Il libro su cui voglio scrivere non è una novità editoriale,
anzi.
Pubblicato nel 1985, tradotto in Italia da Mondadori nel
1988, io ho acquistato la settima ristampa nel 2018 e solo ora l’ho letto.
Ho sempre una pila di libri da leggere, ci sono quelli che
inizio e abbandono dopo una cinquantina di pagine, quelli che inizio e centellino
giorno dopo giorno e quelli che divoro in poche ore.
La storia che ti racconterò l’ho divorata in poche ore,
nonostante le sue 398 pagine.
E’ possibile che tu abbia già visto la serie televisiva, pare
molto fortunata, non so, ancora non ne ho vista una, nonostante ne parlino in
molti.
E’ la storia di
Difred, ovvero la donna di Fred: il suo nome è perso, cancellato, così
come la sua vita di prima, i suoi affetti dispersi, la sua casa, il suo lavoro,
le sue cose. Lei è solo una donna di un uomo potente della nuova società.
Lei è fortunata, perché è una donna in età feconda che, nella
vita precedente al nuovo ordine, ha procreato una creatura bella e sana, quindi
viene salvata, perché ha un compito importantissimo: procreare un figlio di
Fred, sano.
Le altre donne sono tutte condannate alla Colonia, ovvero a
lavorare fino alla morte a contatto con sostanze contaminanti che le
condurranno ad una morte precoce e certa. Si salvano le vecchie Zie, tutori di
questo nuovo ordine e le Marte, ovvero le donne che accudiscono ai lavori in
casa. Ci sono anche le Mogli dell’elite dominante, che accolgono le Ancelle, a
cui delegano il compito di procreare. Nella repubblica di Galaad non esistono
più uomini sterili, ma solo donne feconde e infeconde.
Ma come è stato possibile un cambiamento radicale della
società? Le donne erano libere, studiavano, lavoravano, avevano un conto in
banca, decidevano della loro vita alla pari con gli uomini. Poi, all’improvviso,
una mattina, la sua card non le ha permesso di acquistare il giornale e poco
dopo il direttore della biblioteca dove lavorava l’ha licenziata, per legge.
Improvvisamente la sua sopravvivenza dipendeva da suo marito.
Il suo conto in banca non esisteva più e così il suo lavoro. Per legge.
Se fossero esistiti ancora i soldi cartacei, questo non
sarebbe stato possibile, così velocemente.
Per legge.
Divisa dalla figlia e dal marito, sola, annoiata, non potendo
fare nulla, né leggere, né scrivere, né lavori manuali, senza nome, vestita di
rosso, alla mercè di altri, la protagonista
tesse le lodi dei sensi: la gioia di sentire il profumo dei fiori e
vedere la loro bellezza (i fiori non sono proibiti), desiderare di toccare e di
essere toccata, desiderare di nominare il proprio nome, di essere guardata e di
guardare, di andare al fiume o al mare, di guardare il cielo e le stelle. Sogni
ovviamente, ad occhi aperti, in un mondo asettico, vuoto di cose e di persone,
di relazioni e di parole.
Occhi bassi, alette che le impediscono di guardare a destra e
a sinistra, parole dovute, sempre uguali, prudenza perché gli Occhi sono
ovunque e la pena è la morte.
Un romanzo da aggiungere a 1984 di George Orwell e Fahrenheit
451 di R. Bradbury.
Se c’è un barlume di speranza in questa storia, lo puoi
scoprire leggendolo.
Questa volta a scrivere un romanzo distopico è una donna e parla di donne: Margaret Atwood, Il racconto dell'ancella.
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