In modo delicato ed ironico il regista restituisce allo
spettatore un evento drammatico della vita del protagonista, Alain.
Il film
diretto da Hervé Mimran è ispirato al libro autobiografico di C. Streiff, ex
CEO di Airbus.
Alain è uomo in affari, abituato al potere, a comandare, ad
avere pochissimo tempo per gli affetti e per la bellezza del mondo circostante:
la sua frase simbolo è “Mi riposerò quando sarò morto”.
Minimizza, anzi ignora i primi segnali di evidente malessere,
fino ad arrivare al coma per ictus.
Si risveglia con una delle tante forme di afasia, quella che
ti fa dire notte al posto di giorno o rasta al posto di basta, ma se a interloquire con te è un manager
altrettanto spietato come te, la speranza di essere accettato e compreso è
ridotta allo zero per cento.
Come succede spesso nei casi di malattie invalidanti, il
soggetto scopre le piccole cose della vita, anzi direi la vita stessa scorrere
intorno a lui. A noi che lo osserviamo appare più simpatico ed umano da afasico
che da Ceo.
Ad aiutarlo una logopedista capace di fargli ritrovare il filo
della memoria e il senso della vita, mentre lei stessa cerca di ritrovare le sue origini.
Alain mostra notevole resilienza, coraggio, determinazione
nella sventura così come aveva fatto da uomo di successo: non si scoraggia e
questo è il più bel messaggio del film.
A noi spettatori permette anche qualche risata liberatoria
ogni qual volta le difficoltà linguistiche provocano incomprensione e stupore
negli altri.
È esattamente quello che succede nella vita degli afasici e
dei loro cari, che li accompagnano sempre timorosi del giudizio altrui e sempre
pronti a sostituirsi a loro, a proteggerli e a difenderli. In realtà spesso se la
sanno cavare benissimo da soli.
Fabrice Luchini è veramente super bravo nella parte dell’afasico.
Consiglio questo film a tutti.
Nessun commento:
Posta un commento