lunedì 4 maggio 2020

IL MONDO IN UNA STANZA N. 6


9 marzo 2020 – 4 maggio 2020
# io sto a casa
# io sto ad almeno un metro da te, con la mascherina e i guanti
# noi dobbiamo imparare a convivere con il virus




Sono trascorsi due mesi, giorno più, giorno meno, dall’inizio della pandemia in Italia. Molti di noi hanno riorganizzato la propria vita quotidiana, la routine, i propri pensieri e il proprio cuore.
Da un giorno all’altro le auto si sono fermate sotto casa: chissà quanti di noi hanno trovato  la batteria scarica. In cielo nessun aereo. Nelle stazioni ferroviarie il silenzio. Gli autobus cittadini giravano totalmente vuoti.
Silenzio.
Da un giorno all’altro abbiamo convissuto con il bollettino quotidiano dei contagiati, almeno di quelli di cui sappiamo, dei guariti e purtroppo dei morti, troppi e morti tragicamente  soli.
Abbiamo ascoltato storie, di amici, storie di intervistati, abbiamo capito che non si sa nulla, che si procede per tentativi ed errori.
Ci siamo abituati a vivere nelle nostre stanze, riscoprendole, ordinandole, pulendole meticolosamente, legandoci ancora di più a quel telefonino che è diventato l’altro irraggiungibile.
Felici di avere una casa.
Non tutti forse, ma quelle sono storie di altri tipi di disagio, che qui non ti racconto.
Dallo schermo è entrato il mondo nella nostra stanza, mostre, film, musei, libri, letture ad alta voce, canzoni cantate dal balcone, corsi di yoga e di meditazione.
Dallo schermo abbiamo visto i colleghi con cui lavorare, discutere, decidere e i compagni di classe con i quali provare a fingere che tutto andrà bene.
Non tutti hanno uno schermo, alcuni si sono seduti sul divano davanti alla tv.
Ci siamo abituati a non uscire, a non pensare di voler uscire.
Ho sognato che tutta quella immane sofferenza in ogni angolo del mondo terminasse subito, così come era iniziata.
Ho sognato e forse anche tu, che il mondo silenzioso e quell’aria tersa e profumata potesse durare anche dopo.
Ho sognato che ciascuno di noi decida che nella vita ha già percorso troppi km in aereo e che  può mangiare ciò che viene prodotto vicino a casa, ad esclusione del caffè e del tè, effettivamente.
Ho sognato che ritornando al lavoro, il lavoro torni ad essere il giusto mezzo per vivere onestamente e contribuire alla nostra società, con dignità e lasciando a tutti il tempo per vivere.
Il tempo per vivere è quel tempo che ci serve “per fare quelle cose che motivano ognuno di noi”. (J. Mujica in Fragile equilibrio) Molto vero.
Ho sognato che chi ha i mezzi  sappia trasformare questo momento di immane crisi economica in un momento di crescita.
In alcuni giorni il desiderio di una camminata, il desiderio di osservare e godere della primavera era fortissimo, poi, pensando ai malati e ai morti, personalmente mi sedevo sul terrazzo e guardavo il mondo vero da lì.
In alcuni giorni ho sognato di scappare, per andare a conoscere mio nipote.
Molti pensieri mi hanno accompagnato giorno e a volte la notte, ma sono pensieri che non si possono condividere.
Penso che tutti li abbiamo pensati i pensieri indicibili.
Ho seguito il flusso della cultura offerto generosamente, mi sono ribellata a questa overdose, ritornando a scegliere il libro mai letto e leggendo fino a notte fonda, ho telefonato agli amici e ho smesso di telefonare agli amici, perché ogni volta l’argomento era sempre “esso”.
Un pensiero solo, totalizzante.
Oggi inizia la seconda fase, siamo pieni di incertezze, forse più di prima, almeno nel Nord-Ovest dell’Italia, dove vivo io.
In questi giorni mi sono tornate alla mente le parole scritte da  R. La Capria, in un racconto dal titolo “I Tivusiani” che leggevo molto volentieri a scuola, per riflettere sull’abuso dei media da parte dei giovani, per riflettere su ciò che è vero e su ciò che è virtuale.
“Vivevano da anni muti e passivi in quella stanza, mangiavano e dormivano lì, tutto ciò che accadeva di fuori arrivava loro attraverso le immagini dell’Apparecchio”.
Eccoci descritti perfettamente, siamo noi, gli uomini del 2020.
”A volte la famiglia usciva, col padre in testa, e andavano fuori in macchina a vedere il mondo”
Noi possiamo farlo, da oggi, ma da soli.
“Questo spettacolo durava due ore circa, quanto durava la loro passeggiata, ma avrebbero voluto che durasse sempre, perché li rianimava”
Tu lettore, lettrice, ti ritrovi?
“Certo non potevano permettersi troppo di frequente quelle uscite, anche perché per vedere il mondo si pagava un biglietto…”.
Com’eravamo prima?
Cerco le risposte nei miei scritti, nei miei diari. L’uomo si abitua a tutto.
Oggi sarei potuta andare a camminare senza i 200 mt di limite per decreto, oggi sarei potuta andare in bici.
Oggi sono andata  a comprare vicino a casa.
Come saremo dopo?


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