Un famiglia dove si annida il seme della tristezza, della
melanconia, anzi qualcosa di più, si annida il male di vivere che può portare
al suicidio.
Una cittadina mennonita, Winnipeg, in Canada, dove i vecchi
saggi erano contrari a molte cose, anche allo studio della musica.
Il primo a uccidersi è stato il padre, una morte atroce.
La figlia Elf è bella, intelligente, colta e una pianista
eccezionale che regala commozione a coloro che l’ascoltano. Ha l’agenda piena
di impegni in Europa, è amata da Nic, giovane ricercatore medico, eppure
ripetutamente cerca la morte e chiede alla sorella di essere portata in
Svizzera a morire.
Toccante il confronto con la sorella Yoli, due figli da due padri, in via di divorzio,
con un romanzo che sta scrivendo e il cui manoscritto gira con lei per ospedali
dentro un sacchetto di plastica, lei, la più disordinata e apparentemente
fallita, cerca disperatamente di tenere in vita l’amata sorella, con tutta la
forza che possiede, coinvolgendo tutti, cercando in ospedale un aiuto che non riceve
fino al triste epilogo finale.
Il libro non termina con la fine di Elf, perché il messaggio
non è la disperazione, bensì il contrario, un inno alla vita.
La madre di Elf e Yoli è una quercia, una donna piena di
vita, attenta, accogliente, pronta a sopravvivere, “ sempre occupata a mettersi
e a togliersi ingenuamente dai guai”, simpatica e paziente: lei è la speranza.
La vita, vista da Yoli, è un continuo dialogo con chi hai
amato e che è sempre presente nelle piccole cose di ogni giorno, nei ricordi,
nei sogni.
Un libro scritto da Miriam Towes, che ha saputo toccare temi
difficili, quali l’eutanasia, la depressione, il suicidio, dopo aver vissuto
personalmente il suicidio di suo padre e di sua sorella. E’ un libro che
consiglio.
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