte e per
fortuna che oggi il pc, il software o non so chi non mi chieda di cercare le
macchine nei boschi o i semafori nei prati.
Codici e password che dimenticherò, ne sono
certa, certo li scrivo, poi li perdo e tutta la giostra continuerà la prossima
volta, ma io ancora non ho raggiunto il mio agognato cedolino, perché quando
finalmente l’app legge il Qrcode, le
sono grata, inizia un’altra storia, quella dell’Inps, perché giustamente anche
l’Inps ha bisogno di me. Vuole avvisarmi che devo avere la Pec, va bene,
grazie, devo aggiornare i miei contatti, va bene, sono giusti, eh no, devo
immettere dei codici e dove li trovo, ah ecco un sms e una mail, ok, poi quando
ho svolto il lavoro da impiegata che aggiorna i dati che non erano da
aggiornare, inserisco la volontà di ricevere il cedolino per pec, così questo
strazio mensile possa finire, ma no Roberta, la pec non può coincidere con
l’indirizzo mail, ah no, adesso, mentre cerco il cedolino che tu Inps avresti
dovuto inviarmi a casa, ma non lo fai perché così hai ridotto il numero dei
dipendenti e credi di inquinare di meno, io dovrei, dopo aver assecondato il
gestore del mio Spid, crearmi un altro account? Lascio perdere e provo a
procedere e finalmente arrivo al
cedolino. Quanto tempo è passato? Guardo fuori dalla finestra ed è buio.
Mi ricordo che devo effettuare
un bonifico, procedo a stampare la fattura arrivata on line: la stampante è
offline. Spesso la mia stampante decide di essere offline. Le ho già
ripetutamente suggerito di procedere, ma nulla, lo fa quando decide lei, magari
dopo due ore o tre, quando io ho dimenticato del tutto che le avevo ordinato di
stampare. La mia stampante decide in autonomia. Giorni fa ho pagato un tecnico informatico
che mi ha, dietro giusto compenso, sistemato questo problema, che ha trovato
strano anche lui.
Peccato che appena è uscito da
casa mia la stampante ha ripreso il suo corso anarchico.
Non eseguo il bonifico. Però
ho letto e archiviato il cedolino.
Visto che oramai il mio
programma è stato stravolto passo a controllare il mio abbonamento ad un
quotidiano nazionale.
Il problema è che non ho avuto il tempo di leggere nessun articolo, ho
solo controllato le condizioni del contratto.
Oggi è andata così: cosa mi ha
arricchito di queste azioni in sequenza, comandate, di cui non mi resta
memoria, solo per accedere a ciò che sarebbe mio diritto ricevere? Va benissimo
per me ricevere per posta elettronica, anche se ho una pazzesca quantità di
mail non lette, perché tutti o quasi si sentono in dovere di scrivere tante
volte, quando un tempo si scriveva una sola lettera. Per esempio, se ordino su
Amazon, poco, perché so quanto danno queste spedizioni facciano all’ambiente e
alle condizioni dei lavoratori, se, dopo aver girato i negozi non trovo
l’articolo, non dico il prezzo, proprio l’articolo da me richiesto, allora cedo
a questo mostro che ha tutto di tutto. Ecco, se lo faccio vengo invasa da mail
che avvisano e riavvisano e riavvisano ancora, anche se io dalla prima mail
potrei tracciare il pacco senza bisogno di questi continui ed inutili ed
inquinanti memo. Quindi poi devo trascorrere del tempo a cancellare le mail.
La serata vorrei concluderla
vedendo un film che mi diverta. Ceno e accendo la tv. Anche questo è diventato
un problema. Sorvolo perché mi faccio tenerezza da sola, il semplice gesto di
accendere un elettrodomestico è diventato un problema, si apre la schermata di
tim vision, recente conquista per evitare di pagare diverse piattaforme, quella
per vedere le partite di calcio che avremmo potuto vedere tutti sulla Rai e
saremmo stati felici, quella per i film, in questa orgia di proposte
innumerevoli, che disorientano e mi fanno rimpiangere il canale unico di quando
ero piccola, dove vedevo l’Orso yoghi e Rin tin tin ed ero molto felice e anche
Carosello, che mi piaceva tanto.
