sabato 30 gennaio 2021

NON RIVEDRO' PIU' IL MONDO

 



Ricordo il fallito colpo di stato contro Erdogan del 15 luglio del 2016.

Ricordo i titoli dei quotidiani che informavano degli arresti di professori universitari, insegnanti, giornalisti, scrittori, giudizi, ufficiali. Insomma la classe dirigente.

Tutti accusati di aver favorito il colpo di stato.

Non conoscevo nessuno di loro, ma ricordavo ciò che era accaduto nel mondo nel corso del 1900, quando gli intellettuali erano scomodi a chi voleva comandare.

Amo la Turchia: nel mio viaggio mi sentii di essere a casa nella meravigliosa città di Istanbul e mi parve di vivere in una fiaba viaggiando per la Cappadocia. La ricchezza della sua storia, la bellezza della sua natura, l’affabilità della gente, la mitezza del clima, tutto rese magico quel viaggio.

Il mio unico viaggio nella terra turca avvenne prima del 2016, molti anni prima.

Ora  conosco uno degli accusati, si chiama Ahmet Altan. Ha scritto “Non rivedrò più il mondo” nel 2018. Ho tra le mani le sue parole  solo da ieri pomeriggio e oggi  sento la necessità di scrivere di lui e della sua storia.

Nel libro citato l’autore racconta dal momento del suo arresto alla sua condanna all’ergastolo senza condizionale. Fu arrestato anche suo fratello Mehmet.

L’accusa:  aver lanciato messaggi subliminali alla tv la sera prima del tentato colpo di stato.  Le prove: nessuna.

Nel suo racconto c’è la consapevolezza che non sarebbe più uscito dal carcere.

Per lui sono state raccolte firme da pare di Amnesty e molti premi Nobel ed intellettuali del mondo si sono schierati a suo favore.

Altan è quindi in carcere per reati di opinione.

Siamo nel XXI secolo? Me lo domando spesso, per moltissimi eventi che accadono.

 Oggi lo scrittore turco ha 71 anni ed è ancora in carcere, condannato, dopo essere stato liberato a seguito dell’annullamento del processo da parte della Corte Suprema e dopo una settimana nuovamente incarcerato nel novembre del 2019 per un ricorso della Procura contro la sentenza di scarcerazione.

Questi pochi cenni biografici erano necessari per inquadrare il caso giudiziario.

Altan racconta come è riuscito a superare l’angoscia delle sbarre, delle porte chiuse, della libertà negata, dello spazio angusto, della mancanza di tutto, anche dei suoi amati libri, oltre che della più elementare forma di giustizia.

Semplicemente “la realtà non poteva sopraffarmi. Io ero più forte della realtà…visto da fuori ero un vecchio con la barba bianca, disteso in una gabbia di ferro soffocante e buia. Ma questa era la realtà di chi mi aveva rinchiuso. Io avevo cambiato quella realtà.

Supera gli umani sentimenti di angoscia per la situazione che è costretto a vivere, per la mancanza di una difesa, per l situazione a cui assiste durante il processo farsa, per la fame che patisce, supera tutto questo grazie alla sua fantasia, che gli permette di non svegliarsi mai in carcere ma altrove, grazie alla scrittura che gli fa dimenticare” tutto quello che non ha a che fare con ciò che sta scrivendo”.

Ed è proprio la forza e il coraggio della sua penna che, immagino, lo portano nuovamente in carcere, mentre suo fratello viene liberato.

Al centro della tempesta decide di scrivere la sua Odissea, “scrivere per poter vivere, resistere, lottare, per volermi bene e perdonarmi i miei fallimenti” .

Conclude  potete mettermi in carcere, ma non potete tenermi in carcere. Io faccio una magia. Passo attraverso i muri.”

Da leggere.

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