Cara,
caro lettrice/lettore, non posso non scriverti oggi, giornata
nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione, 3 ottobre.
Dov'ero
quattro anni fa? A scuola, a Torino, in classe, con i miei ragazzi e
mi ricordo bene di aver parlato a lungo con loro della tragedia
accaduta nelle acque del mare nostrum, nell'isola baluardo d' Europa,
la bella e solidale Lampedusa.
Oggi
sono qui, guardo sfilare al Tg i volti di coloro che noi riteniamo
abbiano potere di governare i problemi sociali, che gettano corone in
mare, ascoltano i sopravvissuti, dicono “mai più”, ma tutti
sappiamo che non è vero, che gli uomini continueranno a morire nei
viaggi della speranza.
Lascio
allora la parola a chi solo sa dare voce al dolore di milioni di
profughi di ieri e di oggi, sa toccare corde profonde, sa addolcire
il cuore di chi davanti all'esodo biblico si chiede dove andremo a
finire, che bisogna fermarli in ogni modo. J. Steinbeck nel 1939 con
Furore
seppe trovare le parole giuste per descrivere la povertà degli
statunitensi che dall'Est si trasferirono lungo la Route 66 verso la
California nel periodo della grande Depressione, quando la siccità e
le tempeste di polvere avevano reso sterile la terra.
Steinbeck
racconta la storia della famiglia Joad e la loro partenza
dall'Oklahoma verso la California. Lungo il viaggo alcuni di loro
muoiono, altri abbandonano il gruppo, altri vengono uccisi. Alla fine
del loro viaggio della speranza, nel momento in cui muore il piccolo
portato in grembo dalla giovane donna del gruppo,
la donna decide di allattare, lei che non ha più un bimbo da
crescere, un uomo di cinquant'anni che sta letteralmente morendo di
fame.
Con
questa immagine negli occhi e nel cuore, che si somma a quella di
Aylan sulla spiaggia di Bodrum, oggi celebriamo la giornata dell'umanità in
cammino.
Ieri
sera Baricco ha raccontato la storia di Furore in diretta tv sulla 3
da Mirafiori a tutti noi per ricordarci che le migrazioni per motivi
economici sono sempre accadute e si sommano a quelle per motivi
climatici o politici e che non è vero che siamo impreparati. E'
sufficiente ricordare, è sufficiente pensare che siamo tutti in
cammino.
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