Sì perché io odio la
pubblicità, che interrompe ragionamenti, emozioni: non la guardo e se la guardo
decido che quel prodotto non lo comprerò. Su di me l’effetto è esattamente il
contrario di quello che i pubblicitari vorrebbero.
Invece Carosello era
adorabile.
Questa sera c’è una congiura
contro di me: la tv si è accesa, ma solo per le piattaforme, la Rai non appare
tra le icone, impossibile selezionarla e vederla.
La Rai? Eh si, volevo
distrarmi con Alessandro Gassman nel ruolo del Professore, lo confesso. E’ una
colpa? Forse sì, ci sarebbero tante cose da fare. Nulla, provo, spengo,
riaccendo, reinserisco la password lunghissima e piena di maiuscole e minuscole
che sul video non è così veloce da digitare, basta, spengo e minaccio di
buttare la tv dal balcone. Non ne posso più di password. La tv, almeno quella,
potremmo guardarla senza password?
Ieri non è andata meglio, se
ci penso bene.
Ho provato a telefonare e ho
scoperto di non avere credito. Voi mi direte: niente di nuovo. Ed invece sì,
perché io ho firmato per un abbonamento per non avere il problema della
ricarica. Come può essere? Chiamo il numero dedicato, mi rispondono dalla
Polonia, si stupiscono che io sia stupita e anche arrabbiata. E se fossi stata
in pericolo? Se avessi avuto urgenza di telefonare? La signorina mi mette un
centesimo sulla scheda. Un centesimo! E mi dice di avvisare la banca di non
inviarmi messaggi. Eh no, la banca deve mandarmi i messaggi, non scherziamo.
Passo dal negoziante che mi ha
aiutato nel passaggio da un operatore telefonico a quello attuale. Candidamente
mi dice che io pago la ricaricabile del mobile sull’abbonamento del fisso e
della fibra ottica, ecc. ma è una ricaricabile e quindi se mi arrivano sms a
pagamento devo ricaricarla. Non ci posso credere, passo a ricaricarla dall’App
sul telefono. No, non accetta. Provi dal pc., mi dice! E allora a cosa serve
l’app? Ricarico e telefono e mi sento meglio.
Tempo? Un tempo c’era la
bolletta della Telecom, forse Sip e i miei genitori che mi sgridavano se
trascorrevo troppo tempo al telefono e le sorelle che urlavano reclamando il
telefono libero. Un servizio e un pagamento, non mille servizi diversi tra cui
bisogna sapersi districare tra le offerte di mille operatori diversi in una parvenza di libertà, che mi costringe a
perdere tempo. Il mio tempo. Unico. Irripetibile.
E’ per questo che ho atteso
tanto tempo per cambiare operatore telefonico.
Mesi fa non è andata meglio.
Erano anni che volevo disdire l’abbonamento a Sky. Pensato per mio marito, per
le famose partite che potremmo vedere sulla Rai, alla quale paghiamo il canone,
l’abbonamento era diventato esoso e poi da settembre le partite si vedono su
un’altra piattaforma. Ho disdetto. Pare semplice. Non lo è. Ho dovuto parlare
con diversi giovani che avevano il compito di farmi riflettere su questa scelta
esistenziale e farmi sentire in colpa di essere così ignorante da essere
interessata solo alle partite di calcio e non a tutto ciò che Sky offre.
Dunque, io dovrei trascorrere la mia vita sul divano? Posso scegliere cosa
pagare e cosa fare?
Che fatica, dico io, che
coraggio mi dice la mia amica che mi telefona nel bel mezzo del mio tentativo
di leggere il cedolino. Hai un bel coraggio a cambiare gestore telefonico.
In conclusione: non ho la
posta certificata, ho un cedolino, non ho visto il film e ho scritto questo
pezzo. E non ho cucinato.
Però vengo chiamata per una
call: devo parlare e guardare delle cartine topografiche, ingrandirle, prendere
decisioni. Non vedo colui che parla, non ho visto nessun impiegato dell’Inps,
ho lavorato gratuitamente e da sola tutta il pomeriggio.
C’è qualcosa che non va.
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