Il cielo è bigio, ma la giornata
si presenta molto ricca, tanto ricca che dovrò scegliere, ovviamente.
Prima di tutto ho prenotato due
posti per ascoltare al Regio le prove aperte del maestro Ezio Bosso, che torna
a Torino e torna a dirigere una sua opera, scritta dieci anni fa. Un ritorno. Un
regalo alla città, alla sua città, di cui essergli grato.
Nel pomeriggio ben tre incontri
ai quali avrei voluto essere presente:
Steve
Mccurry, “quello della bambina afgana” alla Nuvola della Lavazza alle
17, per presentare il suo libro autobiografico, Miriam Toews,
autrice di quel gioiello che è “I miei
piccoli dispiaceri” al circolo dei lettori alle 18.30 per Giorni selvaggi e
un impegno personale, al quale ovviamente non posso mancare.
Le fotografie di Mccurry
rimangono scolpite nella memoria, dopo averle viste, non si dimenticano. Restituiscono
negli sguardi degli uomini e donne immortalate, la loro condizione, negli abiti
tradizionali la loro cultura, nelle situazioni il loro status.
Mi avrebbe fatto piacere
incontrarlo personalmente, osservare chi è abituato ad osservare per ore per
cogliere lo scatto che lo renderà unico. Imparare anche da lui, non certo a
fotografare, troppo tardi, forse, bensì ad avanzare nella vita a passo deciso.
Un Maestro.
Dalla scrittrice volevo carpire
qualche segreto del mestiere, in questo caso, sì, avrei potuto imparare
concretamente.
Da Ezio Bosso si impara sempre,
solo standogli accanto, si percepisce coraggio e forza vitale.
Che gioia poter assistere alle
prove aperte a tutti del concerto di Ezio Bosso il 17 novembre al Teatro Regio.
Ore 11.
Fuori l’aria è decisamente più
fresca, la dolcezza dell’autunno sta lasciando il posto al rigore dell’inverno.
Dentro visi sorridenti, incontri
tra conoscenti, abiti quotidiani, nessun lusso, diverse età presenti, tutti in
rigoroso silenzio quando iniziano le prove, tutti esultanti quando entra il
Maestro, accompagnato come sempre, e come sempre energico, determinato,
gioioso, innamorato della musica.
Davanti a lui e a tutti noi l’orchestra
del Teatro Regio, rispettosa, attenta ad ogni movimento del Maestro,
interpretare Oceani, concerto per
violoncello e orchestra. Opera dedicata ai migranti, quando lui era un
migrante, per celebrare la condizione dell’essere umano.
Inizia a dirigere, si ferma a
spiegare al pubblico: “vedete, la musica
è un gesto, è un respiro ancor prima di un suono”.
Nella sala alcuni scattano foto e
lui si chiede cosa ce ne facciamo di foto scattate da lontano, dove tutti sono
piccoli piccoli o di video in cui non si sente nulla ed invita a spegnere tutto
e ad ascoltare.
Procede, si ferma e si gira verso
di noi: “Provate a prendere una bottiglia
e per un’ora provate a soffiarci dentro. Capirete la fatica fisica di suonare”.
Si riprende, al termine della
prima parte, ripete con gli orchestrali un attacco. Sorride, è paziente, pare
divertirsi. Non noto spasmi muscolari, sembra che dirigere sia per lui un’ oasi
di benessere.
I suoni che gli strumenti hanno
prodotto ci hanno fatto navigare tra le onde di oceani tempestosi e calmi, tra
violoncelli e gong, tamburi e violini.
Dopo la pausa il maestro è più
stanco, il tono della voce è calato.
Ci spiega la sinfonia n. 9 in mi minore di
A. Dvorak “Dal nuovo Mondo”, opera scritta per l’America, si sente il
soffio delle vaste terre da esplorare e i canti degli indiani d’America.
Mi incanto a sentire il corno inglese nella splendida
melodia del secondo tempo e osservo la perfetta interazione dei vari strumenti
musicali, dei suoni, che si susseguono, si alternano, si rispondono e mi
soffermo a pensare a noi, orchestra vivente, alla nostra umanità che non ascolta il suono dell’altro.
Le prove sono finite, il Maestro
è stanco, noi siamo tutti in piedi ad applaudire l’esecuzione, le opere, ma
soprattutto lui, così innamorato della vita e della musica, da contagiare.
Apritele spesso le porte del
Regio per le prove.
La musica aiuta a vivere meglio,
come l’arte, la letteratura, il cinema, il teatro. La cultura, vera panacea,
vera prevenzione per una vita ricca.
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